Strasburgo, 6 febbraio 2024. L'eurodeputata lettone Tatjana Ždanoka, accusata di essere un'agente in contatto con i servizi segreti russi (Alexis Haulot/Ue)
Strasburgo, 6 febbraio 2024. L'eurodeputata lettone Tatjana Ždanoka, accusata di essere un'agente in contatto con i servizi segreti russi (Alexis Haulot/Ue)

Sull'Ue l'ombra delle ingerenze straniere (soprattutto russe), ma i complici interni

SPECIALE EUROPA 2024. Prima i soldi della Russia a partiti ed ex politici, poi quelli del Qatar e del Marocco scoperti col Qatargate. Nel mezzo, alcuni eletti poco trasparenti, se non addirittura corrotti, fake news e spie. A pochi mesi dal voto, occhi puntati ai condizionamenti su Bruxelles

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

29 febbraio 2024

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Aggiornamento del 15 aprile 2024: A Bruxelles, la procura federale belga ha aperto un’indagine sulla rete di propaganda filo-russa accusata di pagare eurodeputati per promuovere gli interessi del Cremlino. Questa indagine nasce dalle accuse mosse dalla Repubblica Ceca al giornale online Voice of Europe (VoE), accusato di propaganda filo-russa, e all’oligarca ucraino pro-Putin Viktor Medvedchuk. Il sospetto è che, attraverso Voice of Europe, Mosca abbia pagato alcuni eurodeputati.

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"Sì, sono un’agente, un’agente per la pace, per un’Europa senza fascismo, per i diritti delle minoranze, per un’Europa unita, da Lisbona agli Urali". Tatjana Ždanoka, 73 anni, eurodeputata del partito Unione russa di Lettonia, prende la parola al parlamento europeo il 6 febbraio. "Sì, sei un’agente per la pace come lo è Vladimir Putin", le risponde subito la collega lituana Rasa Juknevičienė, in aperta polemica. "Forse, se ti consideri un’agente della pace, il meglio che puoi fare è chiedere al tuo amico e alleato Putin di rimuovere la sua presenza in Ucraina", incalza il ceco Marcel Kolaja pochi minuti dopo.

Sono alcuni passaggi del dibattito sull’ipotesi di ingerenza russa nei processi democratici dell’Unione europea e Ždanoka è sotto accusa: il 29 gennaio il giornale indipendente russo The Insider e altri media hanno rivelato che la deputata lettone, di origini russe, ha collaborato con due agenti dell’Fsb, la principale agenzia dei servizi segreti del Cremlino, almeno dal 2005. Questo spiegherebbe un suo certo attivismo a tutela dell’immagine e degli interessi di Mosca. Ad esempio, il 2 marzo 2022, quando – ricorda The Insider – è stata tra i 13 europarlamentari contrari alla condanna dell’invasione in Ucraina.

Che sia un’agente segreto o no, quello di Ždanoka è soltanto l’ultimo caso di tentativi di ingerenza straniera sulle decisioni dell’Ue. Un tema molto discusso in questa legislatura che volge al termine, e decisamente rilevante in vista delle elezioni di giugno. Una legislatura segnata, nei suoi ultimi anni, dal conflitto ucraino, e – internamente – dal Qatargate, ossia l’indagine della procura di Bruxelles sulla presunta corruzione operata dall’Emirato e dal Marocco su alcuni eurodeputati. "Dopo il Qatargate, all’estrema destra e all’estrema sinistra di questo emiciclo hanno manovrato per parlare soltanto del Qatar, per mettere fine alla commissione sulle ingerenze straniere e non menzionare più le ingerenze russe nel parlamento", denuncia la francese Nathalie Loiseau, del gruppo liberale Renew Europe, durante lo stesso dibattito del 6 febbraio. Per alcuni, una vicenda annullava l’altra. In realtà, aumentava l’onta sull’assemblea europea.

Qatargate, colpo alla credibilità europea

Il sostegno agli euroscettici

Milioni di euro prestati da banche russe vicine al Cremlino al partito della destra francese, prima chiamato Front national, poi Rassemblement national. Altri soldi arrivati nelle casse di Alternative für Deutschland (Afd), partito dell’estrema destra in Germania. Poi gli incontri all’Hotel Metropol di Mosca tra il leader della Lega Matteo Salvini, il suo collaboratore Gianluca Savoini e alcuni uomini d’affari legati al potere putiniano per discutere di una compravendita di petrolio e di un finanziamento al partito italiano in vista delle Europee 2019. Sostenendo i partiti euroscettici di destra, Putin ha cercato di introdurre un germe nelle istituzioni comunitarie.

A partire da questi episodi, il parlamento europeo ha affrontato il tema delle ingerenze straniere sull’Europa non soltanto tramite l’aiuto alle formazioni di destra, ma anche attraverso la diffusione di fake news tramite Internet e i cyber-attacchi alle istituzioni comunitarie. Nel settembre 2020 è stato creato il comitato parlamentare chiamato Inge e dedicato alle ingerenze straniere, inclusa la disinformazione, "un segnale a tutte le potenze straniere che provano a interferire nel processo democratico – affermava il presidente Raphael Glucksmann, eurodeputato francese –. L’era dell’ingenuità europea è finita".

