Alcune delle opere realizzare per Libera da Betta Ognibene
Alcune delle opere realizzare per Libera da Betta Ognibene

Trent'anni di Libera, quel logo divenuto simbolo di una nuova identità

Il nome e il marchio di Libera sono un'idea di Elisabetta Ognibene, storica grafica dell'associazione. Abbiamo ripercorso con lei le tappe fondamentali di questa storia trentennale

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

1 marzo 2025

Una telefonata nell’autunno del 1994 e la richiesta di creare l’identità di una nuova associazione che racchiudesse le anime dell’antimafia sociale. Una sfida accettata e vinta da Elisabetta “Betta” Ognibene, storica grafica di Libera che ha proposto il nome e il marchio che poi avrebbe contraddistinto trent’anni di manifesti, campagne e lotte. "Il confronto con Luigi, che è il vero direttore artistico, è stato fondamentale", racconta mentre riporta alla mente alcuni ricordi, dalle prime bocciature fino alla nascita di un duraturo rapporto di amicizia.

Quale è stato il processo di creazione del nome e del logo della nuova associazione?
L’inizio è stato uguale a ogni altro progetto che è arrivato in studio. Per capire nome e marchio bisogna creare qualcosa che rimanga nella testa delle persone, alla fine la sfida è fare sintesi. L’avvio di un’identità nuova è forse la parte più impegnativa, perché deve rispecchiare la mission. Quando Luciano Violante, che era insieme a Luigi Ciotti, Gian Carlo Caselli e altri, mi chiese di lavorare sul simbolo, sapevo che il compito era importante. Per me è stata una novità, perché ero specializzata in comunicazione di pubblica utilità, per sanità, teatri ed enti pubblici. Parlavamo di politica e di cultura, ma non di argomenti come la lotta alle mafie. L’approccio è stato complicato. I primi nomi vennero scartati e il progetto iniziale, che avevamo inviato per posta a Firenze, dove il gruppo si era riunito, venne bocciato. Il tempo a nostra disposizione per consegnare era molto limitato e così, mentre riflettevo sui concetti di liberazione e di riappropriazione dello spazio pubblico, con la mia calligrafia scrissi “Libera” con i gessetti colorati su sfondo nero, come fosse una lavagna. Un gesto di liberazione e lotta. E per “liberazione” mi riferisco a quella partigiana. All’inizio non erano molto convinti, ma il tempo ha dimostrato che funziona.

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