A E!State liberi ho capito la forza di sognare

Grazie a esperienze impegnative come quella del campo estivo in un bene confiscato ho fatto a pugni con i pregiudizi

Virginia Lazzara

Virginia LazzaraStudentessa del liceo C. Beccaria di Milano

21 settembre 2022

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Stazione di Sessa Aurunca-Roccamonfina (Ce), ore 13.37: scendo dal treno con la preoccupazione di non trovare nessuno che venga a prendermi alla stazione di un paese che, fino a qualche settimana prima, non avevo mai sentito nominare. La destinazione finale è un bene confiscato alla camorra e ora gestito dalla cooperativa Al di là dei Sogni a Maiano di Sessa Aurunca. Il lotto, sede dei campi di E!State Liberi!, occupa sette dei 17 ettari di terreno che nel 1994 vennero confiscati al clan Moccia (leggi l'articolo sul loro dominio di Afragola) e ospita gli edifici in cui si svolgono le principali attività della cooperativa sociale, una fattoria, un laboratorio per la preparazione e il confezionamento di marmellate e prodotti sott’olio, una cucina, un dormitorio per i campisti e un grande gazebo in legno.

L'educazione civica deve fornire esempi, perché l'impegno sociale non è da sfigati

La scelta di partecipare a E!State Liberi

Sono tra le prime ad arrivare, così ho tempo di sdraiarmi sul letto e ripensare al motivo per il quale ho deciso di partecipare a questo campo estivo. Ho sempre pensato che l’interesse verso i problemi della realtà in cui viviamo prima o poi debba sfociare nella determinazione a fare qualcosa di concreto per risolverli. Per questo, dopo un incontro nel mio liceo di Milano, ho acceso il computer per iscrivermi a uno dei campi di Libera, E!State Liberi!. Nel campo di Sessa Aurunca erano previste attività manuali, il lavoro nei campi e in cucina, la manutenzione degli edifici e “fare fatica”: mi sembrava il modo più autentico per rendermi utile.
Entro sera sono arrivati tutti gli altri ragazzi: oltre a un gruppo di scout di Bari ce ne sono molti partiti da soli, come me. Ci chiamano “i singoli”, veniamo da tutte le regioni d’Italia. Scopro che l’uomo che mi ha raccolto alla stazione si chiama Simmaco ed è il presidente della cooperativa: ci racconta la storia del territorio ed è subito evidente che coraggio e determinazione sono qualità indispensabili per chi voglia tracciare una strada su un terreno dominato da accordi invisibili e intese silenziose. 

Le giornate trascorrono veloci

Le mattine ci riuniamo alle otto e, guidati dai volontari della cooperativa, che da anni affiancano Simmaco, in gruppi svolgiamo una diversa attività: un giorno dipingo il vecchio magazzino, un giorno affianco i cuochi, un giorno raccolgo pomodori provando sul mio corpo una fatica del tutto nuova. Poi arriva il momento della formazione: ogni sera, due testimoni esterni ci raccontano il loro impegno contro la mafia, il lavoro per l’umanizzazione della detenzione, l’esperienza con tossicodipendenti o malati psichici. Un’altra sera ci viene raccontata la storia di Erasmo, il primo ospite della cooperativa sociale: rinchiuso in un ospedale psichiatrico, è stato integrato all’interno della cooperativa, lontano da quel contesto che ormai lo aveva etichettato come un caso disperato, pericoloso per se stesso e per gli altri; a poco a poco i farmaci non sono stati più necessari e ora Erasmo, che è sordomuto ma sempre sorridente, partecipa alle attività come tutti i volontari. Come lui, molti ospiti che vediamo passeggiare per il bene hanno trovato una famiglia accogliente e priva di pregiudizi.

Ma è l’ultima sera che, sotto il gazebo di legno, imparo la lezione più importante. Seduti in cerchio, aspettiamo che, come sempre, arrivino i relatori esterni. Due volontari sono seduti insieme a noi e quasi non faccio caso a loro, tanto sono abituata alla loro presenza. Ma ecco che si alzano in piedi, raggiungono il centro del cerchio. Uno stringe nervosamente un fazzoletto tra le mani. Con la voce un po’ rotta, comincia a parlare di sé, alternandosi con l’altro: il primo è un ex detenuto, un ex tossicodipendente il secondo, vite che sono state immerse nell'illegalità e nell'emarginazione, sono oggi tra i più tenaci e attivi volontari del centro.

“Ciascuno cresce solo se sognato”, scriveva Danilo Dolci. Sognateci!

Al di là dei sogni

"Al di là dei sogni c’è una realtà sognata" è il loro motto: perché per cambiare una realtà bisogna avere la forza di sognare un cambiamento che sembra impossibile

Quella sera non riesco a trattenere le lacrime e a cena il silenzio generale comunica più di mille parole. Mi chiedo perché facciamo sempre tanta fatica e non siamo capaci di concepire che una realtà possa evolvere; perché abbiamo paura degli altri e siamo spontaneamente portati a diffidare delle persone che hanno commesso errori; perché se al telegiornale sentiamo parlare della “Terra dei fuochi” ci teniamo alla larga da luoghi in cui pensiamo possano vivere solo persone cattive, pericolose e colluse. 

Sul treno per Milano ripenso a una delle prime sere, quando su un tandem mezzo arrugginito ho pedalato all’unisono con uno dei volontari della cooperativa in un giro pieno di risate e di amicizia. La simpatia e l’affetto che mi ha suscitato da subito hanno fatto sì che mi fidassi ciecamente di lui, trovando una bella sintonia. "Al di là dei sogni c’è una realtà sognata" è il loro motto: perché per cambiare una realtà, non basta credere in qualcosa ed essere determinati a fare fatica, come pensavo io; bisogna avere la forza di sognare un cambiamento che sembra impossibile, bisogna diventare "liberi di credere nel cambiamento" 

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