Corridoio del carcere Lorusso e Cutugno di Torino, 31 marzo 2022 (Foto di Marco Panzarella)
Corridoio del carcere Lorusso e Cutugno di Torino, 31 marzo 2022 (Foto di Marco Panzarella)

Il dl Sicurezza "chiude" il carcere, ma i giudici aprono al diritto all'affettività per i detenuti

Mentre il governo promuove un modello penitenziario sempre più chiuso e afflittivo, in carcere si apre uno spiraglio all'affettività. Sembra un paradosso, ma in realtà è quello che sta accadendo tra scelte politiche e l'inevitabilità di dare seguito a una sentenza della Corte costituzionale

Andrea Oleandri

Andrea OleandriResponsabile comunicazione di Antigone

27 giugno 2025

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Il carcere si racconta oggi con parole contrastanti: mentre da un lato spuntano le prime reali “stanze dell’amore”, dove i detenuti possono finalmente vivere momenti di intimità affettiva; dall’altro, una legge recentemente approvata trasforma in reati e pene sempre più severe forme di protesta, di dissenso, e peggiora condizioni già critiche.

"Notizie dal carcere": la rubrica de lavialibera a cura di Antigone

L’affettività in carcere: dal diritto alla pratica

Ad aprile scorso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha emanato una circolare per attuare la sentenza della Corte costituzionale del gennaio 2024 e dare seguito alle recenti pronunce di alcuni tribunali di sorveglianza. La Consulta si era pronunciata – come spiegavamo in questo articolo – in merito ad una questione di costituzionalità presentata dal magistrato di sorveglianza di Spoleto, dichiarando illegittimo l’articolo 18 dell’Ordinamento penitenziario che, in materia di colloqui visivi, imponeva il controllo a vista.

Nonostante questa decisione nulla si è mosso fino a quando, nei primi mesi del 2025, almeno tre tribunali di sorveglianza hanno accolto ricorsi di persone detenute che chiedevano di poter esercitare questo loro diritto (in alcuni casi indicando un termine perentorio entro cui l’amministrazione penitenziaria dovesse garantirlo). Da qui l’accelerazione che ha portato il Dap a emanare una circolare che fornisce indirizzi operativi per garantire il diritto all’affettività delle persone detenute.

Gli istituti penitenziari dovranno mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili. Almeno 32 istituti ne sono già provvisti: un importante passo in avanti, che ora andrà esteso a tutte le carceri

In particolare viene demandata ai direttori degli istituti penitenziari il compito di attrezzarsi per mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili. Inoltre viene sottolineato come le richieste di colloqui intimi vadano valutate caso per caso, considerando la stabilità della relazione, la condotta del detenuto e le esigenze di sicurezza, prevedendo anche una dichiarazione congiunta delle parti e documentazione a supporto della relazione. Si prevede infine che gli istituti dovranno individuare e, se necessario, adeguare locali per garantire privacy e sicurezza e che le visite intime non avranno una frequenza prestabilita uguale per tutti, ma saranno valutate individualmente, anche in base alla capienza e alle risorse dell’istituto.

A quanto si apprende già almeno 32 istituti – tra cui Parma e Terni (che erano al centro dei ricorsi accolti dai tribunali di sorveglianza) – sono provvisti di vere e proprie stanze dotate di letto, servizi igienici e sorveglianza dall’esterno. I primi colloqui sono stati svolti tra fine aprile e maggio.

Un importante passo in avanti, che ora andrà esteso a tutte le carceri presenti nel paese (le 189 per adulti e le 17 per minorenni).

Il dl sicurezza diventa legge nonostante le proteste. La parola d'ordine è repressione

“Decreto sicurezza”: come seppellire in carcere migliaia di persone

Sul versante opposto, il decreto sicurezza n. 48/2025 – presentato come legge d’emergenza – è stato approvato il 4 aprile, trasformato in legge il 9 giugno (entrata in vigore 10 giugno) con 109 sì, 69 no e un astenuto. Si tratta di un provvedimento che introduce 14 nuove fattispecie di reato e nove aggravanti all’interno del codice penale, con un impatto sul carcere che potrebbe portare gli attuali drammatici tassi di sovraffollamento a livelli mai raggiunti nel nostro paese, neanche negli anni tra il 2009 e il 2013, quando le condizioni inumane e degradanti generalizzate costarono all’Italia la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il nuovo decreto sicurezza introduce nel codice penale 14 fattispecie di reato e 9 aggravanti, con un impatto sul carcere che potrebbe portare gli attuali drammatici tassi di sovraffollamento a livelli mai raggiunti nel nostro paese

Due norme specifiche riguardano direttamente il carcere, quella che rende facoltativo e non più obbligatorio il differimento della pena per le donne incinte o con neonati fino a un anno, con l’aggravante che ora – in caso di comportamenti ritenuti “a rischio”, senza che questo rischio venga qualificato e specificato in alcuna maniera – sarà possibile sottrarre il figlio affidandolo ai servizi sociali. Poi il nuovo reato di “rivolta penitenziaria” che, applicandosi anche agli episodi di protesta pacifica e nonviolenta, avrà una ricaduta enorme. In Senza respiro, l’ultimo rapporto sulle condizioni di detenzione presentato alla fine di maggio, Antigone ha provato a fare un calcolo. Se solo nel 2024 si sono registrati 1.500 episodi di protesta non violenta (coinvolgendo almeno 6mila detenuti), e a ognuno di loro fosse applicata una pena media di quattro anni, il carico aggiuntivo supererebbe i 24mila anni di carcere.

Carcere senza respiro, il nuovo report di Antigone

Uno sguardo aperto sul carcere non può passare solo dalla Consulta

Questi due approcci sul carcere, come si diceva in apertura, non sono un paradosso, ma il frutto di una sempre più marcata divergenza tra cosa il carcere dovrebbe essere e come il carcere viene inteso.

Da una parte c’è la visione a cui fa riferimento la Corte costituzionale che, per garantire il rispetto dei diritti costituzionali, promuove un modello di detenzione orientato al reinserimento sociale della persona detenuta. Dall’altra quella del governo che prevede invece politiche repressive e allarga la criminalizzazione a diverse forme di protesta e dissenso, trasformando il carcere e la pena in strumenti di propaganda politica.

Antigone ha già preannunciato che ricorrerà nei tribunali contro alcune delle norme del decreto sicurezza, ma è chiaro che la politica penale e penitenziaria non può essere solo patrimonio della Consulta, ma deve diventare l’orizzonte di tutti i soggetti interessati al rispetto dei diritti su cui si regge il nostro modello democratico.

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