"La discarica si è mangiata le nostre terre", denunciano gli ultimi contadini di Finale Emilia

"Chi comprerà le mie verdure biologiche", si chiede Celeste, contadino di Finale Emilia che abita vicino alla discarica che avrebbe inquinato i terreni. Un processo è in corso per stabilire le responsabilità dell'allargamento dell'impianto. L'Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia (Arpae) è entrata nel processo come responsabile civile

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

Annalisa Perricone

Annalisa PerriconeStudentessa di giornalismo

18 luglio 2023

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Nonostante le piante di mais siano ormai alte, non riescono a nascondere la vista della discarica più grande dell’Emilia-Romagna. A Finale Emilia ettari di terreni agricoli circondano il grande impianto di stoccaggio per rifiuti non pericolosi gestito dalla Feronia srl, società di Herambiente, del Gruppo Hera, società multiservizi a controllo pubblico. Nel 2019, per alcuni anni, la discarica era stata posta sotto sequestro per anni per aver inquinato la falda, ma poi, a fine 2022, è stata riaperta con autorizzazioni firmate da un funzionario dell’Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell´Emilia-Romagna (Arpae), finito sotto processo per abuso d’ufficio. Anche l’ArpaE è finita sotto processo, lo scorso 11 luglio, come responsabile civile. Il processo da solo, però, non basta a quanti abitano e lavorano intorno quei terreni, persone che hanno paura di ammalarsi per l’inquinamento e chiedono la chiusura dell’impianto.

Rifiuti, in Emilia riapre la discarica sotto processo

L’ultimo contadino ai margini della discarica

I campi coltivati. Sullo sfondo, in rilievo, la discarica di Finale Emilia
I campi coltivati. Sullo sfondo, in rilievo, la discarica di Finale Emilia
"Piano piano però si è mangiata parte delle nostre terre, il gestore Feronia ha ottenuto per pochi soldi i terreni e tutto quello che ora finisce lì dentro arriva da tutta la Regione"Stefano - Cittadino di Finale Emilia

“Ora che la discarica è riaperta chi compra da me le verdure biologiche? Non lo farei neanche io”, si chiede Celeste, un contadino che abita nei paraggi. Ci mostra i suoi terreni. La discarica Feronia svetta benissimo oltre le sue piante di granoturco che ondeggiano verdi in questa pianura semi asciutta dopo l’alluvione di maggio. Celeste è nato qui, figlio di agricoltori, ed è vissuto qui. “I nostri vicini hanno ceduto i terreni o alla proprietaria della discarica Feronia o alla cooperativa agricola. Ma cosa coltiva la Cooperativa e a chi vende se ormai i suoi campi delimitano la discarica?”, si chiede.

Il contadino racconta la sua vita vicino alla discarica come una consuetudine, qualcosa che ha sempre accompagnato le sue albe e le stagioni. “La discarica è qui da sempre, era del comune e serviva a noi. Piano piano però si è mangiata parte delle nostre terre, il gestore Feronia ha ottenuto per pochi soldi i terreni e tutto quello che ora finisce lì dentro arriva da tutta la Regione, quindi non è neanche più nostra”. “Noi siamo sempre meno, loro sono sempre di più”, aggiunge Stefano, un vicino di casa di Celeste.

Le accuse ad amministratori e funzionari pubblici

Fin dal 2012 grazie ai dati dell’Arpae si sa bene cosa si trova sotto la discarica: le analisi indicano superamenti per diversi metalli pesanti come antimonio e tricolometano. Sempre nel 2013 la gestione della discarica è stata ceduta dal Comune a Feronia con una delibera firmata dall’allora sindaco Fernando Ferioli. In poco tempo la discarica ha raggiunto e superato il tonnellaggio consentito, ma l’autorizzazione ambientale è stata rinnovata nel 2015. Poco dopo, nel 2016, Arpa ha consegnato al tecnico della Provincia di Modena, Giovanni Rompianesi (imputato di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico) i dati di nichel, ferro e manganese che sono oltre le concentrazione di soglia di contaminazione (Csc), un valore che se superato deve indirizzare subito alla chiusura preventiva del sito e alla richiesta di bonifica. Secondo l’ipotesi della procura di Modena, Rompianesi non ha preso nessun provvedimento. Anche due dirigenti dell’ArpaE, Annalisa Zanini e Daniela Sesti, avrebbero dovuto comunicare questi dati agli altri enti preposti alla protezione ambientale e sanitaria (il Comune di Finale Emilia, la Regione e l’azienda sanitaria locale), ma non l’avrebbero fatto e per questo ora devono difendersi dall’accusa di omissione di atti d’ufficio.

La stessa Asl, nel 2015, discutendo con i funzionari dell’Arpa del rinnovo dell’autorizzazione ambientale, aveva indicato il possibile rischio sanitario. Nessuno dei responsabili delle istituzioni presenti aveva raccolto la segnalazione, l’autorizzazione veniva confermata e Feronia continuava a immagazzinare tonnellate di rifiuti, inclusi quelli del terremoto del 2012.

