La delegazione di politici e parlamentari dell'Alleanza Verdi e sinistra (Avs) in Palestina
La delegazione di politici e parlamentari dell'Alleanza Verdi e sinistra (Avs) in Palestina

Occhi in Palestina, delegazione di Avs in Cisgiordania: "Le persone come topi in gabbia"

Il gruppo ha visitato la città di Jenin, dove ha incontrato la popolazione e le istituzioni locali. Dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, i Territori palestinesi occupati hanno visto aumentare la violenza dell'esercito israeliano

Marco Panzarella

Marco PanzarellaRedattore lavialibera

30 aprile 2025

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Nei giorni scorsi una delegazione di parlamentari di Alleanza Verdi Sinistra è atterrata a Tel Aviv per poi raggiungere Ramallah, HebronJenin, città simbolo della resistenza palestinese all'occupazione israeliana, nell’estremo nord della Cisgiordania. La missione si chiama “Occhi in Palestina” e coinvolge Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Peppe De Cristofaro, Marco Grimaldi, Franco Mari e Luisa Morgantini.

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L’obiettivo è osservare da vicino le condizioni di vita dei palestinesi, incontrare esponenti della società civile e dell’Autorità nazionale palestinese, che dal 1996, in base agli accordi di Oslo, ha il controllo della città. O almeno così dovrebbe essere. Il programma prevede poi il ritorno a Gerusalemme, e una serie di incontri con esponenti dei movimenti israeliani per la fine della guerra e dell’occupazione e con i membri della Knesset, il parlamento d’Israele.

Sotto attacco

Il 29 aprile, lavialibera ha raggiunto telefonicamente Marco Grimaldi, vice capogruppo di Avs alla camera dei deputati. “Siamo davanti a uno dei cento cancelli che sono comparsi davanti al campo profughi di Jenin ed è stata l’ennesima giornata agghiacciante. Abbiamo incontrato il governatore della città, che fin da subito è apparso molto commosso. Mentre parlavamo, ha tirato fuori dalla tasca la foto di un giovane medico, che avrà avuto una ventina d’anni. Ci ha raccontato che mentre si trovava a casa ha sentito degli spari, si è voltato e ha detto a quel medico di aiutare le persone ferite. Solo allora abbiamo capito che il ragazzo del racconto era suo figlio. Piangendo, ha ripetuto che è stato lui a mandarlo a morire. Il figlio è stato ammazzato dai soldati israeliani, che hanno sparato una raffica di ventidue colpi”.

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Poco prima dell'arrivo della delegazione, la zona est di Jenin ha subito l’ennesimo, violento attacco. “Questa è la storia di un’occupazione – prosegue Grimaldi – che si è fatta più dura dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. L’apartheid in Palestina sta stringendo le sue maglie e da quel giorno Jenin è stata presa di mira sedici volte. L’obiettivo principale sono le infrastrutture, a partire da quelle idriche, che lasciano senza acqua le abitazioni ma soprattutto l’ospedale”.

Dal 7 ottobre 2023 Jenin è stata presa di mira sedici volte. L’obiettivo principale sono le infrastrutture, a partire da quelle idriche, che lasciano senza acqua le abitazioni ma soprattutto l’ospedale

In questi mesi Avs è stata aspramente criticata per aver definito l’operazione militare israeliana in Palestina un “genocidio”. “Non parliamo soltanto dei 60mila morti a Gaza, di quel 10 per cento della popolazione eliminato – spiega Grimaldi – ma anche di pulizia etnica, di una forma di segregazione. Osservando da vicino le città palestinesi confinate nella West Bank si capisce che in questi luoghi la gente è come se vivesse in carcere".

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"Sono dei topi in gabbia – insiste Grimaldi – e la loro stessa esistenza è una forma di resistenza. Ci hanno accusato di essere antisemiti ma non è così, non abbiamo mai confuso i popoli con gli Stati e i loro governi. È vero anche che stiamo osservando una fascistizzazione della società israeliana e chi non la pensa come il governo Netanyahu è accusato di alto tradimento. Bisogna far valere il diritto internazionale, occorre fare di tutto per fermare la guerra e l’occupazione”.

Senza cibo

Intanto il 28 aprile il Pam – il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite – ha consegnato le ultime scorte di cibo alle popolazioni confinate nella Striscia di Gaza, dove dall'inizio della guerra non è permesso uscire ma neppure entrare, veto quest'ultimo esteso anche ai giornalisti internazionali. Come si legge in una nota diffusa dal Centro regionale di informazione delle Nazioni Unite, le scorte di cibo, che soddisfano soltanto il 25 per cento del fabbisogno alimentare giornaliero e che fino ad oggi hanno permesso a molte persone di sopravvivere, sono terminate. 

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Da oltre cinquanta giorni a Gaza non arrivano rifornimenti umanitari perché Israele ha chiuso tutti i principali valichi di frontiera. "Si tratta della chiusura più lunga che la Striscia di Gaza abbia mai affrontato, aggravando la già fragile situazione dei mercati e dei sistemi alimentari", spiegano dall'Onu.

Per mesi il Pam ha anche sostenuto i panettieri locali, che hanno potuto vendere il loro pane ai gazawi a prezzi calmierati, ma dal 31 marzo tutti i 25 panifici hanno chiuso a causa dell’esaurimento della farina di grano e del carburante per cucinare, tant'è che la gente per preparare i cibi è costretta a bruciare oggetti di ogni tipo. I prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 1.400 per cento e compra solo chi può permetterselo: bambini, donne incinte o che allattano e anziani rischiano più di tutti.

I prezzi del cibo sono aumentati del 1.400 per cento e compra solo chi può permetterselo: bambini, donne incinte o che allattano e anziani rischiano più di tutti

L'assurdità della situazione è che il cibo c'è e dista solo pochi chilometri, ma al momento non può essre distribuito a Gaza dal Pam e dagli altri operatori. Si stima, infatti, che oltre 116mila tonnelate di aiuti alimentari in grado di sfamare un milione di persone per quattro mesi, siano ferme nei corridoi di assistenzal e fin quando le frontiere rimarranno chiuse non è possibile consegnarlo. Il rischio è che senza un’azione urgente l’assistenza del Pam sia costretta a terminare, lasciando morire di fame la popolazione prigioniera nella Striscia.

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