Cittadini protestano contro la riapertura della discarica di Finale Emilia
Cittadini protestano contro la riapertura della discarica di Finale Emilia

Rifiuti e inquinamento, in Emilia Romagna riapre la discarica sotto processo

A Finale Emilia l'unica discarica della regione, già sequestrata per reati ambientali, è tornata in funzione dopo una sentenza della Corte di Cassazione. La società che la gestisce – Feronia – è sotto processo, ma un'autorizzazione ambientale firmata da una dirigente imputata ha permesso la riapertura

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

10 marzo 2023

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Una lunga strada stretta s’infila nei terreni agricoli e conduce alla discarica Feronia – due chilometri da Finale Emilia – l’unica dell’Emilia Romagna e la più grande per rifiuti speciali e non pericolosi in tutto il Nord Italia. Dall’alto la discarica ha la forma di due panettoni: quello nero è il sito Feronia 1, non ancora bonificato, mentre il secondo, ricoperto d’erba, nasconde tonnellate di rifiuti scaricati a partire dagli anni Ottanta, che hanno inquinato i terreni e la falda sottostante. Pochi metri più in là scorre il canale di Burana, che ha argini alti e verdi. Salendo sul ponte si notano i piezometri che misurano i valori di cromo esavalente, ferro, manganese e altri metalli pesanti finiti sotto terra. 

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Dagli anni Sessanta la discarica rappresenta per Finale Emilia la salvezza economica ma, allo stesso tempo, un incubo ambientale. Il sito, che in origine era sotto il controllo del Comune, è stato gestito fino al 2009 dal consorzio di comuni Sorgea. Proprio quell’anno l’allora sindaco Raimondo Soragni – alle prese con un buco di bilancio da 2 milioni di euro – riceve una proposta che non può rifiutare: la società Feronia, che aveva acquistato poco prima Sorgea, si presenta nel suo ufficio e chiede di gestire la vecchia discarica esaurita – conosciuta come Feronia 0 – prevedendo un ampliamento per farla ripartire. 

Per Finale Emilia la discarica rappresenta la salvezza economica e, allo stesso tempo, un incubo ambientale

Sul piatto 1 milione e mezzo di euro e la certezza di una buona collaborazione: il presidente di Feronia, infatti, è Riccardo Superbi, per anni assessore e tecnico comunale. Insieme a lui, Soragni firma una dichiarazione d’intenti, che nel 2010 diventa delibera e un anno dopo – quando in Comune si insedia il nuovo sindaco Fernando Ferioli –   contratto ufficiale. Due milioni di deficit vengono azzerati con una firma. Peccato che l’affidamento diretto, senza avere indetto una gara pubblica, non sia previsto dalla legge. Inizia così il grande affaire Feronia.

Una nuova discarica

Superbi si presenta nell’ufficio del sindaco Ferioli subito dopo la sua nomina, nel giugno del 2011. Già assessore all’urbanistica e vicesindaco con la giunta precedente, nel 2007 Superbi si era dimesso dai suoi incarichi istituzionali per entrare a far parte della dirigenza di Sorgea, che gestisce la discarica, rimanendovi fino alle prime indagini sulla gestione del sito, datate 2015.

Pochi mesi dopo, con la delibera n.139 del settembre 2011, Feronia srl diventa ufficialmente il gestore della discarica, senza avere mai partecipato a una gara pubblica. Per acquistare Sorgea si sono unite due società: la Sat, pubblica, e Hera, privata. A comprare Sorgea è quindi un’azienda mista, che non risponde ai requisiti della società pubblica. Inoltre, nel 2005 Hera, proprio insieme a Sat, aveva acquistato per 600mila euro diversi ettari di terreni agricoli attorno alla discarica esaurita. I primi rifiuti arrivano in discarica all’inizio del 2012, pochi giorni prima che Hera – nel frattempo diventata Herambiente – acquisti altre quote di Sorgea diventando per il 70 per cento proprietaria della discarica. In sostanza, una società privata che gestisce un ente pubblico.