Sovranis(si)mi. Da Putin a Salvini

“L’élite capture”

Mosca ha tessuto la sua rete anche assumendo all’interno di società russe alcuni ex politici europei. È l’élite capture. L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder e l’ex primo ministro finlandese Paavo Lipponen hanno lavorato entrambi per Gazprom, colosso energetico russo. L’ex ministra degli Esteri dell’Austria, Karin Kneissl, è stata nominata nel consiglio di amministrazione di Rosneft, altra azienda del settore, e François Fillon, ex primo ministro francese, è stato nel cda di Zarubezhneft, una compagnia petrolifera.

"Paesi come la Cina e la Russia, ma anche il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia, hanno investito pesantemente nelle operazioni di lobbying a Bruxelles", si legge nel rapporto del comitato, presentato il 9 marzo 2022, dove si sottolinea l’assenza di vincoli stretti sulle attività di pressione e influenza e si propongono azioni da intraprendere. Subito dopo, scoppiata la guerra in Ucraina, il comitato ha proseguito il lavoro anche perché "alla vigilia delle elezioni europee del 2024, si prevede un aumento delle ingerenze e delle attività di manipolazione delle informazioni".

Qatargate

Strasburgo, 2019, l'allora eurodeputato di Articolo 1, Pier Antonio Panzeri (Marc Dossmann/EU)
Strasburgo, 2019, l'allora eurodeputato di Articolo 1, Pier Antonio Panzeri (Marc Dossmann/EU)

Nel rapporto conclusivo, pubblicato pochi mesi dopo lo scandalo Qatargate, si sottolinea che "le attività di lobbying per conto di interessi stranieri, in particolare quando riguardano imprese in settori strategici e i loro governi, possono aprire la strada a ingerenze straniere nelle nostre istituzioni". A volte, si tratta di società di lobbying, quelle che di solito operano per conto di imprese o altre organizzazioni, a fornire un servizio agli Stati terzi che non hanno una loro rappresentanza. "Nel periodo della Brexit, Gibilterra è stata rappresentata da un lobbista", spiega Mercedes Bresso, eurodeputata Pd che ha fatto parte del comitato parlamentare Ing2. Si trattava di un ex politico. 

Ed era un ex politico italiano, Antonio Panzeri, a oliare un po’ i meccanismi per curare gli interessi del Marocco e del Qatar. Così è emerso nel corso dell’indagine della procura di Bruxelles, venuta a galla il 9 dicembre 2022 con una serie di perquisizioni e arresti in Belgio e in Italia. Panzeri, ex politico di Pd e Articolo 1, è ritenuto la persona che, in cambio di enormi somme di denaro, metteva a disposizione le sue conoscenze politiche a favore degli interessi di Qatar, Marocco e Mauritania. Suo braccio destro era l’assistente Francesco Giorgi, compagno dell’allora vicepresidente del parlamento, la greca Eva Kaili. Altri eurodeputati, italiani e belgi, sono indagati. Secondo gli investigatori, Panzeri (che il 17 gennaio 2023 ha patteggiato una pena ridotta a un anno di reclusione in cambio della collaborazione con gli investigatori) avrebbe distribuito tangenti e favori per addolcire i giudizi degli eletti sullo stato dei diritti umani nei paesi interessati. "La democrazia europea è sotto attacco", ha detto la presidente del parlamento Roberta Metsola pochi giorni dopo gli arresti. Alcuni indagati hanno tuttavia denunciato il ruolo dei servizi segreti belgi all’inizio dell’indagine, le violazioni di norme e l’arbitrarietà degli investigatori (in Belgio, i procuratori sono nominati dal governo, ma la procura di Bruxelles difende la sua autonomia e imparzialità). I reati sono da provare, ma i tentativi di influenza esterna sulle istituzioni dell’Ue e i suoi rappresentanti appaiono chiari.

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Il nemico è interno

"Dopo il Qatargate, il parlamento non ha corretto le sue debolezze"Nick Aiossa - Direttore Transparency International Eu

Dopo gli arresti del Qatargate, la presidente del parlamento Metsola e quella della Commissione Ursula Von der Leyen hanno proposto azioni per migliorare trasparenza e controlli etici. Metsola ha posto 14 obiettivi da raggiungere, mentre la Commissione, che detiene il potere esecutivo, ha proposto una serie di misure per la "difesa della democrazia" e la creazione di un "corpo etico".

Secondo Nicholas Aiossa, direttore di Transparency international Eu, "il Qatargate ha mostrato innanzitutto che il sistema etico del parlamento europeo era estremamente debole e non adatto a prevenire questo tipo di scandalo. Il problema è che, in seguito, il parlamento non ha corretto queste debolezze". Il ramo bruxellese dell’ong vigila sull’integrità politica delle istituzioni comunitarie e da mesi denuncia l’assenza di risposte adeguate: "Le riforme adottate per molti aspetti annacquano le disposizioni in materia di trasparenza previste dalle norme vigenti", prosegue Aiossa. Vorrebbe che si prestasse tanta attenzione al tema etico, quanta ne viene dedicata alle ingerenze esterne: "Capisco giustamente che le minacce straniere, in particolare provenienti dalla Russia, siano molto importanti, ma bisogna essere in grado di affrontarle in modo olistico. È necessario proporre misure che proteggano le democrazie anche da attori interni che spesso collaborano con attori stranieri per corrompere il processo democratico".

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