Volvera (To), settembre 2023. Alcuni giovani scout a Cascina Arzilla, uno dei primi beni confiscati alle mafie in Piemonte, restituito alla collettività per trasformarlo in un luogo di legalità e impegno collettivo contro lo sfruttamento ambientale e umano. La cascina è dedicata a Rita Atria e Antonio Landieri, due giovani vittime innocenti di mafia (Foto Acmos/Flickr)
Volvera (To), settembre 2023. Alcuni giovani scout a Cascina Arzilla, uno dei primi beni confiscati alle mafie in Piemonte, restituito alla collettività per trasformarlo in un luogo di legalità e impegno collettivo contro lo sfruttamento ambientale e umano. La cascina è dedicata a Rita Atria e Antonio Landieri, due giovani vittime innocenti di mafia (Foto Acmos/Flickr)

Beni confiscati alle mafie, il monitoraggio civico fa crescere la trasparenza dei comuni

Presentata oggi a Roma la terza edizione di RimanDATI, il rapporto di Libera che verifica il livello di trasparenza dei comuni sui beni confiscati. Dopo tre anni, il risultato è una maggiore accessibilità dei dati, ma il traguardo finale resta ancora lontano

Giada Zanarini

Giada ZanariniStagista

18 aprile 2024

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Comuni più trasparenti sui beni confiscati alle mafie, ma soltanto grazie all’intervento dei cittadini più attenti. Questo emerge dalla terza edizione del rapporto RimanDATI pubblicato oggi da Libera e realizzato in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di culture, politica e società dell’Università di Torino, grazie al contributo di Istat. Con il lavoro di una rinnovata comunità monitorante, composta da oltre 100 volontari e volontarie di tutta Italia, è emersa una maggiore trasparenza delle amministrazioni pubbliche per quanto riguarda la pubblicazione dei dati sui beni confiscati presenti nel loro territorio. Tuttavia questo aumento è dovuto soprattutto alle richieste di accesso civico, cioè alla domanda di pubblicazione di documenti.

Beni confiscati alle mafie: aumentano i Comuni non trasparenti. Guarda l'infografica

La trasparenza è il fine, l’accesso civico il mezzo

Tra gli enti sovracomunali, le Province di Crotone, Matera e Messina e gli enti Regione Lazio e Regione Calabria non hanno pubblicato nessun dato sui beni confiscati

Come stabilito dal Codice antimafia, gli enti locali devono mettere a disposizione dei cittadini i dati sui beni confiscati presenti sul loro territorio, pubblicandoli in un apposito elenco. L’aspetto più rilevante emerso dal nuovo rapporto è un significativo aumento del livello di trasparenza dei comuni rispetto al 2022. L’analisi si è concentrata su un totale di 1127 enti, di cui 1110 comuni e 17 realtà sovracomunali (province, regioni e altri), e si è sviluppata in due fasi. A seguito della prima ricognizione, era risultato adempiente solo il 45,5 per cento dei comuni (504); dopo la seconda ricognizione, il numero dei comuni trasparenti è aumentato a 724, facendo salire la percentuale a 65,2 per cento. “Il vero messaggio contenuto in questo report – spiega Leonardo Ferrante, referente nazionale del progetto Common - comunità monitoranti di Gruppo Abele e Libera – è che quando la società civile, specie se organizzata nelle forme di comunità monitoranti, si ‘muove per’ ottenere trasparenza (in questo senso la cittadinanza si è ‘pro-mossa’), allora il cambiamento accade”.

Tra le due fasi del lavoro c’è stato l’invio della domanda di accesso civico a tutti gli enti, compresi i comuni che risultavano inadempienti per mancanza o incompletezza di dati o mancato aggiornamento mensile del documento, per ottenere la pubblicazione dell’elenco e per verificare la capacità di risposta della pubblica amministrazione. Con la domanda di accesso civico il livello di trasparenza è salito di quasi 20 punti percentuali. “Il Report mostra l’efficacia della collaborazione tra università e società civile. Il coinvolgimento di tanti volontari e volontarie trasforma il monitoraggio civico in una forma di citizen science, scienza con i cittadini – commenta Vittorio Martone, professore dell’Università di Torino –. In un’epoca di disaffezione politica e rarefazione dell’impegno, esperienze come questa diventano veicolo di partecipazione alla vita pubblica e di riconciliazione tra cittadinanza e amministrazioni”.

Le regioni più virtuose in termini di trasparenza sono Liguria, Emilia Romagna e Puglia, mentre restano basse Basilicata, Calabria e Lazio; nel sud Italia sono 248 i comuni che non pubblicano l’elenco. Tra gli enti sovracomunali, le Province di Crotone, Matera e Messina e gli enti Regione Lazio e Regione Calabria non hanno pubblicato nessun dato sui beni confiscati.

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Non tutte le risposte sono corrette

L’aumento della quantità e della qualità dei dati pubblicati a seguito della produzione delle domande di accesso civico ha determinato un innalzamento generale del ranking

Gli enti che hanno dato risposte “pienamente corrette” (cioè inviate entro i tempi stabiliti, pubblicando le informazioni online nell’apposita sezione, inserendo un link ipertestuale nel testo della mail) sono il 44,6 per cento. Il resto delle amministrazioni non ha risposto in maniera adeguata o non ha proprio risposto, ma poiché il silenzio non è previsto dalla legge, una non risposta equivale a diniego. L’aumento della quantità e della qualità dei dati pubblicati a seguito della produzione delle domande di accesso civico ha determinato un innalzamento generale del ranking nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è di 71,6 punti. Su quelle considerate, 9 regioni sono sotto la media (Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Veneto).

Un altro aspetto riguarda, quindi, la qualità delle risposte. RimanDATI auspica che la gestione dei beni confiscati venga sempre più concepita nelle forme del governo aperto, ovvero un insieme di azioni che va dalla trasparenza amministrativa alla condivisione di decisioni strategiche assieme alla società civile che le istituzioni pubbliche (nazionali, territoriali e locali) possono intraprendere per risultare aperte, conoscibili e partecipate. Per questo motivo non è sufficiente che i comuni rendano disponibili i dati. Occorre che pubblichino l’elenco in formato tabellare, coerente alla logica degli open data (dati accessibili e di facile utilizzo) e più agevole in tema di fruibilità dei dati, e inseriscano nel corpo della mail il link che rimanda alla pagina dedicata all’elenco. Più i dati quantitativi sul numero dei beni e sulle pratiche di riutilizzo sono adeguati ed esaustivi, più è facile capire se quelle pratiche possano essere considerate buone pratiche.

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Bisogna permettere una facile comparazione dei dati

In generale, il bilancio è positivo, anche se rimane un problema di comparabilità. Nonostante l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati (Anbsc) abbia messo a disposizione dei comuni un form compilabile, la maggior parte degli enti continua a pubblicare le informazioni in forme arbitrarie e molteplici. Questo impedisce di incrociare i dati sui beni e di disporre di una filiera del dato che parta dalla confisca e arrivi al riutilizzo. Serve un sistema di raccolta dati univoco. Per questo, è stata rilanciata la proposta, già presentata nella scorsa edizione di RimanDATI, di un applicativo da mettere a disposizione degli enti destinatari di beni confiscati che preveda la compilazione via web, periodica e standardizzata, che possa integrarsi con il database già disponibile sul sito OpenRegio dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati.

Come ricorda Tatiana Giannone, responsabile nazionale del settore beni confiscati di Libera, “combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità”.

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