19 ottobre 2022
In una Roma quasi apocalittica (ma sarebbe davvero inimmaginabile uno scenario simile?), il Tevere è secco, non piove da un anno e si sta per arrivare allo stop dell’erogazione dell’acqua pubblica. Come se non bastasse, la città è invasa da insetti e sempre più persone si ammalono a causa di uno sconosciuto virus, che addormenta e alza la febbre. La gente è in coda nelle strade per riempire taniche d’acqua, proveniente da altre regioni italiane. È la cornice di Siccità, il nuovo film di Paolo Virzì presentato alla 79sima Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia, dove ha guadagnato tre premi collaterali, e in sala dal 29 settembre.
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Virzì ci costringe a pensare all’urgenza della battaglia per il clima e per il pianeta, che sta portando in piazza tanti giovani
La prima cosa bella, Il capitale umano, e La pazza gioia sono solo alcune delle ultime opere di Virzì. Stavolta il regista usa la siccità come metafora dell'aridità umana puntando in alto con un film corale e un ricco cast di interpreti (compaiono, in brevi cameo nella parte di se stessi, anche Massimo Popolizio e Bong Joon-ho). La sceneggiatura la firma insieme agli scrittori Paolo Giordano (autore del soggetto insieme a Virzì stesso) e Francesco Piccolo, oltre che alla regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi. Ne esce una pellicola complessa e articolata, con collaboratori di prim’ordine: splendida fotografia di Luca Bigazzi, musiche di Franco Piersanti, montaggio di Jacopo Quadri.
Nell'inquietante cornice si muovono molti personaggi. C'è il detenuto Antonio (Silvio Orlando) che si ritrova fuori da Rebibbia per qualche tempo e va in cerca di Giulia (Sara Serraiocco), infermiera incinta. Il compagno di Giulia è Valerio (Gabriel Montesi) che fa la guardia del corpo a Raffaella Zarate (Emanuela Fanelli), figlia poco considerata di una famiglia di imprenditori. Ci sono Loris (Valerio Mastandrea), autista privato, e la sua ex moglie Sara (Claudia Pandolfi), medico dell’ospedale: i due hanno una figlia sedicenne di nome Martina (Emma Fasano), che deve suonare a un concerto per beneficienza con un’orchestra. E poi c'è Alfredo (Tommaso Ragno), attore perennemente in diretta sui social e sua moglie Mila (Elena Lietti), che sta pensando di tradirlo e fa la cassiera in un supermercato.
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Intanto in televisione il professor Del Vecchio (Diego Ribon) viene intervistato quotidianamente sulla situazione climatica e il giovane immigrato maliano Sembene (Malich Cissè) viene apprezzato per le sue parole semplici. Spera di apparire sul piccolo schermo anche Alberto Jacolucci (Max Tortora), imprenditore che ha perso tutto e cerca di ottenere giustizia grazie all’avvocato Luca (Vinicio Marchioni), che è l’attuale compagno di Sara. Infine, c'è un’attrice di nome Valentina (Monica Bellucci) che ospita feste sulla terrazza della sua casa nella capitale.
È chiaro che la siccità del titolo e di Roma è una metafora evidente: è l’aridità degli esseri umani che emerge prepotente in tanti dei personaggi raccontati, che affrontano la crisi anche in maniera disperata o vigliacca, oppure sono troppo presi dal proprio egoismo per accorgersi del disastro personale e collettivo, che è dietro l’angolo. Forse è il Loris di Valerio Mastandrea a fare più tenerezza, nel rapporto con la figlia adolescente, nella sua fatica lavorativa e nelle sue “conversazioni” sull’auto: con i genitori (piccoli ruoli per Gianni di Gregorio e Paola Tiziana Cruciani) e con il presidente (Andrea Renzi), politico finito male e suo vecchio amico.
Lo sguardo sul contesto è feroce: un mondo dei media dove il cinismo e il politicamente corretto imperversano, un universo social fuori controllo, e una classe politica incapace di dare risposte
Virzì e i suoi sceneggiatori, però, hanno lo sguardo a tratti feroce anche sul contesto: un mondo dei media dove il cinismo e il politicamente corretto imperversano, un universo social fuori controllo, specchio narcisistico della realtà e facile sfogatoio di frustrazioni, una classe politica assente o comunque incapace di dare risposte e trovare soluzioni, una povertà sociale e materiale che si trasforma facilmente in rabbia e lotta per la sopravvivenza.
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Anche se mai evocata direttamente, la pandemia del Covid, sembra lo spettro metaforico che alleggia in lontananza, in attesa di uno sperato miracolo: i vaccini ieri, la pioggia oggi. I titoli di coda ci mostrano i protagonisti inquadrati, che accennano un sorriso lieve, mentre Mina canta “Mi sei scoppiato dentro al cuore”. È un piccolo e cauto spiraglio di ottimismo? Chissà, certo che Virzì ci costringe a pensare, se ancora ce ne fosse bisogno, all’urgenza della battaglia per il clima e per il pianeta, che tanti giovani sta portando in piazza. E ci invita a restare umani, parafrasando Vittorio Arrigoni, perché l’unico modo per salvarsi è farlo insieme.
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