Un muro del capannone in cui si è svolto il rave di Modena di fine ottobre 2022
Un muro del capannone in cui si è svolto il rave di Modena di fine ottobre 2022

Decreto rave. I free party spiegati a chi vorrebbe eliminarli

Arriva il sì definitivo della Camera al decreto anti rave, con 183 voti a favore e 116 contrari. E mentre si approvano nuove norme punitive, col pretesto di proteggere la società e i ragazzi, si continua a giudicare questi raduni di giovani che andrebbero invece indagati in profondità. Il rave spiegato bene a chi ne ha paura o vorrebbe solo eliminarli

Nicholas Medone

Nicholas MedoneRicercatore e membro ITARdD APS, rete italiana riduzione del danno

30 dicembre 2022

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Ai genitori, a chi ha paura o non ha mai visto un rave

Andare ad un party significa entrare in un mondo parallelo, dove migliaia di persone condividono un’esperienza in un clima di rispetto reciproco. Il senso di unione e il bisogno di introspezione si uniscono all’elemento liberatorio del ballo, del movimento come sfogo e ribellione non violenta. I free parties sono un rito collettivo per l’affermazione del diritto di essere solo “qui e ora”, come singolo e come parte di una collettività. Sono organizzati in posti dismessi, per provare l’energia creativa di fare rivivere dal nulla un luogo dove le persone possano sentirsi, per qualche giorno, davvero libere.

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Il viaggio

Quando si va a un rave, il viaggio assume un significato particolare. In auto, camper o chiedendo passaggi, si macinano chilometri su strade mai percorse prima. Man mano che le informazioni cominciano a farsi più precise e ci si avvicina alla zona in cui avrà luogo la festa, ci si inizia a incontrare con gli altri frequentatori: nelle zone di sosta, nei parcheggi, nelle piazze di minuscoli paesi sconosciuti. Un flusso di persone, in arrivo da ogni angolo della penisola e dell’Europa, converge verso un unico luogo. E tu ne fai parte.
L’adrenalina aumenta quando si imbocca la strada corretta; quando dopo ore di autostrada, di giri a vuoto per sentieri dissestati e indicazioni scambiate con le altre persone dirette alla festa, si arriva finalmente a destinazione. La prima fonte di gioia è la percezione del suono a distanza. Si sentono i beat squarciare il silenzio delle campagne o rimbombare sulle pareti dei capannoni, mentre le luci delle vetture e delle torce bucano l’oscurità sulla via che porta alla città in formazione. Ognuno dei presenti farà parte di quella realtà, un ecosistema pulsante, simile a un corpo tentacolare, che brulica di vita e che ha la propria zona nevralgica nei soundsystem, cioè gli impianti per la riproduzione del suono, e  le proprie venature negli accampamenti e nelle schiere di camper.

I muri 

Vedete, gli impianti non servono solo a riprodurre la musica. Con le casse si instaura una connessione, che è insieme psichica e fisica, quando gli impianti uniti a creare enormi “muri” assumono la forma e il ruolo di totem dell’era post-industriale. Il dj/producer non è più la star al centro della scena, il vero protagonista è il soundsystem. I free parties hanno reso orizzontale un rapporto che altrove è gerarchico (quello fra DJ/producer musicali e ascoltatori). La connessione diretta ed egualitaria tra potenza della musica ed energia che scaturisce dai corpi che danzano è la rivoluzione “spirituale” di queste feste. Nessun palco, nessun culto dell’artista: la fonte del suono è collegata con le menti e i corpi dei partecipanti, in una sorta di campo magnetico che è spazio di introspezione e condivisione. 

La festa

La musica varia a seconda delle ore, delle giornate e a seconda delle crew che organizzano la festa. La notte i bpm [battiti per minuto] si alzano, la musica diventa più cupa, mentale, ma da suoni più acidi e da una cassa più martellante si può passare, nei pomeriggi, ad atmosfere meno “cerebrali”. Rimane però inalterato un principio di base: i sound devono pulsare ventiquattr’ore su ventiquattro.
Avvicinandosi al soundsystem si percepisce la potenza del suono, si intravvedono sguardi elettrici, persone che danzano ad occhi chiusi a ritmo di musica, sorrisi, espressioni serie e sognanti, gente che balla con occhi sgranati, penetranti come fari nella notte: il rito è al suo apogeo. Le droghe sono solo strumenti: non il fine bensì il mezzo, trampolini per la mente, biglietti di andata per un viaggio che è individuale e soggettivo. La sinergia fra droga e musica esiste ma non è assoluta, poiché ballare davanti al muro-totem che ruggisce potenza è qualcosa che di per sé garantisce immersione in un mondo altro. 

