6 novembre 2023
Sta distruggendo l’ambiente, viola la privacy, ci incolla allo schermo, fino quasi a renderci schiavi. Lo smartphone, tecnologia per eccellenza del nostro tempo, non ha precedenti nella storia. Nel giro di pochi anni è finito nelle mani di circa metà della popolazione del mondo. In teoria, è lo strumento più democratico che esista. Nella realtà, però, si tratta di "una macchina opaca, e infedele, che crea dipendenza e problemi fisici e psicologici, capace di essere uno strumento di sorveglianza intrusivo e pervasivo", scrive Juan Carlos De Martin, professore di ingegneria informatica al politecnico di Torino e fondatore di Biennale tecnologia, nel suo ultimo libro, Contro lo smartphone (add editore).
Basta fare un po’ di anatomia. Sapere che per produrre un iPhone servono 400 passaggi. Lo sfruttamento lungo la filiera è documentato, eppure continuo. Si inizia con l’estrazione di minerali nel Sud del mondo, per poi passare all’assemblaggio in Cina. Una delle aziende più importanti è la Foxconn, famosa per l’alto numero di suicidi tra i dipendenti. Eccolo arrivare a noi, nuovo, dal design perfetto. Una volta nelle nostre mani, pensiamo di esserne i padroni. Invece è vero il contrario. Di come funzioni la tecnologia sappiamo poco. Le aziende tengono segreti i loro algoritmi, che tutto vedono e poco sanno. Non solo. Chi controlla lo smartphone, lo ha progettato per farci diventare più dipendenti possibili. La ragione: più tempo si passa sulla macchina più dati vengono raccolti, più pubblicità vengono mostrate e più acquisti fatti. Potenzialità che sono sfruttate anche dai datori di lavoro. Un esempio è Glovo, la piattaforma di consegne a domicilio, che sa dove sono i propri rider anche fuori dall’orario di lavoro.
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