Aggiornato il giorno 26 gennaio 2024
Dopo il Leone d’oro conquistato all’80esima scrittore Mostra del cinema di Venezia, i successivi riconoscimenti e la più recente incetta di nomination ai Golden globe awards (mentre scriviamo ancora non è dato sapere quante di queste si tramuteranno in premio), il 25 gennaio 2024 è uscito nelle sale italiane la pellicola gotico-fantascientifica Povere creature! del regista greco Yorgos Lanthimos. Se avremo modo di apprezzarla anche nei nostri cinema, godendoci al contempo le interpretazioni della protagonista Emma Stone e del “gregario” Willem Dafoe, nel mentre possiamo confrontarci con la sensazionale scrittura di Alasdair Gray (1934- 2019), poeta, drammaturgo, scrittore e artista visuale scozzese autore del libro da cui il film è stato tratto. Un ricco volume pubblicato in Italia dalle edizioni di Pordenone Safarà, nella traduzione di Sara Caraffini.
Se fino a poco tempo fa il nome di Gray era perlopiù relegato, dalle nostre parti, nell’ombroso mercato di una nicchia editoriale avvezza al fantastico e alla fantascienza, oggi, invece, sta entrando nel novero degli autori capaci di mettere d’accordo critica e pubblico, e non solo tra gli amanti di fantasy e fantascienza. Benché il romanzo fosse già stato pubblicato in traduzione italiana da Marcos y Marcos con il titolo di Poveracci! (1994), è grazie a Safarà che negli ultimi anni abbiamo cominciato a (ri)scoprire Gray. La nuova edizione del libro, pubblicata proprio a ridosso dei giorni della Mostra di Venezia e intitolata Povere creature! (2023), con maggiore conformità all’originale Poor Things, arricchisce un catalogo che aveva già visto la pubblicazione di quattro libri dell’autore scozzese, anche piuttosto diversi tra loro.
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Tra il 2015 e il 2017, l’editore friulano aveva dato il via alla pubblicazione sistematica delle opere di Gray con il libro che forse più di altri è legato al nome dell’autore. Stiamo parlando della sua prima opera, ovvero Lanark. Una vita in quattro libri, super romanzo in volumi edito nella sua versione originale nel 1981 e arrivato da noi con troppo ritardo, considerando la fortuna editoriale concessagli invece altrove; soprattutto in ambito anglosassone.
Per la sua capacità di inserire riflessioni di critica sociale all’interno di un tessuto narrativo di taglio fantastico (senza per questo fare mera letteratura di denuncia, né insistere su "alcun moralismo o desiderio didattico o didascalico", come sottolinea uno dei suoi principali studiosi italiani, Enrico Terrinoni), Gray è stato spesso inserito sul medesimo scaffale di autori come Swift, Kafka e Orwell, mentre il New York Times ha osato addirittura evocare Dante, definendo Lanark come "la Divina Commedia del cripto-calvinismo anglosassone". Un accostamento azzardato, ma in fin dei conti non troppo, almeno stando al britannico The Guardian, che non ha avuto remore nel definire l’opera in questione come "uno dei pilastri della narrativa del XX secolo ".
Ambientato tra Glasgow e Unthank (città di un cupo futuro di là da venire, specchio e contrappunto della prima), mescolando magistralmente realismo e fantastico, romanzo di formazione e narrativa distopica, il libro racconta le vicende parallele dell’eponimo Lanark (a Unthank) e di Duncan Tahw (a Glasgow), in cui la città che noi conosciamo come reale sembra essere la proiezione della fantastica Unthank, in un rovesciamento di parti davvero inusuale e riuscitissimo. In ambo gli scenari, i protagonisti percorrono tragitti biografici dolorosi e onirici, talvolta estatici, mentre sono impegnati a combattere una lotta perpetua con le istituzioni più o meno grandi e pervasive che reggono l’una e l’altra società, entrambi diretti dalla volontà di "cercare la luce in un luogo che ne è privo", per citare le parole di Jeff VanderMeer, altro pezzo da novanta della letteratura fantastica contemporanea di lingua inglese.