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Il giorno

Il mattino, quando i raggi del sole fanno la loro comparsa, emergono i volti. La luce porta nuova energia sul floor: il ballo e la trance emergono nella loro espressione più platealmente tribale. Guardare un grande rave illuminato dalle luci del giorno è uno spettacolo unico, che comunica la bellezza dei corpi in movimento, in un rituale dove importa solo il “qui e ora”, ma che sembra non poter finire mai. Si balla per godere del presente che si dilata e perde la sua connotazione ordinaria. Mentre si è immersi nel presente assoluto nulla conta perché si è parte di un tutto che ha significato in sé. Spiritualità sintetica, trance o puro divertimento, sono  alcuni dei volti del rave, un rito magico alimentato da ritmi tribali che fonde liberazione psichica, fisicità e tecnologia.

Perché il rave 

Però voi, come altri, continuate a chiedervi perché migliaia di persone dovrebbero rischiare problemi con le autorità in un contesto illegale solo per fare festa? Allora provo a proporvi le parole di Sara Contanessi, operatrice di Progetto Extreme/Cooperativa Cat, secondo cui la risposta è da ricercare nel senso di comunità offerto dai rave: “Il free party è un rito in cui si contaminano molti fattori. Il primo è sicuramente il senso di famiglia. Il secondo è la forte spinta creativa che si prova trovandosi a dare vita a qualcosa di nuovo nel giro di quattro o cinque ore. Questo è il motivo che spinge tante persone a viaggiare per l'Italia o andare all'estero per partecipare”. Anche Valeria Paganoni, operatrice di Progetto Neutravel, ha parole che aiutano a capire cosa accade: “Il movimento si basa sull’occupazione temporanea di spazi inutilizzati, ai quali ridare vita, anche solo per una notte. Ha un’anima profondamente egualitaria e anti autoritaria: porta con sé rivendicazioni fortemente politiche, come la libertà dell’individuo, l’antisessismo e l’emancipazione sessuale e di genere”. La città-rave è un luogo di rivendicazione politica, che agisce su un doppio livello: “Il fatto di occupare una fabbrica porta con sé sia la dimensione politica, sia il desiderio di ridare vita a un luogo abbandonato per creare una parentesi di libertà. Il tutto nella consapevolezza che forse non si può cambiare il mondo, ma si può almeno costruire un luogo di decompressione dalla quotidianità.” mi ha detto Elisa Fornero, responsabile di Progetto Neutravel.

Attraversare le zone camper di un maxi evento illegale è decisamente meno pericoloso che frequentare  alcune zone di molte medie e grandi città nelle ore notturne

Per me le feste non sono solo notti strappate alla routine, ma il frutto di un movimento transnazionale ed interclassista, libertario, nonviolento e non giudicante. Sono riti collettivi che cercano spazi di condivisione non mercificati. Per di più la città-rave è un luogo dove il tasso di violenza è bassissimo: chiunque può muoversi da solo senza rischiare di essere disturbato, rapinato o infastidito. Sono spazi governati da criteri comuni, trasversali, condivisi da organizzatori e fruitori: “rispetta te stesso, rispetta gli altri, rispetta il posto”. Attraversare le zone camper di un maxi evento illegale è decisamente meno pericoloso che frequentare nelle ore notturne alcune zone di molte medie e grandi città.

Gli adolescenti usano gli psicofarmaci molto più di cocaina, allucinogeni e ketamina

