
21 marzo, Luigi Ciotti: "Liberiamo l'Italia da mafie e disuguaglianze"

13 marzo 2025
Sono favorevole a una difesa comune europea, persino a un esercito condiviso, ma credo che l’Ue debba prima ripensare la propria politica estera. Durante questi anni di guerra in Ucraina, l’Unione europea non ha messo in campo iniziative diplomatiche significative. È sorprendente che, proprio quando le parti in conflitto decidono di sedersi a un tavolo – con la pericolosa protezione di Donald Trump – l’Europa resti fuori dall’avvio del negoziato.
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Perché l’Ue non rivendica un ruolo al tavolo delle trattative per garantire un accordo più equo, rispettoso dell’Ucraina, delle sue vittime e della distruzione subita? Un negoziato non dovrebbe permettere a Putin di mantenere i territori occupati, come pare gli abbia proposto Trump, né consentire a quest’ultimo di sfruttare le risorse minerarie ucraine come risarcimento per i soldi spesi.
Se l’obiettivo è porre fine alla guerra e costruire la pace, bisogna trattare con tutti. Questo non è stato fatto. Era necessario sostenere militarmente l’Ucraina invasa, ma l’Europa avrebbe dovuto anche avviare percorsi diplomatici. Non lo ha fatto, mantenendo una posizione troppo subordinata agli Stati Uniti.
La presidenza di Trump è una sciagura per l’umanità, ma anche i governi democratici precedenti hanno alimentato e gestito lunghi conflitti. L’Europa avrebbe dovuto rivendicare un proprio ruolo nella diplomazia, nel dialogo e nel confronto. Gli accordi di Helsinki, che hanno dato vita all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), sono nati proprio nel Vecchio Continente per promuovere la pace. È stato un grave errore non avviare prima delle iniziative diplomatiche. Non perché non fosse giusto fermare Putin, ma perché si sarebbero dovute esplorare fin dall’inizio anche altre strade.
Ora Trump propone a Putin di annettere i territori conquistati, mentre lui si prende le terre rare ucraine come compensazione per i soldi spesi, magari facendo cadere Zelensky. E l’Europa? Invece di esigere un posto al tavolo per una pace giusta, risponde con il riarmo, assumendo il ruolo finora svolto dagli Stati Uniti.
Non contesto gli investimenti nella difesa, ma il fatto che ogni Stato proceda per conto proprio. Vedremo la Francia perseguire la sua strategia con la bomba atomica, il Regno Unito riavvicinarsi all’Ue senza abbandonare altri percorsi, la Germania e l’Italia armarsi in autonomia. Molti sostengono che un esercito comune sia ancora lontano e che oggi sia prioritario rafforzare la difesa. D’accordo, ma c’è una differenza tra costruire gradualmente una difesa comune e investire 800 miliardi nel riarmo dei singoli Stati. Di questa somma, 150 miliardi saranno finanziamenti europei, il resto sarà spesa autorizzata al di fuori dei vincoli di bilancio.
Seguendo il modello Nato, aumenteremo le difese nazionali con eserciti e sistemi separati, invece di investire in un coordinamento comune o in sistemi satellitari autonomi per liberarci dalla dipendenza dallo Starlink di Elon Musk. Eppure, sommando i bilanci nazionali, spendiamo già più della Russia per la difesa. Il problema è che non siamo coordinati. Trump ha detto all’Europa: “Armatevi, perché noi vi abbandoniamo. Comprate i nostri satelliti e le nostre armi”. Ho paura che andrà esattamente così: l’Europa si limiterà ancora una volta a seguire gli Stati Uniti, invece di affermare la propria autonomia.
Sabato 15 marzo parteciperò alla manifestazione per testimoniare la mia idea di Europa, che non è quella di una potenza pronta a unirsi alla corsa al riarmo delle superpotenze. Andrò per dire che l’Europa deve invertire la logica della pax romana: da secoli seguiamo il principio “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, ma i risultati sono stati solo guerre, senza risolvere le cause che le hanno scatenate.
Pace: una parola, mille modi di intenderla
Vorrei un’Europa che, soprattutto sotto la guida di una donna, seguisse un’altra strada: “Se vuoi la pace, prepara la pace”, investendo nella diplomazia e nel dialogo. Invece di umiliare le Nazioni Unite, come sta facendo anche l’Italia, dovremmo riaprire il libro del multilateralismo e pensare a un nuovo ordine mondiale. Perché l’Unione europea è nata per la pace e non può costruire il proprio futuro sul riarmo.
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