La siccità è la mancanza d'acqua temporanea. Le sue conseguenze possono essere disastrose per settori come l'agricoltura. S. Harvey/ Unsplash
La siccità è la mancanza d'acqua temporanea. Le sue conseguenze possono essere disastrose per settori come l'agricoltura. S. Harvey/ Unsplash

Siccità: emergenza continua, mancano risposte politiche

Il Po sta registrando valori di magra mai visti prima. Sulle Alpi è scesa poca neve, e si teme un'estate peggiore di quella dell'anno scorso. Un piano proposto nel 2018 aveva lo scopo di raccogliere l'acqua piovana, ma mancano i fondi. Intanto le associazioni propongono soluzioni al governo sul lungo periodo

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

21 febbraio 2023

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Fiumi e laghi del nord Italia sono in secca, l’agricoltura è a rischio, ma i progetti per raccogliere l'acqua piovana vanno a rilento. Da anni, in Italia, l'emergenza siccità è continua e il 2023 non fa eccezione: nel mese di gennaio, il 7,3 per cento del nostro Paese è stato interessato da siccità severo-estrema. A soffrire sono soprattutto le regioni settentrionali, in particolar modo il Piemonte. Nella zona del delta del Po e del triveneto la situazione resta critica, esacerbata dalla crisi climatica. Secondo l’Osservatorio siccità del Centro nazionale delle ricerche (Cnr), la neve caduta all’inizio del 2023 “non è sufficiente per raggiungere i valori medi del decennio 2011-2021, soprattutto sulle Alpi”. Oltre a tamponare con interventi immediati, secondo gli esperti, è necessario uscire dall'ottica dell'emergenza e investire su progetti a lungo termine, come gli impianti in grado di trattenere la pioggia, o su nuovi metodi di coltivazione, soprattutto per alcune colture (come il riso). A oggi, però, la raccolta dell’acqua piovana è ferma all’11 per cento. 

Foto di un mondo in crisi climatica

Risorse idriche dimezzate in dieci anni 

La situazione è grave ormai da due anni. Il bollettino di gennaio del Cnr mette in evidenza come la pioggia sia caduta al centro e sulle isole, tralasciando invece le zone del Nord, già in sofferenza. A delineare un quadro più preciso è Ramona Magno, responsabile dell’Osservatorio siccità del Cnr: “La situazione è problematica – spiega –. Alle precipitazioni insufficienti e alle temperature miti già in inverno si aggiunge la poca presenza di neve che ricopre le Alpi: quella che è caduta si è fusa precocemente per il caldo quasi primaverile”.

La situazione è problematica: alle temperature miti si aggiunge la poca presenza di neve che ricopre le Alpi. Quella che è caduta si è fusa precocemente per il caldo quasi primaverile

A confermarlo gli ultimi dati di Cima foundation, Centro internazionale per il monitoraggio ambientale, secondo cui non sono state registrate nuove nevicate dopo la fine di gennaio. Stimano che le “risorse idriche nivali (cioè derivanti dalle nevi, ndr) su scala nazionale siano metà rispetto media del periodo 2011-2021, con un calo del 45 per cento”. Non va meglio per quanto riguarda il Po: il bacino da cui discende il fiume più lungo d’Italia ha perso due terzi di neve rispetto all’ultimo decennio e inizierà a fondere presto. “Se le temperature continueranno di questo passo – continua Magno – tra qualche mese ci sarà una siccità grave, che si sommerà a quella dell’anno scorso”. 

Quanta acqua ci resta?

Piemonte a secco

Il bacino da cui discende il Po ha perso due terzi di neve rispetto all'ultimo decennio e inizierà presto a fondere

Una delle regioni più colpite è il Piemonte, dove i segni della siccità si manifestano in maniera forte. Le immagini del Po senz'acqua e i 111 giorni senza pioggia della scorsa primavera fanno temere periodi sempre più difficili. Proprio in quel periodo, poca pioggia e concentrata non è riuscita a ripristinare l'equilibrio, segnando un meno 80 per cento rispetto al clima del mese. Problema che si è trascinato nell'estate, una delle 15 più secche degli ultimi 65 anni, con una flessione di quasi il 20 per cento rispetto alla media degli ultimi 30 anni. È tutto il bacino del fiume più lungo d'Italia a faticare: come sottolinea il Rapporto siccità in Piemonte dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa), la precipitazione media totale da inizio 2022 è al di sotto della norma (rispetto al 1991-2020) segnando un meno 41 per cento a fine estate. Numeri critici, che si vanno a sommare a quelli, conseguenti della portata, ossia la quantita di metri di acqua che passa in un certo punto in un secondo: "sia il Po sia la maggior parte dei suoi affluenti – si legge nel documento – stanno registrando valori di magra estrema mai osservati in passato".

È tutto il bacino del fiume più lungo d'Italia a faticare: la precipitazione media totale da inizio 2022 è al di sotto della norma del 41 per cento a fine estate

Escludendo l'area alpina al confine con la Francia e alcune zone della provincia di Alessandria dove si sono registrate precipitazioni poco al di sopra della norma, la situazione è preoccupante. L'Arpa nel bollettino di gennaio mostra come le precipitazioni nel primo mese dell'anno siano state mediamente di 20 millimetri inferiori rispetto alla norma climatica del periodo 1991-2020. Per comprendere meglio l'evoluzione del fenomeno non è sufficiente affidarsi ai dati mensili, serve tornare un po' indietro nel tempo, affidandosi all'indice Spi, che si basa sulle precipitazioni cumulate mensili e quantifica un deficit o un surplus di pioggia rispetto ai valori medi. In questo modo, si riescono a monitorare i sintomi della siccità e le sue diverse manifestazioni.

