19 dicembre 2022
Un solo mese di guerra in Ucraina produce emissioni di anidride carbonica in atmosfera pari a quelle emesse in un intero anno da una città come Bologna. Questo dato, che può sorprendere per quanto è poco conosciuto, è solo l’ennesima prova dei danni provocati all’ambiente dai conflitti. Il loro impatto sul pianeta è un argomento ancora poco indagato, eppure non esistono solo le conseguenze di eventi straordinari come i disastri nucleari. Alcuni effetti meno visibili possono permanere per anni, dopo il cessate il fuoco, se non addirittura secoli.
L’aria e il suolo trattengono e accumulano residui tossici. Le polveri sottili aumentano in atmosfera e le macerie accumulate spesso contengono sostanze acide o tossiche. Nel medio e lungo termine queste passano dalla terra alla falda acquifera, inquinando le acque che diventano non potabili. A ciò si aggiunge l’impatto dell’estrazione di metalli e terre rare necessari alla costruzione delle armi, il cui ciclo di vita produce ulteriori danni: le scorie rimangono nell’ambiente, con gravi conseguenze sulla salute umana e su quella di animali e piante. Ad esempio, i 465 siti di stoccaggio che in Ucraina contengono oltre sei miliardi di tonnellate di rifiuti tossici, se danneggiati, potrebbero generare effetti catastrofici. Materiale militare e armi lasciano sempre un’eredità ambientale: una di spada di Damocle sulle generazioni che verranno.
Le armi in Ucraina fanno gola a mafie e criminali
Un carro armato consuma 300 litri di combustibile per 100 chilometri e immette oltre 600 kg di CO2 in atmosfera; un caccia F-35 ne utilizza oltre 400 mettendo in circolo circa 28mila kg di CO2 per missione
Come se ciò non bastasse, la guerra provoca un ulteriore aumento dei consumi energetici da fonti fossili. Petrolio e gas vengono impiegati non solo durante i conflitti ma soprattutto per le esercitazioni. Per avere un ordine di misura: un carro armato leggero consuma 300 litri di combustibile per 100 chilometri e immette oltre 600 chilogrammi di CO2 in atmosfera; un caccia F-35 ne utilizza oltre 400 ogni 100 chilometri mettendo in circolo circa 28mila chilogrammi di CO2 per ogni missione di volo. I grandi eserciti emettono più gas serra di alcune nazioni. Una ricerca degli scienziati della Durham University e della Lancaster University mostra che l’esercito americano è uno dei maggiori inquinatori climatici della storia. La maggior parte della produzione di gas climalteranti avviene durante la filiera di approvvigionamento dell’attrezzatura militare, come riporta il Ceobs (osservatorio ambientale sui conflitti).
Cop27, una vittoria per il clima e un grande assente
Neppure i trattati internazionali conteggiano le emissioni di gas serra causate dall’apparato militare: ciò significa che mancano dati attendibili e l’inquinamento mondiale è in realtà largamente sottostimato. L’Osservatorio ambientale sui conflitti ha promosso una raccolta firme per convincere i governi a ridurle. Sostenere questa proposta significa opporsi a un sistema che brucia le speranze di chi abita sulla Terra e delle generazioni future. Un mondo in “guerra permanente” mette a rischio la riproduzione della nostra vita. Studi e analisi mostrano che i conflitti sono incompatibili con le capacità di autorigenerazione e auto-organizzazione del nostro pianeta, e contrastano con gli impegni assunti dalla comunità internazionale per mitigare gli effetti del collasso climatico.
Per essere coerenti con gli obiettivi ambientali, dovremmo riconvertire ecologicamente il modello industriale e produttivo, ridurre le spese militari, chiedere la messa al bando delle armi pericolose e riconoscere diritti alla natura. Invece, la guerra in Ucraina è diventata il pretesto per rallentare gli impegni presi a livello internazionale e riprendere la corsa agli armamenti. Una follia autodistruttiva oggi ancora meno accettabile perché, rispetto al passato, abbiamo tutte le informazioni necessarie per dichiarare insostenibile e fuorilegge la guerra.
Più spese militari, meno diritti sociali e giustizia ecologica
Un secolo fa questa consapevolezza non era così condivisa e sostenuta come lo è oggi, soprattutto grazie al contributo della scienza. Il nostro pianeta è sotto stress: lo dimostra il fatto che già lo scorso 28 luglio avevamo consumato tutte le risorse che la Terra è in grado di generare ed auto organizzare in un anno (global overshoot day). Purtroppo la Commissione europea considera il settore della difesa come “sostenibile”, facendolo rientrare in piani di riqualificazione e finanziamento. Una scelta suicida che certifica quanto gli interessi delle élite e delle grandi corporation abbiano ormai schiacciato quelli generali. Questi problemi hanno bisogno di risposte politiche immediate, che invece latitano oppure vanno in direzione opposta. A rimetterci, oltre all’ambiente, è la democrazia, stretta tra conservatori del sistema e gattopardi, troppo pavidi e inadeguati per affrontare problemi che richiedono un cambio del modello di sviluppo e un altro approccio culturale.
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