10 ottobre 2023
Ci sono due edifici catalogati come “collegio e convitto, educandato, ricovero, orfanotrofio, ospizio, convento, seminario”, quattro alberghi, ma anche ville, abitazioni indipendenti e centinaia di appartamenti. Sono alcuni dei beni confiscati, in via definitiva al 100 per cento, a mafie e criminalità, immobili ora in gestione all’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati (Anbsc) che potrebbero essere destinati alle amministrazioni locali e alle università e poi utilizzati dagli enti per il diritto allo studio come alloggi per studentesse e studenti. Il dato emerge da un’analisi de lavialibera basata sui dati aperti (open data) dell’Anbsc e del ministero dell’Università e della ricerca (Mur), un'analisi fatta con un obiettivo: mettere in contatto l'offerta di questo enorme patrimonio immobiliare e una domanda sempre più urgente, quella degli studenti e quella del Pnrr, che mira a creare di 60mila posti in più rispetto ai 40mila esistenti. “Utilizzare immobili confiscati può essere una delle soluzioni da mettere in campo per questo problema”, dichiara Tatiana Giannone, responsabile nazionale del settore Beni confiscati per Libera. Un modo per rispondere ad alcune esigenze, rigenerare spazi e creare valore, soprattutto sociale.
In Italia solo il 4,8% degli studenti alloggia in residenze pubbliche, molto sotto la media Ue. Per questo il Pnrr vuole creare 60mila nuovi posti letto entro il 2026. Un obiettivo ambizioso
In Italia si contano poco più di 40mila posti letto negli enti del diritto allo studio universitario o delle università e circa 4.600 nei collegi storici o legati a fondazioni. I fuorisede sono però quasi 700mila. Secondo il rapporto Eurostudent 2019-21, solo il 4,8 per cento degli studenti alloggia in una residenza pubblica, una percentuale bassa, inferiore alla media europea. Per questo motivo uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede la creazione di altri 60mila posti letto entro il 2026 investendo circa 960 milioni di euro in arrivo dall'Unione europea.
A maggio, in molte città italiane, alcune organizzazioni studentesche hanno fatto proteste contro il caro-affitti e la mancanza di alloggi montando le tende davanti agli atenei. Nello stesso periodo, in vista degli obiettivi posti dal Pnrr, la ministra dell'Università e della Ricerca Anna Maria Bernini aveva lanciato un censimento degli edifici inutilizzati da trasformare in studentati: “Abbiamo chiesto a tutti, comuni regioni, enti pubblici, enti privati, demanio, ministero della difesa di segnalarci gli immobili sfitti e disponibili, ne abbiamo messi insieme 400 per un totale al grezzo di circa 80 mila posti letto, ripeto al grezzo, che dovremmo cominciare a organizzare”, ha affermato il 14 settembre la ministra. All’elenco, sembrano mancare gli immobili che lo Stato ha tolto alle mafie, soluzione a cui aveva pensato l'Ersu Palermo. Sull’onda di quella proposta, lavialibera ha scandagliato decine di tabelle degli immobili confiscati delle regioni (dati aggiornati al 12 settembre), incrociando i dati con degli iscritti di ogni ateneo ripartiti per provincia di residenza nell'anno accademico 2021/22, e quelli sugli alloggi degli enti del diritto allo studio.
Difficile quantificare il numero esatto di alloggi disponibili (sono stati presi in considerazione soltanto quelli confiscati interamente e in via definitiva, per ridurre i rischi burocratici e procedurali), ed è altrettanto difficile che questo patrimonio possa compensare la grande carenza di studentati pubblici, ma in questo insieme potrebbero essere individuate soluzioni per studentesse e studenti. “I 28 anni di storia del riutilizzo dei beni confiscati a scopo sociale hanno dimostrato che possono essere uno strumento per il welfare, in particolare per le giovani generazioni che si stanno formando – prosegue Giannone –. Ci sono alcuni esempi di immobili usati come aule per le scuole o terreni utilizzati per scopi didattici. L’università di Napoli ‘Federico II’ ha aperto degli spazi in una villa confiscata”.
L'utilizzo sociale dei beni confiscati, una storia di oltre 25 anni
Partiamo da Milano, dove la protesta degli studenti è cominciata la scorsa primavera, con le tende piazzate davanti al Politecnico. Nei tanti atenei del capoluogo lombardo, nell’anno accademico 2021/22 c’erano 125.028 iscritti residenti in province diverse (anche nella stessa Lombardia, non necessariamente da fuori), pari al 67 per cento del totale (quasi 187mila iscritti). Un dato che dimostra sia la capacità attrattiva di Milano, sia la grande necessità di alloggi. Tuttavia i posti letto dell’ente regionale del diritto allo studio (5.259) e dei collegi (777) sono poco più di 6mila posti letto e soltanto il 5 per cento dei fuorisede può ambire a questi posti più economici.
In città, però, si potrebbe fornire a qualcuno un tetto e un letto se si riutilizzassero immobili come i 63 appartamenti, due palazzi storici “di pregio”, due abitazioni indipendenti e un albergo, confiscati in via definitiva e al 100 per cento. Inoltre nella vicina Sesto San Giovanni, ben collegata con la metropolitana, ci sono altri otto appartamenti.
