6 novembre 2023
Secondo Valeria Tedeschi ne La pazza gioia, film del 2016 diretto da Paolo Virzì, la felicità si trova "nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili". Nell’assetto iperindividualistico e iperconsumistico della società in cui vivo, la Milano efficientissima di quest’epoca, la ricerca della felicità è un’aspirazione folle, non ordinaria, non prevista e quindi di pertinenza dei "non inquadrati" nel sistema produttivo cittadino.
Nella Costituzione italiana la felicità non è mai menzionata come diritto inalienabile dell’individuo, a differenza di quanto avviene in più di 130 Costituzioni nazionali, molte delle quali di paesi del sud globale come Bhutan, Ghana e Nigeria. In Italia si ha quasi l’impressione che la felicità sia un concetto astratto, lasciato parzialmente a gestione della Chiesa o delle realtà comunitarie locali, come i circoli ricreativi di paese, gli oratori o le festicciole auto organizzate a scuola. Ma facciamo una prima considerazione: la felicità è politica!
La determinazione del grado di felicità di una persona vede ai primi posti la soddisfazione di bisogni primari personali e comunitari, come la sicurezza di poter accedere a cibo e acqua pulita, l’avere una casa, una fonte di reddito, l’accesso a cure mediche e la libertà di vivere in un territorio dove i propri diritti sono tutelati. Soddisfatti i bisogni primari, nel determinare la felicità entrano in gioco anche i bisogni di tipo sociale e personale, rintracciabili nella relazione tra il proprio sé e la società che ci circonda: l’essere visti, l’essere valorizzati, l’essere validati, come presupposto per avere una sana concezione di sé.
La felicità è una vita dignitosa per chiunque. L'analisi del costituzionalista Francesco Pallante
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