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8 luglio 2025
Sono tornate a crescere le intimidazioni agli amministratori locali. Dopo quasi cinque anni di calo, nel 2024 hanno segnato una risalita: 328 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza censiti da Avviso pubblico, l’associazione di enti locali e regioni contro mafie e corruzione. I casi sono in salita del 4 per cento rispetto al 2023. I sindaci sono il bersaglio preferito, ma non mancano assessori, consiglieri, funzionari e candidati, soprattutto nei piccoli comuni. Si tratta di alcuni dati contenuti nel rapporto annuale Amministratori sotto tiro, presentato martedì 8 luglio.
Da 15 anni Avviso pubblico conduce ricerche, raccolta e analisi accendendo i riflettori su un fenomeno molto diffuso e ne ha favorito l’emersione. Da allora, i rapporti Amministratori sotto tiro hanno influito sull’opinione pubblica e sui decisori: nel 2014 era stata istituita una commissione monocamerale di inchiesta, che ha indagato il fenomeno e in seguito è stato creato un osservatorio permanente del ministero dell’Interno; nel 2017 è stata approvata una legge, la 105, che sanziona più duramente chi minaccia degli amministratori pubblici e nel 2021 è stato istituito un fondo per speciale per gli amministratori e gli enti minacciati. Certo, le minacce non sono terminate, ma gli obiettivi di quelli attacchi possono contare su un sostegno maggiore.
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Dei 328 casi censiti nel corso dello scorso anno da Avviso pubblico, la maggior parte sono avvenuti nel Sud Italia e poche sono state le regioni in cui non ne è stato registrato neanche uno (Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Molise e Basilicata). Tra le regioni del Nord, il Veneto è quella in cui nel 2024 sono stati registrati più casi. In generale, gli episodi avvengono soprattutto nei piccoli comuni (il 52 per cento dei casi è avvenuto in paesi sotto i 20mila abitanti), dove chi amministra vive a stretto contatto con i cittadini e dove un atto intimidatorio non colpisce soltanto una persona, ma rischia di tradursi in cessione di pezzi di democrazia e diritti.
Le cause dietro le intimidazioni sono tante, troppe: “Questo rapporto rappresenta un viaggio nella complessità dei territori e del ruolo degli amministratori locali, da un lato pressati dalla criminalità organizzata, sempre più invasiva e subdola nella sua capacità di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale; dalla crescente sfiducia nelle istituzioni locali, fotografate dal drammatico calo dell’affluenza alle urne e dalla fatica di comporre le liste elettorali”, elenca il presidente di Avviso pubblico, Roberto Montà. E ci sono anche e soprattutto altre cause, dovute alla carenza di mezzi degli enti locali, come “le difficoltà incontrate dalle amministratrici e dagli amministratori locali nel rispondere alle richieste di servizi da parte dei cittadini; la fatica di conciliare il necessario riconoscimento dei diritti con i principi di legalità e con un’evidente penuria di risorse, non solo economiche ma anche professionali, specie nei piccoli comuni, che sono non solo quelli più numerosi, ma anche quelli più bersagliati dalle mafie”.
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Per il ministro Piantedosi bisogna “scongiurare il rischio che un clima di intimidazione disincentivi la partecipazione e l’impegno pubblico dei cittadini”
Una conferma che arriva anche dal ministero dell’Interno, dove è stato istituito l’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali: “Le rilevazioni trimestrali confermano, invero, quanto già emerso nel 2015 dal rapporto finale della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno, ossia che nella maggior parte dei casi le intimidazioni non sono riconducibili alla criminalità organizzata, ma sono il segno evidente di una sub-cultura che ricorre alla violenza o all’intimidazione per risolvere situazioni di contrapposizione politica locale o, più spesso, attriti privati”, scrive il ministro Matteo Piantedosi nel suo intervento nel rapporto.
Come nota nel suo intervento Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli e presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), gli episodi sono come “sentinelle di un malessere latente che serpeggia nel tessuto sociale”: “Essere un amministratore locale non è un mestiere, è una missione che ci porta a metterci al servizio, ascoltare, mediare, costruire ponti. Non significa, né può significare, esporsi a una spirale di violenza verbale e, talvolta, fisica, che mina la serenità personale e familiare, e che rischia di compromettere la libera e serena esecuzione del mandato”.
