10 dicembre 2021
Catalin Tecuceanu è un mezzofondista veloce. Ha 22 anni, di cui 14 passati in Italia, e lo scorso 12 novembre, dopo quasi quattro anni di attesa, ha ricevuto la cittadinanza italiana nel municipio di Trebaseleghe, Padova. Era in attesa di quella certificazione insieme alla Federazione italiana atletica leggera (Fidal) che ha buone aspettative su di lui, viste le medaglie vinte a livello nazionale: "Ho chiesto la cittadinanza nel gennaio 2018 – racconta –. Pensavo arrivasse quasi subito, invece mi hanno detto che avrei dovuto attendere due anni, che poi sono diventati quattro. Chi deve gareggiare per un Paese non può aspettare".
Gli atleti di origine straniera sono abituati, come gli altri, a superare i propri limiti, ma davanti alla burocrazia in molti sono costretti a fermarsi. Dalla loro parte, allenatori e dirigenti interessati che provano in ogni modo ad aiutarli a superare l'empasse. "A 18 anni e un minuto chi ha quei requisiti deve avere la cittadinanza italiana", ha detto Giovanni Malagò, presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), il 1° agosto, durante le olimpiadi a Tokyo. Malagò ha chiesto di "anticipare l’iter burocratico per lo ius soli sportivo, che ad oggi è infernale". Capita che le federazioni sportive intervengano, scrivendo missive, chiedendo ragguagli sulle pratiche e documentando l’importanza della faccenda. Ma senza una decisione rapida i talenti spariscono: "Negli ultimi 15 anni abbiamo perso quattro milioni e mezzo di potenziali atleti tra i 14 e i 19 anni", spiegava il presidente del Coni il 29 novembre 2017.
Dall'antirazzismo alla solidarietà. Lo sport può insegnarti il mondo
"È una storia infinita e personalmente sono stanco. Avere la deroga è odioso: i giovani nati in Italia da genitori stranieri e iscritti alle scuole qui devono giocare come italiani"Massimo Antonelli - Allenatore Tam Tam Basket
Nel tempo, e con gran fatica, sono state introdotte diverse norme e deroghe per permettere a ragazze e ragazzi di tesserarsi e disputare i campionati agonistici in Italia. La legge 12/2016 – chiamata impropriamente “ius soli sportivo” – ha imposto alle federazioni di considerare come atleti italiani anche quelli senza cittadinanza, ma regolarmente residenti "almeno dal compimento del decimo anno di età". In questo modo possono essere schierati senza le restrizioni previste per i giocatori extra-Ue, aspirando anche a diventare campioni italiani.
Un’altra deroga ha preso il nome della Tam tam basket, squadra di Castelvolturno (Caserta) fondata dall’ex cestista Massimo Antonelli, composta interamente da figli di africani: "Avevamo provato a iscrivere i ragazzi alla Federazione italiana pallacanestro (Fip), ma nei tornei regionali potevano essere schierati soltanto due stranieri per squadra – ricorda –. Abbiamo ottenuto una deroga e poi una norma inserita nella legge di bilancio". Dal 27 dicembre 2017 la norma “salva Tam tam” permette di tesserare come italiani "i minori cittadini di Paesi terzi" iscritti almeno da un anno in una scuola italiana.
Dopo aver vinto il campionato regionale nel 2019, la Tam tam vuole adesso disputare il campionato Eccellenza, a livello nazionale, dove però resta il limite dei due stranieri. Il tribunale amministrativo della Campania ha bocciato il loro ricorso, ma il presidente della Fip Gianni Petrucci ha concesso una deroga dopo la richiesta di Malagò: "È una storia infinita e personalmente sono stanco. Avere la deroga è odioso: i giovani nati in Italia da genitori stranieri e iscritti alle scuole qui devono giocare come italiani", ammette il coach.
"La prefettura mi ha chiesto anche il certificato penale russo per dimostrare che non avessi commesso reati da zero a tre anni"Alessia Korotkova - Campionessa di taekwondo
Possono essere i migliori, ma senza la cittadinanza non vanno molto lontano. Alessia Korotkova, 23enne nata in Russia, ha vinto cinque titoli italiani giovanili nel taekwondo, ma non poteva gareggiare per l’Italia, dove vive da tre anni. Diventata maggiorenne ha chiesto di essere naturalizzata. "La prefettura mi ha chiesto anche il certificato penale russo per dimostrare che non avessi commesso reati da zero a tre anni", racconta. Un’assurdità, ma lei ha dovuto autorizzare la nonna a Krasnojarsk per la ricerca degli atti, pagare tasse e traduzioni. Nel 2017 ha consegnato la richiesta e le hanno detto di aspettare ancora. "È stato un giro di inefficienze e intoppi assurdi. Si sono impuntati perché nella trascrizione del luogo di nascita è saltata una S", aggiunge Daniele Frascari, suo allenatore.
Tutto fermo nell’Ufficio cittadinanze della prefettura reggiana dove lavorava una funzionaria arrestata nel luglio 2018 perché chiedeva tangenti per accelerare alcune pratiche. A 21 anni Korotkova, stanca, pensava di smettere: "Mi ero rotta. Nei campionati italiani battevo ragazze che poi andavano in nazionale e vincevano medaglie, mentre io non potevo competere". Non poteva neanche entrare nei gruppi sportivi della polizia, dei carabinieri o altre forze, che permettono ad atleti di sport non professionistici di avere uno stipendio. "Sono attese troppo lunghe per sportivi la cui carriera dura una decina di anni", sottolinea l’allenatore, che si è speso molto per lei. Frascari è andato a parlare coi funzionari, ha ottenuto l’aiuto della Federazione italiana di taekwondo, ha smosso associazioni e media. "Poi in prefettura ci dicono che con una lettera della nazionale poteva sbloccarsi la pratica", ricorda la campionessa. Così avviene. Il 27 ottobre 2020 Korotkova ha giurato nella città del tricolore.
