Una ricostruzione di Radio Aut, con le apparecchiature originali dell'epoca
Una ricostruzione di Radio Aut, con le apparecchiature originali dell'epoca

Peppino Impastato, l'amico che lo aiutò a fondare Radio Aut: "Un leader vero senza paura"

Peppino Impastato utilizzò Radio Aut come strumento per denunciare la mafia del suo territorio. Attraverso la trasmissione Onda pazza ridicolizzò Tano Badalamenti, che ne ordinò la morte. Il ricordo di Danilo Sulis, artefice insieme a Peppino della nascita della radio

Marco Panzarella

Marco PanzarellaRedattore lavialibera

9 maggio 2023

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La storia di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia a Cinisi il 9 maggio 1978, s’intreccia a doppio filo con quella di Radio Aut, la radio libera che andò in onda dall’aprile 1977 al 1978, scatenando l’ira del boss Gaetano Badalamenti, il mandante dell’omicidio. “Tano Seduto, sindaco di Mafiopoli”, lo apostrofava Peppino durante la trasmissione Onda pazza, attraverso cui denunciava il malaffare nella sua terra.
 

La radio trasmetteva da Terrasini, il paese in riva al mare adiacente Cinisi, rispetto a quest’ultimo libero da montagne, così da permettere alle onde di raggiungere l’intera costa. Era ospitata all’interno di una casetta in corso Vittorio Emanuele (oggi sulla facciata dell’edificio c’è una targa commemorativa) al cui balcone i ragazzi attaccarono un cartello, poi divenuto iconico: “Radio Aut, giornale di controinformazione radiodiffuso”, seguito dalla frequenza, 98.800 mhz, e dal numero di telefono.

Radio Aut nacque per volere di Impastato, affascinato dal potere delle radio libere, in quegli anni megafoni del dissenso. Per realizzare il progetto, chiese aiuto a Danilo Sulis, con il quale nel 1976 aveva organizzato il Raduno nuove tendenze di spiaggia Magaggiari. Peppino aveva bisogno dell’attrezzatura tecnica, a cominciare da un trasmettitore, che fu disponibile quando a Palermo nacque Radio Sud, che raggruppava tutte le radio libere della sinistra.

La radio trasmetteva da Terrasini, rispetto a Cinisi libero da montagne, così da permettere alle onde di raggiungere l’intera costa

“Prima portammo a Terrasini il trasmettitore di Radio Casbah, quindi quello di Radio Apache”, ricorda Sulis, 69 anni, autore del libro Da Radio Aut a Radio 100 passi (Navarra editore). Si aggiunsero poi due piatti-giradischi, una piastra di registrazione, una vecchia radio per il ritorno dell’ascolto, un mixer, un microfono e delle casse. “Quando arrivai con le attrezzature a Terrasini, c’era grande entusiasmo. Con le radio libere per la prima volta la gente poteva partecipare attivamente al dibattito pubblico. E poi finalmente era possibile ascoltare certa musica, penso ai brani lunghissimi dei Pink Floyd. Non c’era alcun vincolo, eravamo finalmente liberi”.

Le prove di trasmissione iniziarono nell’aprile del ’77, quindi la radio entrò a regime, coprendo la fascia oraria compresa dalle 18 alle 24, con due notiziari giornalieri. Il picco massimo si raggiungeva il venerdì sera, quando davanti al microfono si piazzava Peppino e, a turno, un compagno a fargli da spalla. Onda pazza era un programma irriverente, dove musica e denuncia si mischiavano senza alcuna censura. Emblematica nel film I cento passi di Marco Tullio Giordana la scena in cui Badalamenti, in compagnia di altri mafiosi, ascolta la trasmissione che lo deride.

Giordana: "La meglio gioventù non è stata d'esempio"

“All’inizio dal punto di vista tecnico curai tutto io – spiega Sulis – poi quando serviva prendevo il motorino e da Palermo raggiungevo Terrasini. A proposito, il nome della radio è un omaggio al libro Aut-Aut del filosofo danese Søren Kieregaard, non c’entra niente Autonomia operaia o la parola inglese out, che tra l’altro si scrive diversamente”.

Negli anni delle radio libere, i vari partiti della sinistra avevano le loro frequenze. A parte l’emittente bolognese Radio Alice, chiusa nel ’77 dalla polizia, le autorità tendevano a ignorarne l’esistenza. “Perché quando le chiudevano – spiega Sulis – in qualche modo le legittimavano. E allora si preferiva lasciar perdere. Potevamo fare critiche pesanti e nessuno rispondeva, è stato un periodo irripetibile”.

A un certo punto, però, Badalamenti decise di mettere a tacere Impastato e di fatto anche la radio. “Sapevamo che Peppino era il figlio di un mafioso e che quando tornava a casa cominciava il casino. Lui però era un vero leader, andava dritto per la sua strada, non ci diceva nulla, niente lo distraeva, come se avesse una missione da portare a termine. Neppure le ragazze, che pure gli piacevano. Eravamo giovani, forse incoscienti, ma non avevamo paura”.

Peppino era un vero leader, non si lamentava mai, niente lo distraeva, come se avesse una missione da portare a termine

Il 9 maggio 1978, lo stesso giorno in cui le Brigate rosse uccisero Aldo Moro, Peppino venne ammazzato dalla mafia. Radio Aut continuò a trasmettere per qualche mese, quindi chiuse definitivamente. “La paura arrivò, ricordo che le famiglie di alcuni ragazzi vietarono ai propri figli di frequentare la radio. Oggi di quei tempi restano solo dei ricordi. Alcuni di noi, me compreso, hanno scritto dei libri, ma ognuno ha elaborato a suo modo le emozioni”.

Caso Moro, nessuno è innocente

Nel 2007, durante un dibattito sulle radio libere degli anni Settanta, Sulis propose di aprire Radio 100 passi, che oggi è attiva sul web. Sul sito è possibile leggere la storia di Peppino, della radio, ascoltare le puntate di Onda pazza e accedere ad altri contenuti esclusivi. “Arriviamo ovunque, è uno strumento a disposizione dei ragazzi. Gli ascoltatori non sono certo migliaia, a parte il 9 maggio quando in molti si collegano. Poi ci sono i post su Facebook e i podcast. Rispetto alle radio libere è un’altra cosa, ma in questo modo il ricordo di Peppino e il suo grande esempio vivono nel tempo”.

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