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I nuovi rifiuti portano in pochi anni alla costruzione del secondo panettone, quello verde, edificato sui terreni comprati da Hera. Il 2012 è l’anno del terremoto in Emilia, con l’epicentro localizzato proprio a Finale Emilia: alle 4 del mattino del 20 maggio la terra trema, provocando vittime e distruzione. E parte delle macerie del sisma finiscono nella discarica Feronia.

Troppi rifiuti in discarica

Per i rifiuti post sisma Feronia ha spazio. Solo da pochi mesi ha cominciato a ricevere materiale grazie all’autorizzazione integrata ambientale (Aia) ottenuta con la dichiarazione d’intenti dell’ex sindaco Soragni. Un documento che prevedeva anche l’ampliamento della discarica “per una capacità massima di smaltimento di 416.000 metri cubi, corrispondenti a 332.800 tonnellate”, recita il testo, con il 30 per cento dei rifiuti classificati come urbani e il resto speciali, ad esempio le macerie.

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Alla fine del 2014, a seguito della richiesta di rinnovo dell’autorizzazione, Feronia consegna dei documenti in cui si evidenzia il superamento del limite di stoccaggio dei rifiuti: 17mila tonnellate in più. Fra i rifiuti smaltiti quelli speciali, più difficili da trattare e quindi più remunerativi per chi li gestisce, sono più dell’80 per cento del totale. Feronia comunica questi dati al tecnico della Provincia di Modena a cui spetta concedere le autorizzazioni, Giovanni Rompianesi. Quest’ultimo, dopo avere incontrato a più riprese Superbi, decide di non seguire gli obblighi della legge ambientale 152/2006 – che vietano la prosecuzione dello stoccaggio e impongono la chiusura dell’impianto – e a fine 2015 concede la nuova autorizzazione. 

Inquinanti sopra i valori limite

Nel dossier consegnato a Rompianesi viene allegata un’analisi di rischio sanitario, obbligatoria per ottenere l’autorizzazione. I dati sulla contaminazione dell’acqua sotterranea, la falda, evidenziano un superamento dei valori limite di manganese, ferro e nichel indicati dalla legge 152/2006. L’istituzione pubblica avrebbe dovuto vietare lo stoccaggio di rifiuti e obbligare Feronia a pagare le analisi per confermare o meno il possibile inquinamento. Rompianesi decide però di non fare nulla.

I dati sulla contaminazione della falda evidenziano un superamento dei valori limite di manganese, ferro e nichel

Un anno dopo, nel 2016, Arpa Modena – l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, a cui spetta monitorare le acque superficiali e sotterranee a Feronia – consegna a Rompianesi un report con i campionamenti effettuati all’interno e all’esterno della discarica. Malgrado nel documento sia confermato il superamento dei limiti per alcuni metalli pesanti, la firmataria del report, Annalisa Zanini, e la sua responsabile, Daniela Sesti, non allertano Comune, Regione e Asl. I due controllori pubblici di Feronia sono a conoscenza della possibile contaminazione e non ottemperano agli obblighi di legge. Nessuna denuncia, nessuna chiusura.

Le macerie del terremoto

Mentre Superbi e Rompianesi si incontravano per discutere della nuova autorizzazione,il 28 gennaio 2015 deflagral’inchiesta Aemilia, che porta a 160 arresti tra politici, imprenditori e persone appartenenti alla criminalità organizzata. Al centro del fascicolo in mano ai magistrati c’è la gestione dei rifiuti e la ricostruzione post sisma. Tra le telefonate effettuate da alcuni dipendenti pubblici di Reggio Emilia, intercettate dai carabinieri, viene anche citata la discarica come punto di raccolta delle macerie. In pochi mesi viene aperta un’indagine che dura due anni, fino al 2017. Il pubblico ministero Marco Niccolini affida il mandato al nucleo dei carabinieri forestali di Modena e tutti i protagonisti della storia vengono intercettati.