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Nei due libri di Gray proposti successivamente da Safarà, la città scozzese è invece l’unico scenario delle vicende narrate. Una Glasgow contemporanea e realista che vive un’eterna tensione oppositiva nei confronti del Regno, ospitando personaggi più o meno conservatori, più o meno subalterni, disillusi o travagliati, che ci coinvolgono nel racconto della propria storia personale o di brevi parti di essa: in maniera piana, ironica, dolceamara e quasi familiare, come avviene nei piacevoli racconti disincantati che danno vita alla raccolta intitolata Con un piede nella fossa (2018), o in maniera piuttosto vertiginosa, come avviene invece in Janine 1982 (2020), romanzo che l’autore stesso considerava come la sua migliore opera letteraria. Qui, in un testo di ispirazione decisamente joyciana, ascoltiamo la voce interiore di un protagonista odioso, ma non per questo tanto lontano in termini morali da noi lettori.
Si tratta di Jock McLeish, un alcolizzato ultraconservatore (benché nato in una famiglia progressista) che si spende in vorticose fantasie sadomasochistiche, sognando e immaginando, in una vigile notte di delirio, il profilo di figure femminili di vario genere, ma tutte oggetto di violenza. Nella notte tali fantasie si sovrappongono al ricordo, alla riflessione sullo stato passato e attuale delle cose e del suo mondo (siamo in pieno thatcherismo), e al portato di ferocia e brutalità che in fin dei conti pervade vari ambiti della vita, la sua come la nostra. Riflessioni e fantasie che ci portano a provare "disgusto per noi stessi", perché in quanto esseri umani "abbiamo commesso crimini orribili che non arrecano alcun bene", noi che "creiamo deserti".
La vena profondamente machista che contraddistingue il protagonista fallito di Janine 1982 viene rovesciata nei due libri di Gray che in Italia abbiamo avuto modo di leggere successivamente. In questi il gusto per la satira si innesta su una trama di narrazioni tipicamente e dichiaratamente fantastiche, proiettando istanze femministe nel futuro e nel passato. Stiamo parlando de La ballata del guerriero (2022) e del recentissimo Povere creature!. Nel primo ci troviamo immersi nel pieno di una battaglia spettacolarizzata che avvampa le campagne lacustri della Scozia del 2220, in un mondo in cui alcune delle storture tipiche del maschile sono state addomesticate da un regime matriarcale, che è riuscito a relegare le attività guerresche al rango di disciplina sportiva, spegnendo così gli ardori militari in un grottesco intrattenimento adatto a un pubblico desideroso di azione.
E finalmente arriviamo a Povere creature!, libro che beneficia di una serie di gustosissime illustrazioni generate dalla mano artistica dello stesso Gray. Ci troviamo come di consueto in Scozia, di nuovo a Glasgow, ma stavolta nella seconda parte dell’Ottocento, quando la scienza medica sta muovendo passi che risulteranno poi decisivi per evolvere in disciplina moderna. Ed è proprio un medico scientista che, sulla traccia letteraria del Dottor Frankenstein, sembra dar vita alla protagonista del romanzo, Bella Dexter, che alla nascita è dotata di un cervello totalmente vergine, non ancora avvezzo alla vita in società né a ciò che da una donna adulta ci si aspettava in epoca vittoriana (e in buona parte ci si aspetta ancor oggi, per la verità).
O quantomeno così crediamo in principio, salvo poi perderci nelle traiettorie su cui si sviluppa la storia. Perché il libro è in realtà un continuo avvicendarsi di testimonianze che ci accompagnano attraverso differenti versioni delle rocambolesche avventure di questa novella creatura: vicende in cui vari uomini cercano di appropriarsi, ognuno a suo modo, del cuore e soprattutto del corpo della protagonista, fallendo in genere miseramente, ingannandosi di continuo e vivendo prima nella speranza di poter soggiogare Bella, poi nella frustrazione di non riuscire a farlo.
Tuttavia Povere creature! non è soltanto questo, un gustoso e satirico manifesto femminista in salsa gotica che fa il verso al romanzo vittoriano (con ciò che ne consegue in termini di critica sotterranea al Regno). È infatti anche un gioco giocato con e a beneficio dei lettori, i quali, a trovarsi immersi in un labirinto di versioni della medesima storia, in un avvicendarsi di modelli letterari e di citazioni dichiarate o meno (pratica in cui Gray è senza dubbio maestro), in un sistema di rimandi e di continue falsificazioni, vengono trasportati all’interno di un complesso edificio di strati narrativi da cui è difficile uscire.
Provate per credere. Provate a leggere Povere creature! per restarci dentro, e godere così di ogni suo piano narrativo.
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