A Pavia, piccola città con una storica università, nel 2021/22 erano iscritti 16.070 studenti residenti in altre province, pari al 70 per cento del totale. La disponibilità nelle residenze dell’ente regionale di diritto allo studio universitario e nei collegi è di 2mila posti letto. Anche qui, la richiesta è tanta ed è difficile da colmare, ma in città ci sono un appartamento e un’abitazione indipendente che potrebbero dare ospitalità a qualcuno.
Poco più “fortunate” Bergamo e Brescia tre appartamenti ciascuna e uno per Dalmine (Bg), sede delle facoltà di ingegneria. Potrebbero essere una soluzione per ospitare qualcuno degli oltre ottomila fuorisede iscritti alla prima (pari al 42,65% del totale), che ha a disposizione soltanto 109 posti letto, o ai 3.198 della seconda (22,73%), che tra collegi e residenze ne ha 466.
Nella capitale, nel 2021/22 erano 63.571 gli iscritti alle università cittadine in arrivo da altre province, pari al 34 per cento del totale (186.404). I posti letto pubblici? Quasi 2.700, a cui sommare gli ottocento di collegi e fondazioni, che potrebbero rispondere alla domanda del 5,5 per cento dei fuorisede. Anche qui, dare una risposta all’alta domanda è difficile, ma tra gli immobili che il Mur e le amministrazioni locali potrebbero prendere in considerazione per spingere a realizzare nuove residenza pubbliche ci sono ben 90 tra alberghi e pensioni, 31 abitazioni indipendenti, 20 ville e anche un immobile catalogato come “collegio e convitto, educandato, ricovero, orfanotrofio, ospizio, convento, seminario”. Senza contare, poi ben 117 appartamenti in condominio.
Roma. Casa popolare, un lusso per pochi
A Torino, quasi la metà della popolazione studentesca arriva da altre province (52.378 su 106.571) e anche in questo caso, di fronte alla richiesta, l’offerta di posti letto è molto bassa: in città ci sono 1.837 letti nelle strutture dell’Edisu, ente regionale del diritto allo studio (a cui aggiungere i 430 della vicina Grugliasco) e 892 nei collegi. Nel capoluogo, lo Stato ha confiscato alla criminalità 13 abitazioni indipendenti e 55 appartamenti in condominio. A Rivoli, nell’hinterland, c’è poi un albergo che potrebbe essere preso in considerazione.
Ad Aosta, dove c’è un’università piccola ma capace di attirare studenti da fuori (su 207 immatricolati nell’anno accademico 2021/22, 102 arrivano da altre regioni), risulta esserci un appartamento confiscato.
Gli iscritti all’università di Genova che frequentano l’ateneo nel capoluogo sono 27.174. Di questi, 9.711 arrivano da altre province (il 35,7%). Ci sono 990 posti letto nelle residenze dell’Agenzia ligure per gli studenti e l’orientamento (Aliseo) e 48 nei collegi. In città, però, ci sono anche 33 appartamenti e una villa confiscati tra cui, forse, potrebbe essere ricavato qualche alloggio per gli universitari.
A Venezia, Airbnb fa diminuire l'offerta di affitti per gli universitari. 13 appartamenti confiscati alla criminalità potrebbero essere trasformati in alloggi per studenti
Nelle aule cittadine dell'università di Padova (anche qui escludiamo le sedi distaccate in altri comuni) arrivano 41.600 studenti da altre province, una percentuale molto alta (72,5%). Tra Padova e la vicina Legnaro sono 1.578 i letti disponibili. Qualche opportunità potrebbe essere offerta da due appartamenti confiscati in città e i sei a Limena, comune a pochi chilometri dal capoluogo.
Nella zona di Venezia (dove, oltre alle università cittadine come Ca’Foscari e Iuav ci sono facoltà dell’Università di Padova e di Trieste) arrivano 17.751 iscritti da altre province (75,5% del totale), ma ci sono soltanto 472 letti nelle residenze dell’agenzia regionale per il diritto allo studio. Nella città, dove gli affitti per gli universitari diventano sempre più proibitivi a causa del proliferare di appartamenti affittati ai turisti tramite Airbnb, i 13 appartamenti confiscati alla criminalità potrebbero essere destinati a qualche ente locale capace di renderli alloggi per studenti.
La città universitaria per antonomasia, Bologna, attira dalle altre province d’Italia più di 48mila fuorisede, pari al 75,2% degli iscritti alle facoltà del capoluogo, percentuale molto alta. I posti letto dell’Er.Go, Azienda regionale per il diritto agli studi superiori dell'Emilia Romagna, sono 1.673, a cui si aggiungono 407 posti nei collegi. I beni confiscati qui non possono fornire un salvagente perché nei confini del comune non ci sono immobili confiscati corrispondenti ai parametri della ricerca.