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Alla fine del 2019 il pm ottiene il sequestro della discarica, evidenziando come istituzioni pubbliche e gestori privati possano continuare a commettere reati nel caso non venga bloccata la lavorazione dei rifiuti. Nell’aprile del 2022 si apre il processo contro dieci responsabili, tra dirigenti di Feronia, sindaci e amministratori pubblici della Provincia e di Arpa.

La discarica riapre

Malgrado il sequestro, a fine 2019 sia la giunta regionale sia i responsabili di Arpa premono affinché la discarica torni in funzione. La giunta guidata dal presidente Stefano Bonaccini (la vicepresidente era Elly Schlein) conferma nel piano regionale dei rifiuti 2022 come unica discarica attiva quella di Finale Emilia, senza finanziare piani di bonifica o verifiche sanitarie per la popolazione esposta alla possibile contaminazione ambientale. 

Malgrado il sequestro, a fine 2019 Regione e Arpa premono affinché la discarica torni in funzione

Questo documento politico arriva poco dopo un nuovo colpo di scena di Arpa, che nel febbraio del 2022 autorizza per la seconda volta un ampliamento del sito – denominato Feronia 2 – dove stoccare quasi due tonnellate di rifiuti, urbani e speciali. Nella nuova autorizzazione compare un'altra lettura della situazione ambientale: la contaminazione da metalli pesanti non è dovuta alla presenza della discarica.  L’inquinamento – così recita un documento firmato da un’agenzia pubblica preposta al monitoraggio dell’ambiente – è legato semmai ad altri fattori, come i fertilizzanti agricoli utilizzati negli anni precedenti. Sostanze chimiche come cromo e nichel sarebbero quindi di provenienza agricola. 

La nuova autorizzazione viene presentata da Feronia alla Corte di Cassazione a metà 2022, dopo la prima udienza del processo che vede imputata per abuso d’ufficio la dirigente Arpa che l’aveva firmata. Il pubblico ministero Niccolini si oppone e chiede alla Corte di sospendere il giudizio fino alla sentenza del processo, ma i giudici non accolgono la richiesta e il 19 gennaio 2023 confermano il dissequestro della discarica

La protesta dei cittadini

“Qualsiasi sia la causa della contaminazione, non c’è dubbio che si debba parlare di inquinamento della falda. Il mio unico strumento è la via amministrativa, per questo ho incontrato Arpa durante una nuova riunione, per capire se Feronia ha adempiuto alle richieste per ottenere questa nuova autorizzazione”, spiega l’attuale sindaco di Finale Emilia, Claudio Poletti. Secondo la giunta, la discarica doveva rimanere sotto sequestro fino alla sentenza del processo penale: “Il Comune deve avere la certezza che la salute dei cittadini sia preservata”.
Nella riunione tenutasi giovedì 9 marzo, Arpa ha presentato nuovi dati di monitoraggio che non evidenziano sforamenti preoccupanti. "Dopo anni di limiti superati – insiste il sindaco – ora Arpa stravolge tutto e ci racconta che non esiste alcun inquinamento. La discarica non deve riaprire".

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Dal 2015 l’Asl ha segnalato più volte il rischio sanitario per chi vive vicino alla discarica, ma l’allarme è stato ignorato da chi ha emesso la nuova autorizzazione ambientale. Chi abita in quelle zone continua a spingere per la bonifica: “Nuovi studi scientifici dimostrano che vivere vicino a una discarica aumenta il rischio di patologie, noi cittadini siamo ignorati”, denuncia l’Osservatorio civico, che insieme al Comune è parte civile al processo contro Feronia, dove risultano indagate sei persone. Al momento si sono svolte tre udienze: l’ultima, quella del 21 febbraio 2023, è stata rimandata per la mancata consegna degli avvisi a testimoniare da parte dei carabinieri. La prossima è stata fissata il 28 giugno.

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