29 febbraio 2024
È di nuovo guerra civile, in Mali, dove si rischia l’ennesimo conflitto senza testimoni, le cui conseguenze ricadranno sulla pelle dei Tuareg. I mercenari russi hanno già massacrato i civili, come avvenuto nella primavera del 2023 a Moura, il cuore del Paese. Mentre l’esercito maliano sembra intenzionato a sterminare la parte della tribù che vive nel deserto, grazie al supporto della nuova Alleanza del Sahel (Aes), un patto di difesa reciproca siglato da Mali, Burkina Faso e Niger lo scorso settembre. La zona, ormai fuori controllo, è preda di un diffuso fondamentalismo islamico.
Tutto è (ri)-cominciato il 26 gennaio 2024 quando la giunta militare del Mali, guidata dal colonnello Assimi Goita, ha stracciato l’accordo di Algeri del 2015. Il patto aveva messo fine alla guerra civile fra il governo del Paese e i gruppi separatisti Tuareg che da oltre dieci anni rivendicano l’indipendenza dell’Azawad, un territorio desertico nel nord del Paese. Ora la rottura dell’intesa sta modificando gli equilibri di una zona vitale come il Sahel, l’enorme fascia di territorio dell’Africa subsahariana.
Il Mali accusa l’Algeria, con cui condivide un lungo confine, di fornire al Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad la base per organizzare la resistenza armata. In risposta, il colonnello Assimi Goita ha deciso di ospitare nello Stato il Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia, un gruppo ribelle che combatte contro il governo algerino.
I nomadi Tuareg si ritrovano così a essere la pedina di un gioco più grande di loro e che la scoperta del petrolio nelle zone da loro amministrate ha ulteriormente complicato. "La fine degli accordi significa guerra – spiega a lavialibera Mohamed Elmaouloud Ramadane, importante capo tribù Tuareg e portavoce del Csp-Psd (Quadro strategico permanente per la pace, la sicurezza e lo sviluppo), una sigla che raccoglie tutti i movimenti degli uomini del deserto – ed è una decisione unilaterale della giunta di terroristi al potere in Mali. Facciamo appello alla comunità internazionale di tornare nel nostro Paese e testimoniare quello che ci stanno facendo. Serve un’inchiesta per le continue violazioni dei diritti umani del nostro popolo. Per questo motivo Assimi Goita ha insistito per cacciare i caschi blu dell’Onu dal campo, vuole mano libera senza testimonianze". L
e parole di Ramadane non lasciano dubbi: "I terroristi dell’esercito maliano, insieme ai terroristi russi, stanno massacrando il nostro popolo. Colpiscono i civili e hanno bombardato anche una scuola. La notizia che a novembre i guerriglieri dell’Azawad siano stati espulsi da Kidal è solo propaganda. Nonostante gli attacchi aerei e quelli subiti da parte dei mercenari russi e dai soldati provenienti da Burkina Faso e Niger, i nostri miliziani resistono nella parte nord della provincia e presto riconquisteremo tutto il territorio. Il Mali sta sfruttando l’Alleanza del Sahel per attaccarci, ma il deserto è la nostra casa e qui resisteremo".
L'Africa divisa tra vecchie e nuovi coloni
I problemi in Mali sono iniziati negli anni Sessanta, quando i gruppi Tuareg hanno chiesto l’indipendenza per il nord desertico del paese, chiamato Azawad. La situazione ha subito un’accelerazione dopo il 2011, quando i movimenti jihadisti hanno cominciato a spingere i Tuareg verso sud e, in parallelo, la Primavera araba – con il conseguente crollo dei regimi – ha aiutato la tribù a desiderare l’indipendenza e l’autodeterminazione. Molti di loro erano stati ingaggiati in Libia dal generale Muammar Gheddafi con l’intento di combattere contro il popolo che cercava di rovesciarlo. Tornati a casa, carichi di armi e oro, hanno cercato di far valere le loro istanze di autonomia.
Crediamo in un giornalismo di servizio ai cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Ma per continuare a offrire un'informazione di qualità abbiamo bisogno di te. Sostienici!
Quanto costa abbonarsi?Se sei già abbonato clicca qui per accedere e leggere l'articolo
In un calcio diventato industria, mafie ed estremismo di destra entrano negli stadi per fare affari