
Dopo il suicidio di Hamid, va fermata la "catena degli svantaggi"

4 luglio 2025
Non conferma ma non esclude: mentre cinque Stati membri (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Finlandia) e l’Ucraina annunciano il ritiro dal trattato internazionale di messa al bando delle mine antiuomo, la Commissione europea, contattata da lavialibera, non chiarisce se l’eventuale acquisto di questi ordigni potrà essere finanziato attraverso il piano ReArm Europe.
La “Convenzione internazionale per la proibizione dell'uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo e relativa distruzione”, conosciuta anche come Trattato di Ottawa dalla città dove è stata firmata nel 1997, vieta ai 166 Stati che hanno scelto di aderire di ricorrere a questi ordigni. Tra i firmatari non ci sono Russia, Stati Uniti e Cina, mentre tutti i 27 Stati dell’Unione europea l’hanno ratificata.
Negli scorsi mesi, però, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Finlandia hanno avviato le procedure per ritirarsi, evocando la necessità di “usare ogni misura necessaria” per difendersi dalla minaccia russa. Domenica 29 giugno, anche l’Ucraina ha compiuto questo passo, nonostante l’articolo 20 vieti il ritiro durante i conflitti armati: “Con questa mossa politica vogliamo mandare un segnale a tutti i nostri partner: questa minaccia riguarda tutti i Paesi lungo i confini con la Russia – ha dichiarato il presidente Zelensky –. Le mine antiuomo spesso non hanno alternative come strumento di difesa”.
Ad oggi, i documenti ufficiali non precludono questa possibilità: il regolamento Safe (Security Action For Europe), approvato dal Consiglio europeo lo scorso 27 maggio, prevede che i prestiti erogati agli Stati membri per aumentare le proprie capacità di difesa (150 miliardi di euro in totale) possano essere utilizzati anche per coprire l’acquisto di “capacità di combattimento terrestre e relativi sistemi di supporto” e “contromobilità”, categorie – aggiunte rispetto alla proposta della Commissione – nelle quali potrebbero ricadere anche le mine antiuomo. L’altro strumento di finanziamento previsto dal piano, che permette di sottrarre gli investimenti militari degli Stati membri dai vincoli del patto di stabilità fino a 650 miliardi di euro, copre la “spesa totale per la difesa”, senza distinguo rispetto alla tipologia di armi acquistate.
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Alla domanda se le mine antiuomo saranno escluse esplicitamente dal campo di applicazione dei due strumenti finanziari, una portavoce della Commissione non ha risposto. “Questo è uno dei temi su cui la società civile internazionale dovrà mobilitarsi e fare lobbying – dice a lavialiberaGiuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine –. Non possiamo permettere che fondi europei vengano utilizzati per questo scopo, e visto l’andamento non escluderei che questo possa accadere”.
L’ambiguità delle istituzioni comunitarie rispetto alla questione delle mine antiuomo emerge anche da recenti prese di posizione e silenzi. Se poco più di un anno fa, il 27 maggio 2024, il Consiglio dichiarava che “l’uso delle mine antiuomo resta assolutamente inaccettabile per l’Unione europea ovunque, in qualsiasi momento e da parte di chiunque”, oggi la Commissione, nelle parole di una portavoce sentita da lavialibera, si limita a “constatare” la decisione di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Finlandia di ritirarsi dal trattato. Non solo: lo scorso aprile, stando a quanto riporta Euronews, il parlamento europeo ha bocciato una proposta di emendamento che “condannava fermamente l’intenzione di alcuni Stati membri di ritirarsi dalla Convenzione del 1997” e ha invece approvato una mozione, proposta dal Partito popolare europeo, che giustificava questa scelta.
"Diamo soldi per sminare e poi permettiamo agli Stati membri di minare: è un circolo vizioso contrario allo spirito della Convenzione"Giuseppe Schiavello - Campagna italiana contro le mine
Intanto, l’Ue continua a rivendicare il ruolo di “secondo finanziatore globale” di missioni di sminamento, con 180 milioni di euro investiti dal 2023, e l’obiettivo di “liberare il mondo dalle mine antiuomo entro il 2025”, fissato nella Conferenza di Maputo del 2014. Schiavello evidenzia il paradosso: “Diamo soldi per sminare e poi permettiamo agli Stati membri di minare: è un circolo vizioso contrario allo spirito della Convenzione”. Intanto, le esplosioni continuano a uccidere: secondo il Landmine Monitor, nel 2023, anno a cui si riferiscono i dati più recenti, le mine antiuomo e altri ordigni inesplosi hanno ucciso 1983 persone nel mondo e ne hanno ferite 3663, un aumento del 22 per cento rispetto all’anno precedente. Nell’84 per cento dei casi si tratta di civili, nel 37 per cento di questi le vittime sono bambini.
"Non esistono 'mine intelligenti'. Lo sarebbero se distinguessero un bambino da un soldato, invece non lo fanno"Vito Alfieri Fontana
“Sono armi che hanno un’efficacia limitatissima dal punto di vista militare, ma un impatto post-bellico enorme, soprattutto a danno dei civili”, spiega a lavialiberaVito Alfieri Fontana, ex produttore di mine, oggi sminatore. A nulla valgono le innovazioni tecnologiche e le etichette “smart mine”: “Cosa dovrebbe fare una mina per essere intelligente? Distinguere un bambino da un soldato. Invece non lo fa – continua –. Oggi si parla di sistemi di disattivazione automatica dopo due o tre mesi, ma in quei due o tre mesi una mina può comunque uccidere civili. Dato che devono costare poco, poi, non è raro che ci siano guasti e che funzionino in modo imprevedibile. Così, l’intelligenza diventa follia pura”.
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Ci vorranno ancora mesi prima che l’uscita di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Finlandia dal trattato di Ottawa diventi effettiva, e ancor di più perché inizino a rifornirsi. Quel che è già certo è che in Europa è caduto un tabù, che rischia di innescare un pericoloso effetto domino: “Stanno saltando tutti i vincoli morali – conclude Alfieri Fontana –. Stiamo andando incontro allo sgretolamento della Convenzione, che non ha altro scopo se non quello di risparmiare vite umane”.
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