Viaggio nell'Emilia del terremoto, dieci anni dopo

I comitati entrano nel processo come parti civili

Alcuni cittadini dell'Osservatorio civico
Alcuni cittadini dell'Osservatorio civico

“Per noi che viviamo a pochi chilometri dalla discarica è doveroso sapere cosa respiriamo e come stiamo, sapendo che le discariche aumentano il rischio sanitario"Maurizio Poletti - Osservatorio civico "Ora tocca a noi"

A mano a mano che la discarica diventava più grande, cresceva anche il malumore dei suoi vicini. File di trattori si sono viste spesso, a protestare contro autorizzazioni e ampliamenti. L’ultima è del febbraio 2023: “Chi ci ha ascoltati di Feronia, Hera, Regione? Nessuno. Noi protestiamo e loro ampliano”, insiste Stefano, il vicino di casa di Celeste, nato e cresciuto a Finale. Manca il dialogo, ma non manca la comunità che protesta.

“L’udienza dell’11 luglio è stata per noi fondamentale”, dichiara Maurizio Poletti, una delle anime più attive dell’Osservatorio Civico “Ora tocca a noi”, composto da un gruppo di cittadini che nel 2016 ha cominciato a chiedere tutele ambientali e sanitarie per chi abita vicino alla discarica. “Per noi che viviamo a pochi chilometri dalla discarica è doveroso sapere cosa respiriamo e come stiamo, sapendo che le discariche aumentano il rischio sanitario – spiega Poletti, che da oltre tre mesi sta presidiando la discarica tutti i giorni –. Per noi è una battaglia fisica, oltre che morale. Siamo vittime di scelte ben chiare, iter autorizzativi costellati di irregolarità, reati”.

Lo scorso 11 luglio il Tribunale di Modena ha accolto la richiesta di Poletti e molti altri cittadini di Finale (che dista meno di tre chilometri dalla discarica) di costituirsi come parte civile al processo contro Feronia e chi tra le istituzioni pubbliche ha consentito l’ampliamento della discarica. Questo significa che in caso di condanna degli imputati, potranno avere degli indennizzi.

Cartelli “No Discarica” compaiono su alberi, finestre e cartelli stradali in tutto il territorio. L’Osservatorio li rimette quando vengono tolti, li sostituisce quando la pioggia li danneggia. “Ci prendiamo cura del nostro ambiente, ci sediamo a tutti i tavoli istituzionali. Quando ci vogliono ascoltare”, commenta una rappresentante dell’Osservatorio fuori dall’aula 11 del Tribunale di Modena. Insieme al gruppo di cittadini è parte civile anche il Comune di Finale, rappresentato dall'attuale sindaco Claudio Poletti: “Oltre alla presenza come parte civile al processo contro Hera, Feronia e Arpa, siamo pronti anche con un ricorso al Tar per discutere dell’ultima autorizzazione che Arpa ha concesso a Feronia, sapendo che molti dati lì presenti possono essere diversi da quelli reali”.

L’Arpa contrattacca: inquinamento dovuto ai fertilizzanti dei contadini

Il sindaco, insieme all’Osservatorio, da mesi desidera fare luce sull’autorizzazione che Arpa ha concesso a Feronia nel 2022, consentendole un ulteriore ampliamento della discarica, portandola oltre il milione di tonnellate. Il motivo? Nell’ultima conferenza dei servizi utile per ampliare la discarica, Arpa, sulla base di nuovi dati, individuava nei fertilizzanti utilizzati dai contadini – non più nella discarica – la causa della presenza di alcuni metalli inquinanti. Un vero colpo di scena, firmato dalle due funzionari imputate al processo. E un colpo di scena che ha fatto riaprire Feronia, dopo due anni di sequestro voluto dal pubblico ministero Marco Niccolini, che aveva utilizzato i vecchi dati Arpa.

L’Arpae entra nel processo come responsabile civile

L’avvocato Francesco Cavazzuti, che rappresenta l’Osservatorio e da sempre segue legalmente gli attivisti, ha chiesto in aula alla giudice Ester Russo di "includere tra i responsabili civili l’intera Agenzia per la protezione ambientale dell’Emilia Romagna”, in quanto a suo avviso “c’è stata una chiara linea politica interna per portare al cambio repentino di dati prodotti in dieci anni”. Richiesta accolta: in caso di condanna dei suoi funzionari imputati, l’ente dovrà rispondere in solido con loro. “Siamo soddisfatti che Arpae sia stata chiamata formalmente ad avere un ruolo nel procedimento”, commenta Cavazzuti, secondo il quale “Arpae ha un conflitto di interessi: continua a fare dichiarazioni e relazioni più o meno motivate sul fatto che l’inquinamento non sia dovuto prettamente alla discarica, ma ad altre cause”.

Poche ore dopo l’udienza la discarica continua la sua vita frenetica, decine di camion entrano ed escono portando e scaricando terra. L’autorizzazione ambientale concessa ha consentito a Feronia di costruire un impianto di biogas per la nuova estensione, Feronia 2. Il canale Burana che cinge la discarica ha retto male alle lunghe settimane di alluvioni di maggio, l’acqua è filtrata fino al cancello di ingresso della discarica e sono stati posti dei teloni per evitare l’inondazione. “Siamo su un territorio che ha tremato nel 2012, abbiamo appena avuto un alluvione e chi tutela l’ambiente è sotto processo come Agenzia. Da oggi chiederemo di nuovo il sequestro, basta con questo stupro ambientale”, conclude Maurizio Poletti alla luce del tramonto, con la sua collana di cartone da dove penzola la scritta “No Discarica”.

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