30 marzo 2020
In piena emergenza coronavirus, Orbán Viktor ha chiesto e ottenuto oggi dal Parlamento di Budapest i pieni poteri. Il primo ministro sovranista può governare l’Ungheria sulla base di decreti, senza passare dal Parlamento e senza limiti di tempo: spetta a lui determinare quando finirà lo stato di emergenza. Chi non rispetterà le disposizioni anti-Covid rischia il carcere fino a otto anni per aver intralciato "l’azione del governo per combattere il dilagare dei contagi" e fino a cinque anni per chi fornisce “notizie false sulla diffusione del coronavirus in Ungheria”. Secondo l’opposizione, "inizia la dittatura senza maschera di Orban", per dirla con le parole del leader dei socialisti ungheresi Toth Bertalan. Anche il presidente del partito nazionalista Jobbik ha parlato di “colpo di Stato”. “L’opposizione sta dalla parte del virus”, ha risposto Orbán.
Fino a poche settimane fa l’Ungheria si è comportata come tutta l’Europa occidentale: ha sottovalutato il rischio del virus che stava mietendo migliaia di vittime in Cina e in Italia. Nelle scuole ungheresi si è brancolato nel buio per una intera settimana con varie comunicazioni dei provveditorati allo studio mirate a non creare panico o allarmismo. I professori venivano invitati a minimizzare la situazione. Gli studenti, invece, dovevano frequentare le lezioni come se niente fosse. Tuttavia si percepiva che tutto sarebbe precipitato da un momento all’altro perché, come dicono in Russia "inizi a crederci quando il Cremlino smentisce tutto". Quindi, con dei tripli salti mortali all’indietro delle comunicazioni ufficiali che seguivano il farraginoso iter burocratico da vituperato regime socialista, nella settimana successiva, appena arrivate le prime notizie di persone contagiate anche in Ungheria, si è passati dal "Keep calm and stay at school” al piú cinematografico: "Al mio segnale scatenate l’inferno!".
Così il 12 marzo sono state chiuse le università, ma non le scuole pubbliche. Queste sono frequentate da ungheresi, invece le prime hanno molti studenti stranieri. E da qui sarebbe arrivato il contagio, secondo la versione ufficiale del Governo: due studenti iraniani dell’Università di medicina di Budapest rientrati da un viaggio in patria. Da questi studenti e da un cittadino britannico proveniente da Milano e atterrato all’aeroporto di Debrecen il contagio si è propagato in Ungheria. I telegiornali e i giornali hanno pompato queste notizie dimenticandosi però delle migliaia di ungheresi che, con la stessa paura dei nostri connazionali partiti dal Nord Italia verso il Centro-Sud, si sono messi in viaggio dagli Stati dove lavorano per ritornare dai propri familiari.
Da alcuni anni leggi ferree limitano la libertà di stampa. I giornalisti devono seguire un’unica agenzia di stampa governativa e rispettare una legge sulla diffusione di notizie sanzionata a livello penale. Negli ultimi tempi alcuni giornali sono stati spinti alla chiusura e poi ricomprati da magnati vicini al governo (suscitando le reazioni di molte organizzazioni internazionali). E in un clima molto nazionalista il messaggio dato agli organi di stampa è stato chiaro: convincere la popolazione che stranieri e immigrati sono gli untori, così da giustificare la politica di respingimento e di difesa dei confini nazionali.
In Portogallo, invece, il governo ha deciso di regolarizzare i migranti con richiesta di soggiorno pendente per garantire i diritti sanitari di tutti
Gli ungheresi, però, con il lento ma continuo aumento dei contagi hanno iniziato a pensare che forse la pálinka (come la vodka per i russi) non bastava a fermare il contagio. E Orbán ha cambiato posizione in poche ore. Da lunedì 16 marzo scuole chiuse, smart working e restrizioni sempre più rigide con l’aumentare dei casi. Nel giro di circa 15 giorni si è passati da un numero di 19 contagiati (giorno di chiusura delle scuole) a un numero di 300 contagiati. Il premier ungherese ha quindi inasprito le restrizioni. Oltre alle più classiche, agli over 65 è consentito fare la spesa nei negozi alimentari, farmacie, mercati dalle 9 alle 12, orari in cui è vietato per gli altri.
