
Il forum sull'eredità olimpica di Milano-Cortina 2026 non è mai entrato in funzione

Elena CiccarelloDirettrice responsabile lavialibera

2 gennaio 2025
Siamo rimasti tutti colpiti quando abbiamo visto la gente a Valencia insultare le autorità che erano andate a vedere di persona lo sfacelo provocato dalla tremenda inondazione del 29 ottobre 2024. Il re di Spagna Felipe VI con la sua consorte, il premier Pedro Sanchez e il presidente della regione di Valencia Carlos Mazón sono stati duramente contestati con lanci di fango e di oggetti. L’invettiva è stata rivolta soprattutto verso quest’ultimo, per la sua inerzia e per non avere riconosciuto fin da subito lo stato di emergenza.
Una tribù polinesiana ci insegna il valore dello "svezzamento sociale"
Forse saremmo ancora più colpiti se venissimo a sapere che, in tutt’altra parte del mondo, e per tradizione, gli insulti al re da parte del popolo venivano ripetuti inesorabilmente una volta all’anno, e tutto ciò a prescindere da disgrazie e catastrofi. Si tratta di un tipico rituale di ribellione (come hanno sostenuto alcuni antropologi), che ha fortemente caratterizzato la cultura degli Swazi, una popolazione del Sud Africa, fondatori di uno dei regni più importanti di quella regione, insieme all’emergente regno degli Zulu.
Così come è stato studiato da Hilda Kuper (1911-1992) a cominciare dagli anni Trenta del Novecento, il ncwala era un rituale che si teneva annualmente soltanto quando il sovrano era nel pieno del suo potere: non quindi durante i periodi di reggenza o quando un sovrano designato si trovava ancora in condizioni di minorità. Il sovrano è, infatti, l’attore principale del ncwala e il ncwala, la più importante delle cerimonie del regno, coinvolge tanto il sovrano e le altre forme di potere, quanto l’intera società.
Il ncwala era un rituale che si teneva annualmente soltanto quando il sovrano era nel pieno del suo potere
Il regno degli Swazi sussiste ancora: riconosciuto come Stato indipendente, è designato come regno di eSwatini e tuttora viene praticato il ncwala. Da quanto si può comprendere, nella versione attuale il rituale è stato però depurato in buona parte degli aspetti così vistosamente anti-potere che avevano indotto alcuni antropologi – tra questi in primo luogo Max Gluckman (1911-1975) – a classificarlo nella categoria dei rituali di ribellione.
L'insulto come ricetta per la pace
Il rituale ncwala è strettamente collegato a eventi astronomici, in particolare al solstizio che in dicembre segna l’inizio dell’inverno nell’emisfero boreale e dell’estate nell’emisfero australe. Proprio grazie a questo ancoraggio astronomico, il rituale si configura come la rappresentazione drammatica del declino e della rinascita del potere. Nei quindici giorni del ncwala si assiste, infatti, a eventi particolarmente drammatici per quanto riguarda la tenuta del potere regale.
Essi sono (o meglio, erano): il saccheggio della capitale del sovrano; l’espressione di sentimenti di odio e disprezzo nei suoi confronti da parte della popolazione; la reclusione del sovrano nel suo recinto sacro e l’assalto da parte dei prìncipi a lui ostili e, infine, la ricomparsa del sovrano. Il tono dei canti e delle danze da parte della gente non può non avere destato sorpresa negli europei, abituati – come aveva sottolineato Hilda Kuper in un articolo del 1944 – ad assistere nei loro Stati a celebrazioni nazionali, all’esaltazione della regalità, alla magnificazione delle virtù nazionali, alla glorificazione del proprio paese.
Un antico regno dell'Uganda ci insegna che il "noi" sopravvive al potere
Al contrario, tra gli Swazi il tema prevalente dei canti durante il ncwala era "l’odio nei confronti del re e il suo rifiuto da parte del popolo". Le parole dei canti sono poche, ma nella loro povertà e durezza tremende, anche perché ripetute più e più volte, accompagnate da suoni ed espressioni insistenti, prive di significato verbale, come se fossero armi acuminate che si ficcano per sempre nella memoria di chi le pronuncia, di chi le ascolta e di colui (il sovrano) verso cui sono rivolte.
In questo modo, al re vengono ricordati i suoi nemici, che si trovano non soltanto nella popolazione ma anche tra i membri della famiglia regale, alludendo che anche coloro che non partecipano al ncwala compiono "un atto di ribellione, di ostilità e di odio personale verso il sovrano".
Ma il ncwala è davvero un rituale di ribellione come sosteneva Gluckman o non piuttosto un rituale di rappresentazione drammatica della ribellione, che la evoca e ne rappresenta periodicamente la possibilità? Il dramma della ribellione si conclude infatti con la danza trionfante del sovrano a capo del suo esercito, con la vittoria del sovrano sui suoi nemici interni, reperibili sia tra il popolo sia nella famiglia regale.
Il dramma della ribellione si conclude con la danza trionfante del sovrano a capo del suo esercito, con la vittoria del sovrano sui suoi nemici interni
E tuttavia, la drammatizzazione feroce dell’odio, del disprezzo, della rivolta nei confronti del potere costituisce pur sempre un elemento sostanziale e ineludibile del ncwala tradizionale: tutti gli anni viene rappresentato il dramma nella sua duplice componente – ribellione contro il sovrano e sua vittoria, ottenuta con una danza inedita che lui solo, tutti gli anni, dovrà essere in grado di inventare –, quasi a ricordare al sovrano che la sua vittoria o il suo trionfo non è per sempre.
Potere interrotto, linfa per l'umanità
Tutti gli anni, al solstizio d’inverno, essi vanno riconquistati contro l’odio, il disprezzo, la rivolta che, lungi dall’essere eliminati, serpeggiano tanto tra il popolo, quanto tra i prìncipi. Il ncwala è dunque un monito che si ripete con fatidica, inesorabile regolarità. Non si attendono catastrofi e disgrazie per ricordare al sovrano che il suo potere non è assoluto, ma deve essere posto al servizio della società.
Da lavialibera n° 30, Nessuno mi può giudicare
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti