
Don Italo Calabrò, pioniere dell'antimafia sociale

12 settembre 2023
La società non si identifica con lo Stato, ha una sua vita propria ed è bene che le persone sappiano che prima dello Stato vi è un “noi”. Nel Nkore o Ankole (un regno a ovest del Buganda, nell’attuale Uganda), il sovrano disponeva di una capitale mobile a pianta circolare, orurembo, più modesta rispetto alla capitale del Buganda a pianta ovoidale, detta kibuga. Capitale mobile perché, alla morte del sovrano, la città veniva distrutta e ricostruita da un’altra parte. Al centro del regno esisteva poi un’altra capitale fissa, quella del tamburo Bagyendanwa, un vecchio strumento lasciato dai mitici Bacwezi, che i contadini del Nkore avevano preso in custodia per rappresentare non il potere regale ormai scomparso, ma la società rimasta.
Per cogliere il significato del termine Bagyendanwa occorre scomporlo: Ba- (quelli che) -gyenda- (vanno) -nwa (reciprocamente insieme). Bagyendanwa è dunque un “noi” fatto da gente che decide di camminare insieme, sostenendosi gli uni con gli altri. Gli abitanti del Nkore affermano che "Bagyendanwa è noi (itwe). Noi siamo figli di Bagyendanwa". Gli abitanti del Nkore erano per un verso coltivatori (baIru) e per l’altro allevatori (baHima), e tutti sanno quanto sia difficile fare convivere in un’unica società queste due componenti. Ebbene, Bagyendanwa è esattamente il “noi” che tiene insieme contadini e pastori. Un “noi” che occorre costruire, superando la potenziale ostilità tra le due componenti.
Non solo. Questo “noi” va accudito, protetto, alimentato, proprio come gli abitanti del Nkore facevano con il loro vecchio tamburo, il quale veniva periodicamente riparato, di giorno alimentato con offerte di cibo e birra, di notte avvolto in una coperta e riscaldato con il fuoco.
Leader a tempo contro il potere
Crediamo in un giornalismo di servizio ai cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Ma per continuare a offrire un'informazione di qualità abbiamo bisogno di te. Sostienici!
Quanto costa abbonarsi?Se sei già abbonato clicca qui per accedere e leggere l'articolo
Con i criptofonini, i clan della Locride gestivano il narcotraffico internazionale da San Luca, paese di tremila anime arroccato sull'Aspromonte jonico. Tramite il "denaro volante", sistema informale di trasferimento di valore gestito da cinesi, con contatti a Dubai, pagavano la droga ai cartelli sudamericani. Con il beneplacito dei paramilitari, tonnellate di cocaina partivano da Colombia, Brasile e Ecuador per poi raggiungere il vecchio continente grazie agli operatori portuali corrotti dei principali scali europei. L'ultimo numero de lavialibera offre la mappa aggiornata degli affari della 'ndrangheta, così per come l'hanno tracciata le ultime indagini europee, in particolare l'operazione Eureka