Teresa Bellanova. Credits: FAO/Giulio Napolitano
Teresa Bellanova. Credits: FAO/Giulio Napolitano

Bellanova: "Decreti sicurezza e Bossi-Fini vanno cambiati"

In un'intervista a lavialibera la ministra dell'Agricoltura fissa i prossimi obiettivi e difende la norma sulla regolarizzazioni: "Una legge di giustizia sociale: è interesse di tutti che funzioni"

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoRedattrice lavialibera

Aggiornato il giorno 20 giugno 2020

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Cambiare subito i decreti sicurezza e poi cancellare la Bossi-Fini sono gli obiettivi da raggiungere secondo Teresa Bellanova, ministra renziana dell'Agricoltura, che in un'intervista a laviabera definisce "propaganda pericolosa" quella alla base della legge sull'immigrazione approvata nel 1992 durante il secondo governo Berlusconi. Legge "manifesto di una destra divisa su tante cose ma unita dal governo della paura" che, insieme ai decreti voluti dall'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini, "ha prodotto solo ingiustizia e illegalità".

Un cambio di passo importante nella direzione giusta, secondo Bellanova, è quello della norma, inserita nel Decreto rilancio, che prevede la temporanea regolarizzazione dei lavoratori stranieri impiegati come braccianti, badanti e colf e che lei ha fortemente voluto. La ministra non nega che alcuni punti li avrebbe scritti diversamente ma la difende — "È una legge di giustizia sociale. Per me avrà centrato il suo obiettivo per ogni persona che emergerà dall’invisibilità e dallo sfruttamento" — e lancia un appello alle istituzioni e alle realtà territoriali: "Lavoriamo insieme perché venga conosciuta da ogni possibile beneficiario: è interesse di tutti".

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Quando la norma che prevede la temporanea regolarizzazione dei migranti è passata, dopo una battaglia durata settimane, lei si è commossa in diretta video. A cosa stava pensando in quel momento?
Le mie lacrime non sono il centro della questione, anche se c’è ancora chi le strumentalizza o ci fa su del sarcasmo. Dovremmo, invece, concentrarci su quanto deciso dal Governo. L’emersione e la regolarizzazione del lavoro italiano e straniero, di chi è costretto a vivere nei ghetti e a lavorare in condizioni oscene, è un fatto di giustizia sociale, coerente una linea politica avviata da tempo: la battaglia contro il caporalato e il lavoro nero, non solo nei campi.

"Dobbiamo raggiungere con una corretta informazione tutti i possibili beneficiari della norma, italiani e stranieri, e mettere a punto quel che è necessario perché domanda e offerta di lavoro si incrocino in modo trasparente e legale"

A furia di compromessi politici, però, il provvedimento risulta snaturato e limitato nell’applicazione.
No, la norma avrà centrato il suo obiettivo per ogni persona che emergerà dall’invisibilità e dallo sfruttamento. Nei primi quindici giorni le domande pervenute sono complessivamente 32mila con circa 24mila già perfezionate e oltre un migliaio di richieste di soggiorno temporaneo presentate agli sportelli postali. Ora dobbiamo raggiungere con una corretta informazione tutti i possibili beneficiari, italiani e stranieri, e mettere a punto quel che è necessario perché domanda e offerta di lavoro si incrocino in modo trasparente e legale. Rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare: una norma di civiltà funziona se tutti la sostengono.

Lei, che ha minacciato le dimissioni se la norma non fosse passata, si considera soddisfatta?
Mi considererò soddisfatta solo quando il caporalato sarà sconfitto, i ghetti saranno smantellati, non ci saranno più persone costrette a lavorare in schiavitù, le donne invisibili non saranno più prede sessuali, lo Stato garantirà tutti quei servizi che adesso sono il terreno di azione della criminalità, e la competizione tra imprese sarà ad armi pari e leale. Ci vorrà del tempo, ma questa è la direzione obbligata. Mi auguro che lo sia per tutti.

Quali sono i compromessi che le sono costati di più?
Non è un mistero che avrei scritto una norma estesa anche agli altri settori dove il caporalato e il lavoro irregolare italiano e straniero sono presenti, come l'edilizia e la logistica, e preferito una finestra temporale più larga, come in parte si è deciso nell’ultimo Consiglio dei Ministri portandola al 15 agosto. Rispetto agli aventi diritto avrei indicato come termine temporale l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza. Ma siamo in un Governo di coalizione che contempla sensibilità differenti. Questa norma è il punto più avanzato che le condizioni date hanno permesso.

"Avrei scritto una norma estesa anche ad altri settori e preferito una finestra temporale più larga. Rispetto agli aventi diritto avrei indicato come termine temporale l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza"

Sono stati circa un milione e seicentomila gli immigrati irregolari che hanno beneficiato delle sanatorie effettuate dal 1986 al 2012.
I governi che più hanno contribuito sono stati quelli di centrodestra guidati da Silvio Berlusconi. Eppure un braccio di ferro del genere, a mia memoria, non si era mai visto. Come se lo spiega?

Questa maggioranza è costituita da forze politiche diverse, la sintesi è spesso molto difficile. 

Roberto Maroni ha scritto sull'Huffington Post che la sanatoria ricorda tanto il suo decreto del 2009. È una sanatoria di destra o di sinistra? 
Non amo il termine sanatoria. A parte questo, la differenza sostanziale è che per la prima volta sono le persone a dichiarare la loro esistenza, ottenendo – solo con questo gesto – un permesso di soggiorno trasformabile in permesso di lavoro. Ecco perché dovrebbe essere considerata un patrimonio di tutte le forze politiche.

Entrando nel merito di alcune critiche, in molti hanno fatto notare che regolarizzare è stato reso troppo costoso: molti non lo faranno oppure i datori di lavoro proporranno ai braccianti di lavorare gratis per ottenere la regolarizzazione. Inoltre, c’è il rischio che in migliaia restino esclusi perché hanno un permesso di soggiorno scaduto prima della data prevista. Che risponde?
Ogni norma è perfettibile e la discussione parlamentare sarà importante per questo. C’è però un tempo in cui piuttosto che criticare, restando fermi, siamo chiamati a fare funzionare quello che abbiamo conquistato. È poco? Lavoreremo per migliorarlo. Non basta? Ci attrezzeremo. Facciamo però funzionare quello che abbiamo. È questo che sposta in avanti l’asticella. Altrimenti, il rischio è l’immobilismo: fotografare i problemi senza indicare e lavorare per le soluzioni. Uno sport molto diffuso in questo Paese.

Perché la regolarizzazione è stata legata a dei settori produttivi? Possibile che in questo Paese i migranti siano politicamente degni di considerazione solo se servono?
Se avesse letto tutto quello che ho detto in questi anni e in queste settimane, non mi rivolgerebbe questa domanda.

Nei giorni scorsi alcune inchieste hanno evidenziato il rischio di alimentare il racket, con una compravendita di contratti falsi.
Ho chiesto a chi di dovere di vigilare e a tutti coloro che sanno e che sono nella condizione di farlo, di denunciare.

Punto inizialmente controverso: i richiedenti asilo devono o non devono rinunciare alla richiesta per ottenere la regolarizzazione?
La richiesta di permesso di lavoro non richiede di rinunciare alla richiesta di protezione internazionale. Successivamente, dopo l’ottenimento del permesso di soggiorno, se il lavoratore vede riconosciuta anche la protezione internazionale, dovrà optare per uno dei due titoli.

In principio le domande sono state poche, facciamo un bilancio a due settimane. 
I primi dati ufficiali diffusi dal Ministero dell’Interno evidenziano una crescita esponenziale significativa nelle domande che stanno arrivando. Ed evidenziano che va raggiunta la platea di lavoratrici e lavoratori a cui il provvedimento si rivolge e per questo devono essere messi in campo tutti gli strumenti necessari, incluse mirate campagne di informazione. La piattaforma #restoincampo deve funzionare, va fatta conoscere. La riuscita della norma è in capo al Governo che l’ha voluta, allo Stato e alle sue strutture. Faccio un appello: lavoriamo perché questa norma sia conosciuta da tutti i potenziali beneficiari.

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Perché non si è pensato a incentivi economici per chi sceglie di regolarizzare?
Quello lo aveva fatto il centro destra con Berlusconi. La mia idea di premialità è diversa. Salvaguarda chi ha sempre agito nella legalità e ha sempre rispettato le norme sul lavoro. Ritengo che per i datori di lavoro debba essere incentivante di per sé uscire dall’illegalità e non essere perseguiti. 

