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Vittima di bulli, solitudine insostenibile

Quando sei presa di mira è difficile parlarne con qualcuno e dare un nome a quel che sta accadendo. Nella mia esperienza, insegnanti e compagni sono stati un muro. Ed è a loro che rivolgo il mio appello

Agnese De Gaetano

Agnese De GaetanoStudentessa e tirocinante de lavialibera

1 luglio 2025

Durante gli anni del liceo ho subito atti di bullismo. Non ho mai compreso il motivo di questo comportamento, non conoscevo nessuno prima dell'inizio della scuola e non c'era stato il tempo di provocare torti a qualcuno o risultare antipatica. Sono stata isolata dalle mie compagne, trascorrendo tre anni abbastanza solitari in quell'aula, fatti di esclusione totale, bassa autostima e sofferenza psicologica.

Può sembrare strano, ma l'arrivo del covid è stata la mia salvezza. Dopo le vacanze di Carnevale, a metà anno della terza superiore, è arrivato il lockdown e piano piano sono rinata. Non avevo mai parlato con nessuno di ciò che succedeva in classe per paura delle conseguenze. Ero convinta che confidarmi con un professore avrebbe peggiorato le cose o, peggio ancora, che ciò che stavo vivendo fosse solo nella mia testa. Oppure che non fosse abbastanza grave da poter chiedere aiuto.

Bullismo, con chi confidarsi? Genitori o insegnanti?

Sono riuscita a parlarne con un'altra professoressa solo a pochi mesi dalla maturità, dopo l'ennesimo episodio spiacevole, ma mi fu risposto che era trascorso troppo tempo e di nuovo si decise di non fare nulla

Durante i mesi iniziali della prima superiore ho raccontato a casa i piccoli episodi che mi succedevano, con l'effetto di suscitare nei miei genitori il desiderio di aiutarmi. Mio padre avrebbe voluto accompagnarmi in classe per parlare con i professori, ma da quattordicenne questa cosa mi provocava un certo imbarazzo, e gli chiesi di non farlo. Avevo pregato anche mia madre di non fare nulla, ma solo qualche anno fa ho scoperto che ebbe un colloquio con la coordinatrice di classe per provare ad aiutarmi. Purtroppo quell'incontro si rivelò del tutto inutile, la notizia rimase lì e nessuno altro collega ne fu informato.

Adolescenza, per i giovani è l'età del disordine

Sono riuscita a parlarne con un'altra professoressa solo a pochi mesi dalla maturità, dopo l'ennesimo episodio spiacevole, ma mi fu risposto che era trascorso troppo tempo e di nuovo si decise di non fare nulla. Devo comunque dire che la coordinatrice di classe si rivelò una perla rara e una volta restò ad ascoltarmi per un pomeriggio intero: è stata fra i pochi docenti (soltanto due su quattordici) a mostrare dispiacere, o semplicemente a riconoscere l'accaduto. L'ascolto di una figura di riferimento si è rivelato importante, perché contribuì a rendere valida e veritiera la mia esperienza: non era più tutto solo nella mia testa.

Imparare una nuova normalità

Sono passati diversi anni dalla fine della scuola e fortunatamente non vivo più la stessa ansie non soffro più costantemente di attacchi di panico, pur convivendo con una cicatrice che forse non andrà mai via. Si vive meglio fuori da quel contesto, anche se all'inizio è strano, devi resettare il tuo cervello. La sensazione più bella dopo la maturità è stata sapere che nessuno all'università o in nuovi contesti avrebbe saputo ciò che ho vissuto fra i banchi. Questa nuova condizione mi ha aiutato a lasciarmi tutto alle spalle e dimenticare le sensazioni negative.

Imparare a fallire per diventare grandi

Lo spettatore non è innocente

Il mio appello è quindi rivolto agli insegnanti: ascoltate i vostri studenti, ciò che vi dicono e che vi vorrebbero far sapere

Ripensando all'esperienza vissuta durante il liceo, mi sconvolge ancora il ricordo della totale indifferenza mostrata dai miei professori e dalle compagne. Chi avrebbe dovuto offrire supporto e comprensione ha invece mantenuto un atteggiamento menefreghista, ma la scuola ha bisogno di insegnanti per tutti gli studenti e non solo per alcuni, come testimoniano la gran parte delle storie di bullismo.

A proposito, il bullismo non coinvolge solo bullo e vittima ma anche una serie di spettatori che hanno un ruolo determinante, come professori e compagni, che però spesso assistono senza proferire parola.

Il mio appello è quindi rivolto agli insegnanti: ascoltate i vostri studenti, ciò che vi dicono e che vi vorrebbero far sapere. Non importa quale sia il vostro ruolo all'interno del corpo docenti, non importa se quell'anno siete coordinatori di classe o meno, mettete al primo posto l'empatia e l'ascolto. Fate sentire che ci siete, rendetevi disponibili ad ascoltare e a capire. I campanelli di allarme sono tanti e visibili.

Alle ragazze e ai ragazzi che stanno vivendo situazioni insostenibili vorrei dire che esiste l'Associazione contro il bullismo scolastico (Acbs) che con un team di volontari si impegna a diffondere consapevolezza sul fenomeno. I loro volontari offrono supporto a chiunque stia vivendo una situazione simile. Durante le superiori avrei voluto essere a conoscenza di una realtà come questa, che certamente mi avrebbe aiutato ad affrontare un periodo difficile della mia vita.

Da lavialibera n° 33, Giochi insostenibili

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