21 febbraio 2022
Un romanzo generazionale. Alright, compà di Rino Garro (Rubbettino, 2021) è la storia di un professore in perenne attesa di una stabilità professionale e di un’identità meno precaria. Esaurita la scorta d’immaginazione e d’ideali nella città in cui lavora, Firenze, il protagonista decide di rompere la sua routine e di investire oltremanica la sua estate “ponte” tra un contratto a tempo e l’altro, nel ristorante gestito da un conterraneo.
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Quale sconsiderato rinuncerebbe a un’estate giù in Calabria, tra le coccole di familiari e amici, un tuffo al mare, una scarpinata in montagna e l’immancabile insalata di pomodori, cipolle e basilico a cena? Pochi lo avrebbero fatto, almeno fino a quando la vita di chi studiava e rimaneva a lavorare lontano da casa era scandita da tempi e ritmi certi. Finito il lavoro, i treni a lunga percorrenza garantivano con relativo comfort di tornare a casa con puntuale e immancabile regolarità. Finché il tarlo del precariato ha cominciato a erodere tutto, compresi i risparmi e le certezze. In Alright compà c’è tutto questo. Niente valigia di cartone e dialetto inquinato dall’inglese, come i nonni, ma un eterno presente, vissuto in bilico tra la nostalgia di casa e la voglia di cambiare aria e vita per sempre.
Il viaggio del protagonista inizia a bordo di un double-decker (caratteristico autobus a due piani), tra i ricordi del viaggio giovanile, coi suoi amori e gli amici nel frattempo cresciuti, e un presente di bevute e parole, tempi della quotidianità di un ristorante italiano nella periferia di Manchester.
L’autore accompagna il lettore nell’ambiente, incoraggiandolo a spostare le tendine per vedere il cielo grigio e nuvoloso di un’estate diversa. Gli permette di sentire la superficie ruvida di una moquette polverosa e i piedi bagnati, dentro scarpe basse, sui marciapiedi deserti di un’estate che sembra novembre.
La narrazione del romanzo non è malinconica, anzi. Grazie al cameratismo della crew del ristorante, composta in larga parte da conterranei, e qualche avventura favorita da una pinta in più, l’Inghilterra del protagonista diventa un posto dove si può stare bene. La scrittura gentile e diretta introduce chi legge nelle stanze fumose e poco illuminate, dove è possibile incontrare un po’ di felicità. Forse l’unico bene che vale la pena di cercare e tenere stretto.
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