L'indice Spi sulla siccità a tre, sei e nove mesi. Fonte: Arpa Piemonte
L'indice Spi sulla siccità a tre, sei e nove mesi. Fonte: Arpa Piemonte

Prendendo come riferimento l'indice Spi a tre, sei e dodici mesi, il quadro si complica. Considerando novembre, dicembre e gennaio, infatti, gran parte della regione si trova in condizioni di normalità – in linea con la media climatologica 1991-2020 almeno per quanto riguarda le precipitazioni – con una tendenza alla lieve siccità, che peggiora se si considerano sei mesi. Ecco che le province dove la siccità diventa severa o moderata si moltiplicano, comprendendo le zone del torinese, del cuneese e del biellese. Lo stato diventa insostenibile a 12 mesi, perché si intensificano gli strascichi degli effetti negativi del 2022, anno maglia nera in materia. E non bastano temporali sporadici a far tornare tutto alla normalità: i terreni secchi, infatti, assorbono meno l'acqua rispetto a quelli umidi. 

Diverse siccità, piani a rilento

Le siccità non sono tutte uguali. Il fenomeno, che si verifica in casi di mancanza d’acqua temporanea, può essere di quattro tipi: meteorologica, agricola, idrologica e socio-economica. Nella prima, le precipitazioni in una determinata area si riducono rispetto alla media climatologica dei trent'anni precedenti. La seconda consiste in una diminuzione delle risorse idriche disponibili e ha un impatto sulla crescita delle piante, facendone calare la produttività. Quella idrologica riduce la portata dei corsi d’acqua, dei laghi, e dei bacini sotterranei. Mentre la socio-economica danneggia le attività antropiche, con risvolti negativi per le aziende e i cittadini.

Acqua pubblica, dieci anni di promesse mancate

Gli eventi siccitosi mettono a rischio settori importanti per l’economia, come l’agricoltura. In pericolo, secondo Coldiretti, non sono solo le colture già avviate, ma anche quelle che saranno piantate in primavera e che potrebbero essere condizionate dalla scarsità d’acqua. Un esempio: il riso. Secondo l’organizzazione degli imprenditori agricoli, verrà piantato in minor quantità, come potrebbe gli ortaggi. “Da una parte, – commenta Bazzana – dobbiamo far fronte ai costi più alti dell’energia, dall’altra alla mancanza di irrigazione. Non è vero che non ci sono più precipitazioni, ma sono poche e condensate. Dobbiamo ottimizzare i sistemi di raccolta delle piogge: andrebbe raccolto il 50 per cento dell'acqua piovana, non appena l'11”.

L'agricoltura cambia il mondo: l'esperienza delle Csa

A questo proposito, non è convinto che coltivando prodotti che vengono bagnati meno si possa ovviare al problema: “Così è come se proponessimo di mantenere lo status quo. I cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. È inutile continuare a procrastinare ed è per questo che avevamo presentato un progetto per produrre circa 10mila invasi (strutture artificiali che riescono a contenere masse d’acqua, ndr) in tutta Italia". 

Un piano invasi è stato proposto da Coldiretti e Anbi, ma mancano i fondi

“Si può ricorrere all’utilizzo di cave dismesse –  prosegue Bazzana – oppure crearne di nuovi, senza cementificare. In alcune parti, il programma è stato approvato e realizzato, ma serve un cambio di passo. In caso contrario, avremo allarmi ogni estate” Spesso però, mancano i fondi. Il cosiddetto "Piano laghetti" prevede la creazione di riserve di acqua, da utilizzare nei momenti di necessità. Le opere cantierabili, ossia quelle per cui si sono trovati i finanziamenti, a dicembre erano poco più di 200. Ma il progetto ne ipotizza 10mila entro il 2030. Magno conclude: “Mitigare e adattarsi sono ormai delle parole chiave, ma dobbiamo cercare di non lavorare più in emergenza, il fenomeno è conclamato. Siamo già in ritardo”. 

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Scelte a lungo termine per non rincorrere le emergenze

“Mitigare e adattarsi sono ormai delle parole chiave, ma dobbiamo cercare di non lavorare più in emergenza, il fenomeno è conclamato. Siamo già in ritardo”  Ramona Magno

Il piano invasi non è l'unica soluzione da mettere in campo. Un cambio di passo è auspicato anche da Legambiente, che ha presentato al governo Meloni una serie di punti per riuscire ad affrontare sul breve, medio e lungo periodo la crisi idrica. Dal favorire la ricarica delle falda all'obbligo di recupero delle acque piovane, passando per gli interventi strutturali di efficientamento del settore e la ricoversione del comparto agricolo, l'associazione tenta di rimettere al centro la progettualità. Il direttore generale Giorgio Zampetti punta il dito anche sui fondi: "La transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. È fondamentale prevedere più risorse, a partire da un un miglior indirizzamento di quelle del Pnrr". 

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