Bologna, 28 gennaio 2023. Alessia Gennari con la maglia dell'Imoco Volley Conegliano alle final four di Coppa Italia
Bologna, 28 gennaio 2023. Alessia Gennari con la maglia dell'Imoco Volley Conegliano alle final four di Coppa Italia

La pallavolista Alessia Gennari: "La felicità è una vittoria difficile da raggiungere"

"Noi sportivi di alto livello siamo così esigenti e severi con noi stessi da percepire la felicità come utopistica – scrive Alessia Gennari, giocatrice di pallavolo in serie A –. Per riconoscerla bisognerebbe 'allenarsi', come per imparare un gesto tecnico"

Alessia Gennari

Alessia GennariPallavolista

6 novembre 2023

Non troverete spesso uno sportivo di alto livello dire di essere felice. Lo scrivo con cognizione di causa. Siamo troppo concentrati sui nostri sforzi, sul miglioramento e sui risultati da ottenere per concedersi il lusso di considerarsi felici o appagati: non è mai abbastanza! Da piccola, ho sempre pensato che la felicità fosse trovare l’amore. E mi riferisco all’amore romantico, di coppia, alla Lilli e il vagabondo con gli spaghetti e tutto il resto. Poi la vita mi ha portato lontano da dove sono partita, lontano dai miei schemi, dai miei pregiudizi e dalle mie convinzioni. Ero una ragazzina che, a nove anni, ha iniziato a giocare a pallavolo nella palestra della scuola del suo paesino nel cuore dell’Emilia Romagna e che come tutte le coetanee pensava a fare i compiti e a uscire con gli amici. Ben presto la mia quotidianità (e quella della mia famiglia) e le mie prospettive sono state stravolte da qualcosa che all’epoca vedevo come più grande di me e mi faceva paura: niente weekend, niente gite scolastiche, niente vacanze; ritiri che mi tenevano lontana da casa anche per un mese. Non pensavo che lo sport potesse comportare tanti sacrifici e privazioni, era tutto nuovo.

La paura di non essere all’altezza

Anche dopo una vittoria, uno sportivo dentro di sé sta già pensando alla prossima partita da vincere e a quello che avrebbe potuto fare meglio. Ecco perché la felicità è una condizione tanto difficile da raggiungere

Eppure grazie allo sport sono uscita dal mio piccolo guscio fatato che così bene mi ha tenuto al sicuro da tutto. Grazie allo sport ho conosciuto quasi tutte le persone che ora fanno parte della mia vita, dopo una prima fase di grande diffidenza, caratteristica che mi contraddistingue da sempre. Sì, perché la paura di essere ferita e di non essere all’altezza fanno parte della mia indole e questo genera dentro di me un senso di inadeguatezza costante e contemporaneamente una forza, una tensione che mi spinge verso un continuo e faticoso miglioramento della mia persona e delle mie prestazioni. Penso che sia un tratto del carattere molto comune nelle persone che fanno sport ad alto livello: un atleta, anche dopo una vittoria, dentro di sé sta già pensando alla prossima partita da vincere e a quello che avrebbe potuto fare meglio. Ecco perché la felicità è una condizione tanto difficile da raggiungere.

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Allenare la percezione

Il rischio è di essere così concentrati su quello che si sta facendo, sull’obiettivo, e su cosa si potrebbe migliorare, da non rendersi conto o da non riuscire a gioire davvero per qualcosa di bellissimo che siamo riusciti a ottenere o che ci sta capitando. Siamo così esigenti e severi con noi stessi da percepire la soddisfazione come utopistica. Dunque anche questo va allenato, come l’apprendimento di un qualunque gesto tecnico. Penso che la vicinanza di persone che ci vogliono bene e che conoscono il nostro percorso sia decisiva in questo processo di aspirazione e di riconoscimento della felicità.

Sì, perché la felicità non è statica, immutabile. Assomiglia più a un processo e potrebbe anche variare con il tempo. Quando ero piccola la felicità era attendere l’ora dei cartoni animati in tv o l’arrivo di Babbo Natale; crescendo e in base al vissuto e alle inclinazioni ho di volta in volta scelto un signi?cato diverso da dare alla felicità. Secondo gli stoici è felice chi è contento della sua condizione, qualunque essa sia, e gode di quello che ha. Allora vivere felici e vivere secondo natura è lo stesso. Sono d’accordo solo in parte con questa affermazione: e se non ci piacessero la nostra condizione o la nostra natura? Che ?ne farebbero il libero arbitrio e la possibilità di scegliere chi o cosa si vuole essere?

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