Se ne trovano, invece, nella vicina Parma, alla cui università sono iscritte 18.491 persone provenienti da altre province (pari al 67% del totale). L'Er.Go ha 618 posti letto. Si potrebbero aumentare adeguando i cinque appartamenti in condominio che sono confiscati nella città emiliana
Ad Arezzo 860 studenti arrivano da altre province. In città 12 alloggi tolti alle mafie potrebbero aumentare l'offerta pubblica di posti letto
I principali atenei toscani, come Pisa e Firenze, attraggono molte studentesse e studenti da fuori: quasi 32mila il primo (il 77,3% del totale) e 30.447 (cioè il 60%) il secondo. A Pisa ci sono 459 posti messi a disposizione dell’Agenzia regionale del diritto allo studio universitario e altri 250 sono nella vicina San Giuliano Terme. Nessun alloggio confiscato in città ha i requisiti minimi scelti per l’analisi de lavialibera. A Firenze, dove i letti sono 1.075 (a cui sommare i 75 di Calenzano e i 91 di Sesto Fiorentino dell’agenzia), c’è un solo appartamento.
Chi potrebbe sfruttare l’opportunità fornita dai beni confiscati è Arezzo, dove ci sono 12 appartamenti tolti alla criminalità. In questa città c’è un campus dell’Università di Siena con tredici corsi di laurea (1.540 iscritti, di cui 860 da altre province). Altri dodici appartamenti sono a Prato, centro che dista 20 minuti di treno da Firenze, e tre a Lucca, a mezz'ora di treno da Pisa.
Sono quasi 100mila gli iscritti agli atenei di Napoli, di cui 31.261 residenti in altre province. Tra posti letto di collegi e quelli dell’Azienda per il diritto allo studio universitario della Regione Campania, si arriva a 400 posti letti. Un numero molto inferiore alla domanda (soltanto l’1,28% dei fuorisede potrebbe ottenere un posto negli studentati), ma che potrebbe aumentare se qualche immobile tra i 161 appartamenti, le otto abitazioni indipendenti e i due alberghi fossero destinati a questo scopo.
A Baronissi (Sa), dove c’è una facoltà di Medicina e chirurgia, sarebbe disponibile un immobile di 6,5 vani che – si apprende dal prospetto dei beni confiscati pubblicato dall’amministrazione comunale – è stato ristrutturato, ma non è stato assegnato. Chissà che non possa aggiungersi ai 42 posti letto dell’Adisu disponibili per ospitare i futuri camici bianchi.
A Bari arrivano circa 19mila fuorisede, pari al 40 per cento degli iscritti agli atenei cittadini. Tra alloggi nei collegi e nelle residenze dell’ente regionale del diritto allo studio, i posti sono meno di 400. In città però troviamo un’abitazione indipendente, cinque appartamenti e una villa che, se adeguatamente utilizzati, potrebbe fornire un appoggio a chi arriva da fuori per studiare. Anche i paesi limitrofi (Bitetto, Bitonto, Casamassima, Modugno e Valenzano) hanno sul loro territorio immobili confiscati.
Cagliari è una città che attrae da fuori più della metà (56,7%) degli iscritti ai suoi atenei, 13.612 persone. Anche qui i posti letto sono sotto le quattro centinaia, un numero che potrebbe aumentare se qualcuno degli otto appartamenti confiscati nella città, a Quarto S.Elena, Quartucciu e Assemini fossero destinati ad alloggio universitario.
A bordo delle barche confiscate, i minori cercano nuove rotte
Sebbene Palermo e Catania non siano ai primissimi posti tra le università più attrattive, sono atenei che attirano un buon numero di studenti residenti nelle altre province. A Palermo, ad esempio, su 41.154 iscritti ce ne sono 26.880 residenti nella provincia palermitana (e che magari devono affrontare lunghi viaggi dai loro comuni di residenza per andare a lezione) e 14.274 che arrivano da altre province, soprattutto quelle siciliane. Arrivano dalle altre regioni o dall’estero 434 iscritti. Il capoluogo ha 775 posti nelle residenze dell’Ersu e 112 in collegi. Gli immobili confiscati (31 abitazioni indipendenti, 231 appartamenti, undici ville e un collegio/convitto) potrebbero interessare all'Ersu Palermo, che a maggio aveva chiesto di poter adibire due alberghi a studentati.
A Catania, su 37.262 iscritti, risiedono nella provincia etnea 23.735. I restanti vengono dal resto della Sicilia, eccetto 216 che risultano residenti in altre città o all’estero. Ai 664 alloggi dell’Ersu Catania si sommano i 136 posti nei collegi, per un totale di 800 letti. Ancora poco. Tra gli immobili confiscati alla criminalità – 22 abitazioni indipendenti, 25 appartamenti, due ville – si potrebbe trovare qualche risorsa.
Molti altri immobili potrebbero essere utilizzabili una volta che sarà definito il loro iter giudiziario. Certo, conclude Tatiana Giannone, l’indagine svolta da lavialibera non può valutare l’esatto collocamento dell’immobile e il suo stato di conservazione, dati non disponibili nelle tabelle di Open Regio. A questo, però, potrebbe rimediare l’impegno delle amministrazioni pubbliche e delle università in collaborazione con l’Anbsc.
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