30 giugno 2023
Nella primavera appena trascorsa siccità e alluvioni si sono presentate una dopo l’altra. È stata una stagione anomala rispetto a quanto accadeva solo qualche decennio fa, quando le primavere erano caratterizzate da "deboli perturbazioni di origine atlantica" che si infilavano in un veloce flusso ondulato di aria da ovest a est, determinando la classica variabilità con il susseguirsi di uno-due giorni di tempo buono e altrettanti di maltempo.
Oggi il riscaldamento globale di origine antropica ha modificato la circolazione nel Mediterraneo e sempre più di frequente le ondulazioni si amplificano nella direzione nord-sud e rallentano, fino a diventare stazionarie, con lunghi periodi di caldo e siccità seguiti da lunghi periodi di tempo perturbato. In tale situazione, si verificano contrasti di aria con caratteristiche molto diverse tra loro e quindi si creano precipitazioni più violente.
Questi eventi, per di più, persistono su uno stesso territorio per molto tempo, facendo aumentare la quantità totale di pioggia caduta, come avvenuto in Emilia Romagna. Nella tragedia appena consumata sembra quindi esserci lo zampino del cambiamento climatico, anche se ricerche accurate verranno eseguite solo in futuro, con modelli ad alta risoluzione.
Alluvione in Emilia-Romagna: non chiamiamolo disastro
Studi recenti, tuttavia, hanno già mostrato che i cicloni nel Mediterraneo potranno diventare un po’ più rari perché tutta la zona dovrebbe essere sempre più spesso in preda agli anticicloni africani. Quando si verificheranno, però, i cicloni porteranno più pioggia. Non saranno più frequenti episodi come quelli avvenuti in Emilia Romagna, ma sicuramente assisteremo a un aumento della loro intensità. Quello meteo-climatico è solo un fattore dell’equazione che descrive il rischio idrogeologico.
C’è poi la vulnerabilità del territorio, determinata dall’antropizzazione e dal cattivo uso del suolo. In Emilia-Romagna circa il 9 per cento del territorio è stato impermeabilizzato con cemento e asfalto, che non consentono l’infiltrazione della pioggia nel sottosuolo. Inoltre sono state eseguite opere di canalizzazione e arginatura dei fiumi rivelatesi inefficaci e, talvolta, pericolose. Sui media si parla quasi soltanto di "adattamento" con nuove opere ingegneristiche, ma credo che questa mania di irreggimentare e canalizzare sia perdente. Sarebbe più naturale lasciare spazio all’acqua, con zone che possano allagarsi quando necessario. Anche dal punto di vista economico è più conveniente risarcire gli agricoltori per un raccolto perso anziché far fronte ai danni che si sono verificati. Senza dimenticare le azioni di mitigazione climatica, necessarie per scongiurare scenari ancora peggiori.
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