5 luglio 2021
Non solo alcool e droghe. Gli ingredienti per la diffusione del gioco d’azzardo tra i più giovani sono persino più semplici: su tutti, i cattivi esempi e il sogno di una ricchezza facile. Alla portata di tutti – da Nord a Sud, dal centro alle periferie – la ludopatia giovanile è un fenomeno che ha ormai abbandonato l’etichetta di emergenza per entrare a pieno titolo tra le piaghe sistematiche. Eppure viene ancora affrontata con strumenti inadatti: rigidi e poco al passo con i tempi e i mondi in cui i ragazzi si muovono. A poco, infatti, sembrano essere serviti gli interventi legislativi degli ultimi anni: dal divieto di gioco per i minori al decreto Dignità, nome evocativo che nel 2018 ha imposto lo stop anche alla pubblicità di giochi a premi o scommesse. Fatta la legge, però, è stato presto trovato l’inganno. Per le principali società di scommesse online sarebbe impensabile rinunciare a una fetta di mercato così ampia e appassionata come i giovanissimi. Così si sono riorganizzati, affiancando ai propri marchi online la dicitura news: le partite di calcio, molto seguite dai ragazzi, sono tornate a essere il principale volano per la pubblicità delle piattaforme di betting sotto la forma rassicurante di siti d’informazione con notizie di sport e quote per le scommesse.
In Europa, gli studenti medi e superiori italiani sono quelli che più giocano d'azzardo
Secondo gli ultimi dati diffusi dai Monopoli di Stato, il volume del denaro giocato continua a salire attestandosi sopra i 110 miliardi di euro l’anno. Muoversi tra i numeri dell’azzardo è però come perdersi in un labirinto e difficilmente i dati riescono a raccontare le realtà dei territori e dei giocatori. Nei vari elenchi, ad esempio, a mancare è sempre il gioco non tracciato, ovvero uno dei principali business delle organizzazioni criminali. Lo stesso in cui spesso cadono i più giovani: secondo il rapporto European school survey project on alcohol and other drugs (Espad) del 2019, il gioco d’azzardo tra gli studenti italiani di scuole medie e superiori primeggia rispetto al resto d’Europa: il 32 per cento degli intervistati italiani ha ammesso di avere giocato almeno una volta negli ultimi dodici mesi. In generale, in Italia, il 47 per cento di chi gioca ha un’età compresa tra i 15 e i 19 anni, con una fetta compresa tra il 10 e il 14 per cento a rischio patologia.
Mattia è stato giocatore d'azzardo patologico: la sua storia ci spiega molto su questo disturbo
“I giovani buttano parte della loro paghetta nell’azzardo e questo fenomeno continua a crescere soprattutto tra i minorenni”, spiega Simone Feder, psicologo nelle strutture della casa del Giovane di Pavia e da tempo impegnato all’interno del bosco di Rogoredo, la piazza di spaccio più grande del Nord Italia. Negli ultimi mesi Feder ha portato a termine anche il progetto Selfie, un’inedita indagine sugli stili di vita dei giovani in 110 centri italiani con 60mila intervistati. Come spesso capita, una doppia maglia nera si registra al Sud: nello specifico a Gela, la città siciliana del petrolchimico voluto da Enrico Mattei, che pur con i suoi quasi 80mila abitanti rimane un territorio di frontiera, lontano da Palermo e Catania, le principali città dell’Isola. Attraverso un sondaggio diffuso online, con la collaborazione della Croce rossa, Feder ha cercato di individuare i fattori di rischio su un campione di quasi tremila studenti, suddivisi in 31 classi tra medie e superiori. Che, rispetto ai coetanei di altre città, iniziano a giocare molto presto e a trascorrere molte, troppe, ore online, specie la notte.
“I gratta e vinci vengono considerati dei semplici giochi, ma quando chiedi perché li grattano non riescono a risponderti. Quando domandi cos’è l’azzardo, lo identificano come un rischio, ma alcuni giovani dicono di non saperlo”Simone Feder - Psicologo
Senza considerare alcool e droghe – devianze pienamente riconosciute come giovanili dall’opinione pubblica – i risultati sull’azzardo sono allarmanti. E forse, in fondo, poco compresi dagli stessi genitori. Spesso i diretti responsabili, insieme a nonni e zii, del primo contatto tra i ragazzi e l’azzardo. A Gela si comincia già a 10 anni con i gratta e vinci. Dalla ricerca emerge che tra gli iscritti alle scuole medie, il 16 per cento ha tentato la fortuna col gratta e vinci, una percentuale che sale al 48 per cento tra gli studenti delle superiori. “I tagliandi vengono considerati dei semplici giochi – spiega Feder – Ma quando chiedi perché li grattano non riescono a risponderti. Quando domandi alle stesse persone cos’è l’azzardo, ecco che in quel momento si ha la percezione giusta e lo identificano come un rischio o una malattia. Ma c’è anche una fetta di giovani che dice di non saperlo”.
La risposta cambia quando si ha a che fare con ragazzi più grandi: alle scuole superiori il 43,8 per cento degli studenti gelesi ha chiara la risposta: volontà di arricchirsi. Senza troppi sforzi. Così a mutare sono le modalità: oltre ai gratta e vinci fanno capolino le slot machine, le scommesse sportive, il poker e il gioco del Lotto. Tra gli studenti delle scuole medie il 36 per cento ha riferito di conoscere dei luoghi in cui è possibile giocare e la percentuale sale al 65 per cento con qualche anno in più. Numeri da contestualizzare in una realtà come la provincia di Caltanissetta in cui, in media, si spendono 230 milioni di euro l’anno in azzardo. Di questi, quasi 80 milioni sono quelli giocati da chi è residente a Gela, a fronte di un reddito medio per abitante di 14mila euro l’anno.
Gioco d'azzardo, il vizio che arricchisce lo Stato
“Con gli adulti la prevenzione ha già perso, mentre quando parli di azzardo ai giovani percepisci la loro sensibilità sull’argomento”, aggiunge Feder. Uno strumento strettamente correlato all’educazione, andata avanti a singhiozzo durante la pandemia dovuta al Covid-19. “Con il lockdown si è abbassata la sensibilizzazione nelle scuole e nei territori – ammette lo psicologo - Sembra essere aumentata la difficoltà nel definire cos’è azzardo e cos’è invece un gioco vero e proprio. Questo ci porta a dire che bisogna continuare a insistere”.
Con il supporto della politica. “I territori sono abbandonati con migliaia di famiglie distrutte - avverte Feder – Chi governa dovrebbe capire che siamo davanti a un problema sociale, che non si può affrontare con una regolamentazione sparsa”. E questo, con la riapertura di sale Bingo e centri scommesse – gli stessi dove in Sicilia nel 2020 si sono spesi parte dei 7,5 miliardi di euro di azzardo tracciabile – potrebbe essere il momento migliore per intervenire. “A Milano e Pavia c’è un regolamento che ha permesso di vietare le slot in determinate fasce orarie. Non dobbiamo inventarci nulla, basta agire”.
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