"Chissà, magari potevo andare a medaglia"Abdelhakim Elliasmine - Mezzofondista
Ha provato a smuovere persino alcuni parlamentari Achille Ventura, presidente dell’Atletica Bergamo 1959, per far sì che un suo atleta, Abdelhakim Elliasmine, ottenesse una risposta: "Dopo 10 anni di residenza in Italia ho fatto la domanda", dice il mezzofondista classe 1999, nato in Marocco ma cresciuto in provincia di Bergamo, vincitore di 10 titoli nazionali e 21 medaglie. "Il reddito del padre non raggiungeva la soglia minima per 300 euro e gli hanno negato la cittadinanza. All’epoca il ministro era Matteo Salvini e la linea era severa – spiega il presidente –. Per fare una nuova domanda dovevano passare tre anni, quindi abbiamo preso un’altra strada". Nell’ottobre 2019, l’allora presidente della Fidal Alfio Giomi chiede al ministero dell’Interno di dare a Elliasmine la cittadinanza concessa per "eminenti servizi all’Italia" o per "un eccezionale interesse dello Stato" ma non accade nulla. Nel 2021 Elliasmine ottiene i tempi giusti per partecipare agli Europei U23 a Tallin, ma è ancora senza cittadinanza: "Ho tempestato i parlamentari bergamaschi – racconta Ventura –. Hanno presentato interrogazioni al ministero ed è spuntata la pratica". Il 26 agosto Elliasmine ha giurato fedeltà alla Repubblica. Troppo tardi per gli Europei: "Chissà, magari potevo andare a medaglia", dice il 22enne.
L’atletica ha molte storie così: "È una generazione che ha fame perché ha il frigorifero vuoto. Vogliono trovare un posto in una società che è loro e vogliono dimostrare di meritarsela", analizza Ventura. Antonio Andreozzi, direttore tecnico delle giovanili della Fidal, conferma: "Abbiamo casi eclatanti di campioni e campionesse che non possono essere convocati in nazionale". Tra questi Malina Berinde, torinese nata nel 2001 in Romania, campionessa nella corsa a ostacoli, e Great Nnachi, altra torinese, fenomeno nel salto con l’asta. I suoi record non potevano essere registrati perché risulta straniera, nonostante sia nata e cresciuta in Italia. Per questo il suo allenatore, Luciano Gemello, ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché le concedesse la cittadinanza per particolari meriti. Mattarella non ha potuto farlo, ma l’ha nominata Alfiere della Repubblica e la Fidal ha cambiato la regola sui record. "La Fidal chiede informazioni al ministero per conoscere a che punto siano le pratiche, ma possiamo sapere soltanto il loro stato – continua Andreozzi –. Servirebbe che il Coni facesse un protocollo di intesa".
Stessa storia negli sport di squadra. Nella nazionale di pallavolo femminile vincitrice dell’Europeo c’erano la capitana Miriam Sylla, nata a Palermo da genitori ivoriani, italiana dall’età di 15 anni; la palleggiatrice Lia Malinov, nata a Bergamo da genitori bulgari; Sarah Fahr nata in Germania da genitori tedeschi e giunta in Italia da bambina; e infine Paola Egonu, nata a Cittadella (Pd) da genitori nigeriani, italiana dall’età di 14 anni. Le ultime tre sono cresciute nel Club Italia, squadra della Federazione italiana pallavolo (Fipav) iscritta al campionato di serie A2, composta da giovanissime selezionate in tutta Italia. "Sono tutte atlete al primo tesseramento italiano e quindi disputano il campionato come italiane, anche se non sono naturalizzate", spiega Alessio Trombetta, team manager. Questa squadra è il serbatoio dell’Italia U19 e U18, ma per le competizioni internazionali soltanto le atlete con passaporto italiano possono essere convocate. Per questa ragione, nel gennaio 2017 Terry Enweonwu (cugina di Egonu) non ha disputato le qualificazioni agli Europei U18. "Essendo minorenni sono i genitori a dover fare la richiesta. Noi le aiutiamo per quanto possiamo. Tramite il Coni possiamo certificare che queste atlete hanno una rilevanza per le nazionali".
Nel basket una norma della federazione internazionale (Fiba) limita la presenza nelle nazionali di atleti naturalizzati o con doppia cittadinanza, quindi anche dei figli di stranieri che la ottengono nel corso della loro vita. Per questa ragione Paul Stephen Biligha e Awudu Abass, nati in Italia da genitori africani, cittadini dopo i 18 anni, non potevano giocare insieme: il presidente della Fip Gianni Petrucci ha chiesto e ottenuto dalla Fiba una deroga specifica per loro. Nel calcio sono previsti limiti particolari per prevenire la tratta dei baby calciatori: "Non basta la cittadinanza – spiega un dirigente delle giovanili della Federazione italiana gioco calcio – bisogna ottenere lo status dalla Fifa", che vigila sulla correttezza delle pratiche.
Infine il cricket che nel 2009 fece notizia perché l’under 15, composta da figli di migranti asiatici, vinse l’Europeo (di seconda divisione). Ha regole diverse: "Nasce come sport imperiale britannico – spiega Nicola Sbetti di Federcricket e professore a contratto di storia dello sport all’Università di Bologna –. Segue una logica di residenza e anche in Italia si applica questo criterio: possono essere convocati in nazionale giocatori che risiedono qui da un tot".
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