"Con l’impegno della regolarizzazione di braccianti e colf abbiamo aperto una breccia. Bisogna andare oltre, cambiando i decreti sicurezza e cancellando una legge che, volendo agitare la pancia del Paese, ha prodotto solo ingiustizie e illegalità diffusa"

Che pensa della Bossi-Fini?
Paradossalmente è nata per un’esigenza giusta, ovvero la più grande regolarizzazione mai vista in questo Paese, ma è stata accompagnata da una serie di norme punitive e irrazionali i cui nefasti effetti si vedono tutt’oggi. Dopo quasi vent’anni un bilancio è indispensabile. Non ha stroncato il traffico di esseri umani ma ha solo fatto voltare la testa e generato morte e disperazione nel cimitero liquido che è diventato il Mediterraneo e neicampi di detenzione in Libia. Quella legge si basa su una propaganda pericolosa: non si può entrare in Italia se non hai già un contratto di lavoro. Quindi si entra solo irregolarmente e questa condizione, che la xenofobia della destra chiama clandestinità, si protrae nel tempo e mette queste persone alla mercé della criminalità organizzata e di ogni tipo di sfruttatore.

È logico, ragionevole, umano che il flusso delle migrazioni avvenga facendo accordi su quote regolate da un approccio bilaterale, con un aumento degli accordi per il rimpatrio che però si accompagni a quote certe per fornire permessi per ricerca di lavoro. In nessun caso si sconfigge un fenomeno criminale senza far ricorso a strumenti legali. Il dramma per chi si trova in Libia, che è disposto a morire pur di arrivare in Europa, non può vivere dell’indifferenza di chi fa il gioco di trafficanti, sfruttatori e caporali, come fa la destra. Non si affronta la complessità del mondo contemporaneo con la propaganda, la paura, il populismo. Con l’impegno della regolarizzazione di braccianti e colf abbiamo aperto una breccia. Bisogna andare oltre, cambiando i decreti sicurezza e cancellando una legge che, volendo agitare la pancia del Paese, ha prodotto solo ingiustizie e illegalità diffusa.

Nei giorni scorsi a Saluzzo sono arrivati stagionali che faranno fatica a trovare un posto dove dormire. Le stesse carenze si riscontrano nella Piana di Gioia Tauro. Intendete affrontare il problema?
La regolarizzazione è un pezzo di un impegno più vasto, che ha nel Piano triennale contro il caporalato un asset straordinario dove sono costruite le risposte sia sul versante dei servizi integrati che degli alloggi. Non dimentichiamo le risorse del Pon Inclusione, ad esempio. In quel Piano costruito e approvato con il contributo di quattro Ministeri (Lavoro, Interno, Politiche Agricole, Sud e Coesione), con tutte le parti sociali, i rappresentanti istituzionali e il terzo settore, i problemi vengono affrontati, le soluzioni indicate, con modalità e risorse.

Lei ha dichiarato di conoscere le storture della filiera agroalimentare, dove domina la grande distribuzione che schiaccia le piccole imprese, con conseguenze che si ripercuotono sui lavoratori. Come sta lavorando nella direzione di correggere queste storture?
Il mio lavoro è alla luce del sole. La legge sulle agromafie va in questa direzione, e così le multe sulla competizione sleale previste con il Cura Italia. Mi auguro che la legge contro le aste al doppio ribasso sia approvata definitivamente al più presto. Il punto non è però cosa faccio io ma cosa facciamo tutti, anche chi è impegnato sui territori nel welfare di prossimità.

Nei giorni scorsi un ragazzo pakistano è stato ucciso da 4 connazionali, caporali, perché aveva convinto e accompagnato alcuni amici a denunciare. La strada per sconfiggere il caporalato è ancora lunga, non crede?
Sì, e credo che sia compito e responsabilità di tutti lavorare per contrastarlo. Il caporalato non si sconfigge per decreto ma con il coinvolgimento concreto di una intera società e di tutte le comunità territoriali. Un atto di coraggio che non può essere delegato solo alle norme, alle forze di polizia, e alla magistratura. La cittadinanza attiva non si fa solo con le parole, ma con il lavoro concreto. 

"Il caporalato è mafia e avvelena l’intera filiera.  Non esistono filiere sporche ma imprese che scelgono l’illegalità e vanno perseguite"

Quali sono i suoi ricordi come bracciante e poi sindacalista?
Una vita difficile e faticosa, che ha lasciato solchi e sedimentato la necessità di combattere lo sfruttamento. Da allora il mondo è cambiato tante volte: è emerso come il caporalato sia mafia, criminalità, e avveleni l’intera filiera. Deve essere molto chiaro: non esistono filiere sporche ma imprese che scelgono l’illegalità e vanno perseguite.

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