31 ottobre 2024
La riforma del codice penale voluta dal ministro della Giustizia Carlo Nordio è legge. Nella discussione pubblica che ne ha accompagnato l’iter, l’attenzione si è concentrata sui potenziali effetti criminogeni dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Una misura, del resto, in sintonia con il decisionismo sbrigativo, ai limiti dell’autoritarismo, della maggioranza di destra al governo.
D’ora in avanti i cittadini saranno lasciati alla mercé dei funzionari e politici disposti – nella certezza d’impunità – ad abusare intenzionalmente e consapevolmente dei propri poteri, arrecando loro un danno ingiusto. Eppure, passato in sordina, in quelle disposizioni c’è persino di peggio. Si è infatti provveduto a riformulare – in pratica, rendendolo inoffensivo – il reato di “traffico di influenze illecite”.
A pensar male il provvedimento sembra calibrato su recenti casi di cronaca giudiziaria, in cui illustri ex politici e loro prossimi consanguinei, per i quali vale adesso il liberi tutti, erano stati colti in fallo mentre esercitavano la sottile arte dell’intermediazione verso i decisori pubblici. Nessuna paura: la controriforma del guardasigilli Nordio ha ristretto drasticamente il campo di applicazione di quella fattispecie ai casi in cui il “trafficante di influenze” abbia legami esistenti, concreti e deliberatamente utilizzati con il pubblico ufficiale; gli fornisca esclusivamente denaro o altra ricompensa economica; induca quest’ultimo a commettere un atto contrario ai doveri d’ufficio, ossia un reato da cui possa derivare un indebito vantaggio.
Carlo Nordio, un don Chisciotte a difesa dei potenti
Considerata la contestuale abrogazione dell’abuso d’ufficio, con un colpo solo si sono legalizzate sia le brulicanti attività dei mediatori in cui la contropartita non è monetaria, che quelle finalizzate a indurre un pubblico ufficiale a commettere uno degli ormai ex abusi d’ufficio (decisioni arbitrarie in conflitto di interessi, favoritismi indebiti, ecc.), anch’essi depenalizzati. Eppure, con una ventata di ottimismo, si potrebbe ipotizzare che il provvedimento sia in fondo volto a valorizzare un’eccellenza del made in Italy, talmente pregiata da fregiarsi di un termine – faccendiere – che non ha equivalenti in altre lingue: gli inglesi fixer o enabler certo non ne catturano la valenza evocativa.
Eminenze grigie di un potere imperscrutabile, abili procacciatori di relazioni e opportunità, faccendieri di vario cabotaggio professionale hanno spesso giocato un ruolo decisivo di triangolazione nelle interazioni sotterranee tra chiunque abbia interesse a trasformare in occasione d’affari il funzionamento della macchina statale. Figure talmente radicate nella nostra cultura che Alessandro Manzoni, ne I promessi sposi, così raffigura il personaggio più potente e ombroso del romanzo, l’Innominato, affidabile nel risolvere le istanze dei suoi favori: "Veniva anche lui a essere il faccendiere, lo strumento di tutti coloro: essi non mancavano di richiedere ne’ loro impegni l’opera d’un tanto ausiliario; per lui, tirarsene indietro sarebbe stato decadere dalla sua reputazione, mancare al suo assunto".
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