23 dicembre 2022
Il Mozambico è crocevia di commerci illeciti: la sua posizione geografica e la povertà dilagante l’hanno trasformato in una zona di scambi di armi, droga e pietre preziose. Ma soprattutto di traffico di esseri umani.
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Le droghe sono prodotte in Afghanistan e poi trasportate in Pakistan attraverso l'oceano indiano. Vengono caricate su piccole navi fino alle coste del Mozambico attraverso il Kenya e raggiungono la Somalia. I gruppi che smerciano non sono solo somali, ma provengono anche dalla Tanzania, dal Kenya e dal Mozambico stesso. Da questi Stati la droga è poi trasportata via terra in Sudafrica e infine arriva in Europa, con un corridoio che è reso possibile dalla nostra capacità limitata di controllare i confini e soprattutto dalla corruzione.
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Dopo l’indipendenza dal Portogallo avvenuta nel 1975, il traffico si è consolidato, anche grazie all’instabilità dovuta alla guerra civile che si è protratta fino al 1992. Spesso è la stessa classe politica nazionale a controllare questa economia illegale e utilizzare i fondi per finanziare le campagne elettorali. Si autoalimenta così un circolo vizioso.
Un esempio è ciò che è successo con il partito di governo che è al potere dal 1996, il Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo), che da allora conserva collegamenti importanti con la rete del narcotraffico.
Non solo droga: gli stessi corridoi vengono riempiti di armi, con l’aiuto delle milizie del cosiddetto Stato islamico, che può contare su una rete internazionale forte. A oggi, questi commerci hanno causato più di un milione di morti. Ma da tenere in considerazione c’è anche un altro aspetto, che ancora devasta il Paese, che è il traffico di esseri umani. Interromperlo però è estremamente difficile, perché continuano a esserci giovani che provengono da Paesi poverissimi e cercano di spostarsi verso il nord Africa. Gli esempi di chi se ne approfitta sono molti: capita spesso che entrino in Mozambico centinaia di persone irregolari, provenienti da tutto il continente. Ciò che rende questo Stato particolarmente vulnerabile sono le sue contraddizioni: da un lato la povertà della popolazione, dall’altra la ricchezza di risorse naturali. Si pensi al gas, che potremmo addirittura esportare in Europa.
Nonostante la situazione drammatica, c’è chi si ribella. Nel 2020 un’iniziativa contro i traffici transfrontalieri ha quantificato l’ammontare dei flussi: più di un milione di euro, una quantità enorme considerando che il Mozambico è il terzo paese più povero del mondo. Il problema sta assumendo dimensioni importanti e la comunità internazionale si fa ancora sentire troppo poco. Le azioni però non mancano: contro il traffico degli esseri umani si sta muovendo un gruppo di Stati africani, tra cui Tanzania, Lesotho, Ruanda e Botswana, insieme agli Stati uniti e all’Unione europea. Il progetto di aiuto però, ancora debole, ha fallito.
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Gli investimenti ci sono, come quelli dell’Ue nell’ambito del Supporto al dispiegamento della Rwanda defence force che ammonta a 20 milioni di euro per il sostegno all’intervento delle forze armate del Ruanda nel nord del Paese, presenti sul territorio dal 2021 per volere del presidente mozambicano, Filipe Nyusi. L’aiuto ha l’intento di contrastare il terrorismo islamista a Cabo Delgado, provincia settentrionale dove gli attacchi armati hanno causato più di 4mila morti e circa 950mila sfollati. Fermare i traffici di droga, armi ed esseri umani significa proteggere la popolazione locale, prima vittima di queste attività illegali. La domanda che rimane ancora senza risposta è come fare. Quel che è certo è che senza l’aiuto della comunità internazionale, liberarsi dalla morsa delle reti criminali è un’impresa impossibile.
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