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Il governo di Orbán, con un decreto entrato in vigore martedì 17 marzo, ha vietato agli stranieri l’ingresso in Ungheria, consentito solo agli ungheresi e ai cittadini europei con diritto di residenza permanente in Ungheria. Tutti gli altri cittadini stranieri vengono respinti. Per le famiglie che viaggiano insieme, se almeno uno dei componenti è un cittadino ungherese, il familiare straniero può entrare in Ungheria. Chiunque è libero di lasciare il Paese dagli aeroporti, ma per tutti i viaggiatori ungheresi in entrata sono obbligatori i controlli sanitari. Nel frattempo Orbán ha compiuto dei viaggi all’estero per cercare aiuti da parte di altri Paesi riguardo attrezzature mediche, ventilatori e mascherine. "In Ungheria siamo nella situazione in cui si stanno contagiando gruppi di persone, ma la successiva fase sarà il contagio di massa. Ci stiamo preparando - ha detto il premier il 23 marzo -. Ad oggi abbiamo ordinato 1.500.000 mascherine. In Ungheria vengono prodotte 25.000 mascherine alla settimana, la produzione verrà aumentata a 80.000. Ad oggi ci sono 2.560 macchine per la respirazione assistita, 66.900 posti letto. 19.431 medici sotto i 65 anni, ai quali verranno aggiunti anche gli studenti di medicina dell’ultimo anno".
Mentre l'Oms dichiarava l'Europa epicentro della pandemia, gli Stati membri si dividevano sulle strategie da adottare
Nonostante dichiarazioni ufficiali per non aumentare la psicosi, l’impressione è che il sistema sanitario ungherese non reggerà a un’ondata di contagi come quella in Italia, Spagna o Austria. Medici e infermieri ungheresi hanno stipendi molto bassi (circa tre volte in meno di uno stipendio standard europeo) e sono andati a lavorare all’estero. E c’è timore per i livelli di occupazione. Negli ultimi anni l’Ungheria tramite delle politiche rigorose è riuscita a stabilizzare lo Stato. Grazie a una politica vantaggiosa per aziende straniere e ai salari bassi, ha ridotto quasi la disoccupazione (3,7% della forza lavoro).
Se lo stato di emergenza durerà ancora (il governo ha dichiarato di prevedere il picco a giugno-luglio), nel giro di sei mesi tra disoccupazione e mancati investimenti di multinazionali straniere, la situazione potrebbe trasformarsi in qualcosa di catastrofico. “In previsione di un aumento considerevole dei disoccupati il governo ungherese lavorerà affinché chi è senza occupazione trovi un altro posto di lavoro - ha detto il 23 marzo -. Non è previsto quindi ad ora un aumento del periodo in cui viene corrisposto il sussidio disoccupazione”. Fino a giugno molte categorie di lavoratori non dovranno pagare alcune imposte e la Banca centrale ungherese sosterrà le banche del Paese mettendo in circolo liquidità di denaro, ma il turismo, voce molto importante nell’economia, è stato colpito: i dati già parlano di un tracollo che scenderà dell’85% entro Pasqua. In tutto questo clima di guerra, il fiorino continua a perdere potere di acquisto. In questo contesto Orbán ha chiesto in Parlamento dei poteri speciali. Lunedì 23 marzo è stato presentato il disegno di legge che instaura lo stato d’emergenza fino a dicembre o fino a quando il governo lo riterrà necessario. Attraverso la sospensione del Parlamento permetterebbe al governo di legiferare solo attraverso decreti legge subito esecutivi. La Costituzione prevede una maggioranza dell’80%: in prima istanza la proposta è stata respinta, ma al secondo passaggio è passata perché era previsto un quorum più basso. La schiacciante maggioranza della coalizione di governo Fidesz (acronimo di Fiatal demokraták szövetsége, cioè Federazione democratica giovanile) e Kdnp (acronimo di Kereszténydemokrata Néppárt, il Partito popolare cristiano-democratico) insieme alla montante paura dei continui contagi, ha portato un uomo solo al comando.
Non si sono fatti attendere i moniti dell’Unione europea, visti dalla maggioranza dei votanti di centro-destra come una invasione di campo. La scorsa settimana la commissione Libertà civili del Parlamento europeo, presieduta da Juan Fernando López Aguilar, aveva espresso preoccupazione "per l'intenzione di votare all'Assemblea nazionale ungherese l'estensione dello ‘stato di pericolo’ e le relative modifiche al codice penale" perché le misure di protezioni dalla pandemia "dovrebbero sempre garantire la protezione dei diritti fondamentali, dello Stato di diritto e dei principi democratici”. In Ungheria, però, anche i votanti di sinistra considerano l’Europa pronta a spaccare il capello in quattro su come fare una forma di formaggio, ma disposta a barattare qualche principio individuale fondamentale in cambio del controllo diretto sulle politiche economiche e sulla Banca ungherese. Insomma, l’impressione è che l’Europa anche questa volta stia a guardare.
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