Tokyo, estate 2021. L'alteta rifugiata Luna Solomon insieme a Niccolò Campriani
Tokyo, estate 2021. L'alteta rifugiata Luna Solomon insieme a Niccolò Campriani

Niccolò Campriani, dai trionfi olimpici ai sogni dei rifugiati

Niccolò Campriani, una vita di allenamenti, tre ori e un argento alle Olimpiadi nel tiro a segno. Dopo il ritiro ha allenato giovani in fuga da guerre e violenze per i giochi di Tokyo 2020

Lucilla Andreucci

Lucilla AndreucciResponsabile settore Sport di Libera

29 febbraio 2024

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Se c’è uno sport che si avvicina alla meditazione, questo è il tiro a segno: liberare la mente, controllare il battito del cuore, trattenere sospeso il respiro, aspettare quell’attimo di equilibrio perfetto e sparare un colpo. Il colpo. Lo spiega Niccolò Campriani, fiorentino, 36 anni, laureato in ingegneria manageriale, vincitore di quattro medaglie olimpiche, una d’argento e tre d’oro. L’ultima, a Rio 2016, disegnerà una nuova traiettoria nella sua vita. "Ero all’ultimo colpo dell’ultima serie, in un confronto adrenalinico con il russo Sergei Kamensky.

Contro il russo Kamensky una vittoria fortunata: “Ho fatto fatica ad accettarla, così ho donato all’Unhcr parte del premio"

Lui in testa, io secondo a pochi decimi di punto. Kamensky spara (male) e io divento campione olimpico. Una vittoria fortunata, che ho fatto fatica ad accettare. Così ho deciso di dare in beneficenza la differenza del premio tra la medaglia d’oro e quella d’argento. All’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) la cifra più importante", racconta a lavialibera in collegamento da Los Angeles. Dopo quel gesto, Niccolò riceve dall’Unhcr l’invito per un viaggio in Zambia, in uno dei più grandi centri di accoglienza di profughi, un’esperienza forte che lo invoglia a dare un nuovo senso a quell’ultimo oro e a tutta la sua carriera.

Dal poligono alle Olimpiadi

"La prima volta in un poligono sono andato con mio padre, Giuseppe, avevo 13 anni. Durante una sua prova di tiro, nell’attesa ho provato anche io. La ricordo come un’esperienza tipo luna park". Niccolò da quel poligono non esce più. E passa 16 anni ad allenarsi e migliorarsi. Ore e ore di preparazione in un viaggio faticoso alla scoperta di sé stesso e alla ricerca della perfezione, per raggiungere il bersaglio mai centrato da nessun altro italiano. Nel tiro a segno, basta un soffio per sbagliare. "Non è possibile l’assenza di emozioni, ma si impara a controllarle nel modo migliore. Anche quelle positive, come il desiderio di vincere, per esempio, che può portarti alla paura di non riuscirci, accelerare la frequenza cardiaca e mandarti fuori equilibrio. C’è un’affinità significativa con la specialità e il mio modo di essere introspettivo. Sessanta colpi, devi gestirli senza eccedere, né distrarti".

Nuoto sincronizzato maschile. Giorgio Minisini, in vasca contro i pregiudizi 

Campriani partecipa alla prima Olimpiade a 20 anni, Pechino 2008: non entrerà in finale per un errore che invece non ripeterà ai Giochi di Londra nel 2012. Quell’anno vince un argento nella carabina a 10 metri e un oro nella carabina a 50 metri. A Rio de Janeiro, quattro anni dopo, le medaglie saranno entrambe d’oro. Quale pesa di più? "Credo che la risposta cambi a seconda della fase di vita che affronti. L’Olimpiade è un gran mescolio di colori, suoni, un trambusto di ricordi, ci sono tanti sentimenti attaccati, anche contrastanti. Quando ti allontani dalla carriera, i momenti sportivi iniziano a confondersi con i ricordi personali, e quelli più belli sono stati momenti condivisi con mio padre, il mio allenatore Aldo Vigiani e lo psicologo dello sport, Edward Etzel. Mi sono ritirato subito dopo Rio. La scelta era quasi dovuta, seppur difficile: l’avevo maturata negli anni. Temevo che la quotidiana attenzione posta nel perfezionare l’abilità del tiro a segno, per quanto mi avesse aperto tante porte, rischiasse di farmi perdere il treno della vita. Avevo la curiosità di puntare lo sguardo altrove".

Ritiro, ma non dall’impegno

Smettere per un atleta professionista è una gara a cui non si è mai abbastanza preparati. "All’inizio ti senti inadeguato. Passi dall’essere uno dei migliori al mondo in una specialità a ripensarti in una nuova vita, ripartendo da zero".

"Io ero un ex atleta che voleva ridefinire la sua identità e loro dei ragazzi trapiantati in una cultura diversa Un modo per essere soli, insieme. Aiutarli è diventato un modo di aiutare me stesso e dare un senso diverso alla mia carriera"

Nel 2017 Campriani si trasferisce a Losanna e inizia a lavorare nell’amministrazione del Comitato olimpico internazionale (Cio). Con la sua seconda vita arriva anche il capitolo importante del lavoro coi rifugiati. "Ho cominciato a frequentare la comunità e ad allenarne un gruppo a fine 2018 per dare ad alcuni di loro la possibilità di partecipare ai Giochi di Tokyo. Io ero un ex atleta che voleva ridefinire la sua identità e loro dei ragazzi trapiantati in una cultura diversa, che tentavano di capire come affrontare questa fase della loro vita. Un modo per essere soli, insieme. Aiutarli è diventato un modo di aiutare me stesso e dare un senso diverso alla mia carriera. Era emozionante vivere le loro tante prime volte: viaggiare in aereo, dormire in un hotel, mangiare cose nuove. Ricordo l’emozione di Mahdi (Yovari, ndr) quando lo presentavo ai miei amici come atleta che si preparava per l’Olimpiade". Allenamenti e motivazione, con lo slittamento dei Giochi al 2021 a causa della pandemia e quindi più tempo per prepararsi, aiuteranno due di loro a qualificarsi: Luna Solomon e, appunto, Mahdi Yovari. Lui, afghano cresciuto in Iran, poi regolarizzato, gareggerà sotto la bandiera dell’Afghanistan. Luna Solomon, rifugiata dall’Eritrea, figurerà tra i 29 atleti olimpici rifugiati. A essere accreditato come loro allenatore è stato proprio Campriani: "Non avrei mai pensato che una delle giornate di sport più belle della mia carriera sarebbe arrivata dopo il ritiro. Spero che questa storia possa anche ispirare altri (ex) atleti a fare qualcosa di simile: lo sport insegna a rimboccarsi le maniche".

Cortina 2026, Olimpiadi insostenibili

Oggi Campriani vive a Los Angeles, dove è direttore sport dei Giochi olimpici del 2028. Unico non statunitense in squadra. Ha lavorato anche in Italia su diversi progetti, ma dice: "Ho forse sopravvalutato la forza di tanta buona volontà: una buona idea da sola purtroppo non basta se non si riesce a fare gruppo. È difficile cercare di dare uno scossone a un sistema ingessato". Le esperienze manageriali che sta accumulando lo aiuteranno, si spera, nell’impresa di togliere almeno un po’ di inerzia allo sport nostrano. E Mahdi e Luna? "Continuano ancora oggi ad allenarsi in Svizzera, dove vivono, sognando l’Olimpiade di Parigi che si terrà la prossima estate. Continuo a essere in contatto con loro"

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