La chimica 

Veniamo ora all’aspetto che forse vi preoccupa di più: il viaggio indotto dall’uso di sostanze. Esistono due livelli di fruizione dell’esperienza, uno più collettivo, e un altro più individuale, legato al rapporto personale con la musica, la percezione di sé, la ricerca dell’“oltre”. È indubbio che vi sia una stretta correlazione fra i ritmi cyber-tribali e marziali e l’alterazione dello stato di coscienza, ma i ruoli che questa assume all’interno della propria esperienza variano in base al tipo di immersione che si sta cercando. Il fulcro sta nella ricerca dello stato di trance, un concetto ampio e personale che combina, in modi diversi per ognuno, ballo, musica e sostanze. La lunghezza dei free gioca un ruolo fondamentale: la possibilità di ballare per ore ed ore, scegliendo quando fermarsi e quando proseguire, costituisce la base della dimensione psicotropa del rave. Il frequentatore medio è generalmente molto istruito sulle sostanze che assume e quelle che semplicemente “girano” (MDMA, Ketamina, anfetamine, LSD, feniletilammine, catinoni, cocaina, oppioidi, alcol e cannabinoidi le sostanze/categorie più diffuse). Il tasso di consapevolezza su dosaggi, effetto delle molecole e pratiche di uso sicuro è molto alto.

Nessuno ha bisogno di andare a una festa per alterare il proprio stato di coscienza. Le sostanze girano nei grandi eventi, nei club e nelle discoteche, negli stadi, nei bar, nelle case private, sui marciapiedi, sotto i ponti e i portici delle città

Peraltro la connessione fra il rito del free party e l’uso di sostanze è solo uno dei motivi per partecipare, non quello trainante. Il motivo è semplice e di nuovo te lo dico riprendendo le parole di Elisa Fornero: “Le sostanze ormai sono un bene di consumo come tanti altri, sono permeate in tutti gli strati della società”. La droga è ovunque, nelle città, medie e grandi, nelle metropoli, nelle province, nei piccoli centri. È facilissimo per chiunque trovarle: basta recarsi a un qualsiasi evento legale connesso all’elettronica da ballo per ritrovare le stesse droghe, nella stessa disponibilità (più celata, ma sempre presente). Le sostanze girano nei grandi eventi, nei club e nelle discoteche, negli stadi, nei bar, nelle case private, sui marciapiedi, sotto i ponti e i portici delle città. A guardare bene quindi, nessuno ha bisogno di recarsi ad una festa per alterare il proprio stato di coscienza.

La riduzione del danno 

A una festa non si è mai da soli: l’attenzione al prossimo è molto pronunciata sia quando si comunica normalmente, sia nelle situazioni più difficili, di pericolo o difficoltà. Quando qualcuno si sente male a causa delle sostanze assunte, o ha semplicemente bisogno di riprendersi dall’esperienza fatta, il sostegno degli altri partecipanti è un elemento essenziale. Alla solidarietà orizzontale si unisce anche il lavoro di gruppi, collettivi ed associazioni, che ai rave partecipano per garantire a tutti il supporto necessario. Lo scopo di questi progetti è di limitare i rischi connessi all’uso di molecole psicoattive, fornire alle persone strumenti per vivere un’esperienza positiva e aiutare chi riscontra qualche problema. I progetti in questione, che fanno “riduzione del danno”, sono composti da operatori professionali e/o pari (ossia che hanno un passato e/o un presente di uso di sostanze), che mettono a disposizione dei partecipanti alla festa le proprie conoscenze. Operano agilmente all’interno dei rave anche grazie al supporto fornito dai frequentatori. Torno a citare Elisa Fornero: “In una discoteca, se ti beccano che stai male ti buttano fuori, a un rave si crea invece una rete di sostegno nella quale rientriamo anche noi della riduzione del danno, che siamo ormai una realtà riconosciuta all’interno dei free party. L’intervento di aiuto parte spesso dai frequentatori, che ci portano o ci indicano le persone che stanno poco bene o stanno viaggiando troppo e sono spaventate”. Altro perno della RdD è il drug-checking, l’analisi delle sostanze che consente a chi vuole alterare il proprio stato di coscienza di avere la certezza che ciò che ha in mano corrisponda alle aspettative. È un servizio che riscuote molto successo fra i frequentatori. Dove non c’è monitoraggio delle sostanze, le persone rischiano di assumere droghe diverse rispetto a quelle desiderate, o sostanze inaspettatamente potenti, andando incontro a un aumento di malesseri e di esperienze estreme ed inaspettate.

Conclusioni 

Le street parade che si sono svolte in Italia lo scorso 17 dicembre, per protestare contro il decreto anti-rave, dimostrano che il movimento è vivo, che la “comunità che balla” è variegata, attiva e capace di azione diretta e pacifica. Le migliaia di giovani che si ritrovano a ballare in luoghi spesso sperduti sono davvero il simbolo di un declino, o sono piuttosto il simbolo di una connessione allargata, aperta e unita dalla musica?

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