Ultras e mafie. Le tifoserie come specchio della società

Passione calcistica, ma anche affari illegali. Le trasformazioni del mondo ultras raccontano un tessuto sociale sempre più individualistico e votato all'interesse economico

Elena Ciccarello

Elena CiccarelloDirettrice responsabile lavialibera

2 settembre 2024

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Da qualche tempo, all’interno della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo guidata dal procuratore Gianni Melillo, lavora un gruppo di magistrati incaricati di seguire i casi di infiltrazione criminale ed eversiva nelle società calcistiche e nelle curve. Mai prima d’ora il più importante organo di coordinamento delle indagini su mafie e terrorismo si era occupato di questo tema. Il rapporto tra ultras e organizzazioni criminali o neonaziste, secondo Melillo, è stato "largamente sottovalutato" e questo ha lasciato campo aperto alle organizzazioni mafiose interessate a "piegare gli eventi sportivi a fini criminali".

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Vignetta di Gianlo
Vignetta di Gianlo

In attesa di conoscere i risultati di questo gruppo di lavoro, le parole del procuratore consentono di mettere a fuoco alcune questioni già emerse sul mondo del tifo contemporaneo. Dal dominio dell’estrema destra agli appetiti dei gruppi malavitosi, ritenuti oggi il rischio maggiore per le curve.

Le tifoserie organizzate sono il riflesso della società di cui fanno parte. La loro storia è lo specchio di quella italiana. Se negli anni Settanta la maggior parte dei gruppi ultras era orientata a sinistra, negli ultimi trenta-quarant’anni le curve si sono progressivamente spostate sul fronte opposto, in parte seguendo lo spirito del tempo. Oggi dentro gli stadi batte il cuore nero del Paese. E non è un caso se i due capi uccisi, Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, a Roma, e Vittorio Boiocchi a Milano, erano entrambi orgogliosamente legati all’estrema destra. L’Osservatorio sulle manifestazioni sportive del Viminale ha segnalato nel suo ultimo rapporto una crescente "tendenza a costituire gruppi ideologicamente orientati", e denunciato 126 atti di razzismo e discriminazione avvenuti nella sola stagione 2022-2023.

Calcio malato, la cura è la gente

In un calcio diventato industria, i luoghi della passione e del tifo (che restano comunque prevalenti) si trasformano più facilmente in occasioni di profitto anche per i gruppi criminali. Sia sugli spalti, sia in rapporto alle società sportive e alle attività finanziarie connesse, ad esempio, alla compravendita dei giocatori. 

Attorno allo stadio si muove un mondo di affari legali e illegali, che va dal bagarinaggio al merchandising, fino al controllo dello spaccio di droga anche all’ingrosso. In parte ci sono sempre stati, ma oggi sempre più spesso ingrassano il portafoglio di alcuni boss, anziché essere usati per sostenere le curve. "Non possiamo dire che la cultura ultras sia finita peggio perché era partita male – scrive Luca Pisapia sul blog culturale Lucy –. Piuttosto, analizzandola, e sospendendo il giudizio, possiamo riconoscere oggi nelle sue degenerazioni i riflessi di una società sempre più egoista e frammentata".

Resta un ultimo aspetto. Perché orgogliosamente avversi al potere costituito e alle sue regole, per rivendicarne di proprie, gli ultras sono spesso diventati un laboratorio su cui sperimentare nuove forme di repressione. Il Daspo, il divieto di accedere in alcuni luoghi, inizialmente solo manifestazioni sportive, è stato inventato per loro. In quella logica di "contenimento dei pericoli per l’ordine pubblico" che, come ha detto il procuratore Melillo, è prevalsa sulla capacità di intercettare interessi criminali più alti. Ma questa è un’altra storia.

Da lavialibera n° 28

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