Per il capo del Viminale, contrastare queste violenze è “una battaglia di civiltà” che va combattuta “per restituire serenità a chi – specie nei comuni più piccoli – svolge un servizio fondamentale per la vita della propria comunità”, ma anche per “scongiurare il rischio che un clima di intimidazione disincentivi la partecipazione e l’impegno pubblico dei cittadini”.
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Tra i provvedimenti che la politica ha preso per sostenere gli amministratori minacciati, c’è un fondo per indennizzare loro e le loro comunità, perché spesso (secondo la commissione d’inchiesta, nell’85,6 per cento dei casi) non si identifica chi commette le intimidazioni. Si tratta di un fondo istituito nel 2021 e che a fine 2024 il governo di Giorgia Meloni, con la legge di bilancio, voleva tagliare radicalmente. Alla fine, dopo le rimostranze, è stato confermato e lo stanziamento è passato da cinque milioni di euro a sei milioni di euro.
“Si tratta, peraltro, di uno strumento che responsabilizza gli amministratori locali alla denuncia degli atti intimidatori, tenuto conto che la ripartizione delle risorse – effettuata ogni anno con un decreto interministeriale – è ancorata, nella misura del 40 per cento, al dato della popolazione residente, mentre per il 60 per cento si basa sul numero di episodi intimidatori denunciati nell’anno precedente”, si legge nell’intervento di Piantedosi.
"Solo lavorando sulla coscienza civile delle nuove generazioni possiamo contrastare la cultura criminale e la legge del più forte”Riccardo Travaglini - Sindaco di Castelnuovo di Porto
Oltre che a risarcire le vittime dirette, gli enti locali devono avviare iniziative per la promozione della legalità e della cittadinanza attiva: “è fondamentale che gli enti locali colpiti da questi vili atti utilizzino al meglio le risorse messe a disposizione, destinandole a iniziative concrete di promozione della legalità, con un’attenzione particolare al coinvolgimento delle giovani generazioni nelle scuole, e a misure di ristoro per il patrimonio danneggiato e per gli amministratori che hanno subito intimidazioni”, aggiunge il presidente dell’Anci Manfredi.
È così che il Comune di Castelnuovo di Porto (Roma), dove il sindaco Riccardo Travaglini è stato insultato, minacciato e aggredito da uomini vicini alla criminalità (un fatto emerso nel 2024), si è visto riconoscere l’indennizzo previsto dal fondo speciale: “Servirà a realizzare progetti educativi nelle scuole – scrive nel suo intervento nel rapporto –. Solo lavorando sulla coscienza civile delle nuove generazioni possiamo contrastare la cultura criminale e la legge del più forte”.
Ma bisogna fare di più, secondo Manfredi. “Si rende indispensabile un’azione sinergica che intensifichi la comunicazione verso i Comuni beneficiari, garantendo piena consapevolezza delle modalità di accesso e di utilizzo dei fondi”. Serve “dare visibilità alle buone pratiche e alle concrete applicazioni di queste risorse”.
Il rapporto Amministratori sotto tiro ricorda e attesta che esiste una buona politica e che “la lotta alla mafia si vince anche con buone pratiche amministrative e con una gestione del potere pubblico orientata al bene comune”, come scrive Pietro Grasso, ex procuratore antimafia, ex presidente del Senato e ora presidente dell’associazione Scintille di futuro, che collabora con Avviso pubblico.
E come esistono buoni amministratori, esistono anche cittadini che si schierano dalla parte di quanti subiscono minacce e aggressioni. È successo a Polverara (Padova), Casal di Principe (Caserta), Empoli (Firenze), Bacoli (Napoli), Mondragone (Caserta), Toritto (Bari), Cesarano (Lecce), Ottana (Nuoro) e altri comuni: “In questi contesti, molto diversi l’uno dall’altro, i cittadini si sono espressi a sostegno di un proprio amministratore a seguito di atti intimidatori – si legge nel documento –. Lo hanno fatto partecipando a manifestazioni pubbliche di solidarietà, flash mob, consigli comunali aperti. Lo hanno fatto anche se non avevano votato per quel sindaco o quella maggioranza. Lo hanno fatto perché un atto intimidatorio non colpisce il singolo amministratore, ma l’intera comunità”.
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