14 luglio 2023
“Sul Pnrr, la trasparenza è (ancora) una chimera", denunciano Libera e Gruppo Abele. I risultati della seconda edizione del monitoraggio civico sul Piano mostrano una gigantesca differenza che non si riesce a spiegare: 900 progetti (o meglio Cup, codici unici di progetto) sui 1598 mappati dai volontari di Libera, per circa 6 miliardi di euro, non sono presenti (o almeno non sono coincidenti) nel database istituzionale Italia Domani. Una differenza per il 56 per cento dei progetti, ben oltre la metà. "Non possono esistere 'due trasparenze', una garantita dallo Stato centrale e una da parte dei Comuni: i dati devono essere univoci e coincidere, e devono farlo nel corso del tempo" concludono le associazioni, che presentano cinque domande e due proposte sulla conoscibilità dei progetti di Pnrr.
L’accesso alle informazioni riguardanti lo stato dei progetti del Pnrr rimane difficilissimo, non permettendo il controllo di come stiano andando le cose: rilascio lento delle informazioni, siti istituzionali incompleti e dati che non coincidono. Questo è il risultato della seconda fase dell'inchiesta partecipata realizzata da lavialibera e Common Pnrr a raggi X sui 109 comuni capoluoghi di provincia. Sono stati confrontati i progetti presenti sul sito di Italia Domani, il portale appositamente creato dallo Stato per informare sul Pnrr, e sul portale dei contratti pubblici dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), con quelli mappati attraverso il monitoraggio civico. Il risultato è una forte discrepanza tra i database.
Il risultato della seconda edizione dell'inchiesta partecipata Pnrr a raggi X è una discrepanza di centinaia di progetti tra i database
Il confronto è stato fatto in due diverse fasi: marzo 2023 e giugno 2023. Questi i risultati: oltre il 13 per cento dei progetti mappati dall’inchiesta a marzo 2023 non coincidono con quelli presenti sul sito istituzionale, mentre si supera addirittura il 50 per cento di discrepanza – si tratta di 900 progetti per circa 6 miliardi di euro – nel confronto con il dataset di giugno. 328 sono invece i progetti rilevati dal monitoraggio civico, ma non presenti sul sito di Anac sempre a giugno, e 166 sono i progetti presenti solamente nel database prodotto dall'inchiesta partecipata.
La discrepanza tra i dati raccolti dall'inchiesta e quelli istituzionali rende molto difficile ricostruire quali e quanti siano effettivamente i progetti Pnrr. Cinque le questioni sollevate dal rapporto, che si possono così sintetizzare: perchè c'è stato un duplice rilascio delle informazioni con tempisitche inusuali e dopo un anno e mezzo dall'ultimo aggiornamento? Cosa dovremmo aspettarci da oggi in avanti? Anche la richiesta di trasparenza alle amministrazioni comunali rimane un problema: sono state inoltrate le richieste di accesso civico generalizzato a 109 comuni capoluoghi di provincia, i soggetti attuatori dei progetti. Di questi, 39 non hanno fornito alcuna risposta (in Calabria non ha risposto alcun comune capoluogo ) impedendo così la mappatura.
La conseguenza è una gran confusione e l'impossibilità di ottenere informazioni pulite e chiare in unclima politico insofferente a qualsiasi forma di controllo esterno.Le associazioni avanzano al governo due proposte: istituire un portale unico nazionale che diffonda i dati aggiornati e trasparenti sul Piano; alle amministrazioni comunali di dotarsi di pagine specifiche per i progetti, così che non possano esserci dubbi sul come e il perchè un comune decida di utilizzare le risorse del Piano.
Leggi la prima inchiesta partecipata sulla trasparenza del Pnrr
Controllo e trasparenza sono indispensabili o il rischio è che il più grande piano di investimento per il nostro paese vada sprecato o che gli interessi privati e criminali prevalgano su quelli pubblici. “La soluzione non è togliere i controlli, ma disciplinarli in modo chiaro”, ha affermato Giuseppe Busia, presidente di Anac, presentando la relazione annuale dell’Autorità nazionale anticorruzione al parlamento. Il commento è la risposta all’approvazione del decreto legge 44/2023 nell’ambito del decreto PA (rivolto alle amministrazioni pubbliche) per eliminare il controllo concomitante della Corte dei conti sulla realizzazione degli interventi del Pnrr. In altre parole, in virtù di questo provvedimento la Corte dei conti non può più intervenire in corso d’opera su un progetto per segnalare le irregolarità e assicurare così il corretto impiego delle risorse.
Il procuratore nazionale Melillo in Antimafia: "Attenzione a ridurre i controlli sul Pnrr"
Il controllo concomitante “è utilissimo per capire se si sta sbagliando e quindi correggere la rotta”, ha commentato sempre Busia. “L’abolizione di controlli in itinere significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa”, ha aggiunto l’Associazione dei magistrati contabili (Amcc), "non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile ma la tutela dei cittadini”. Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), ha aggiunto che “la limitazione dei controlli è utile solo al governo”.
L’abolizione di controlli in itinere significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa
Anche il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha sottolineato come i controlli siano essenziali per evitare che i fondi possano finire nelle mani della criminalità organizzata. Durante un’audizione alla commissione antimafia, Melillo ha espresso particolare preoccupazione riguardo la missione “transizione energetica”. Si parla di 60 miliardi di euro che saranno impiegati in un ambito che già soffre di mancanza di controllo.
Codice appalti, la criminalità ringrazia
Intanto la premier Giorgia Meloni si è detta assolutamente ottimista circa la tabella di marcia del Pnrr: “Siamo vicinissimi all’obiettivo”, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della sera. Queste affermazioni sono arrivate dopo settimane di polemiche sui ritardi nella spesa e sull’approvazione dell’emendamento presentato dal governo alla camera, per ridimensionare i compiti di verifica della Corte dei conti sui progetti del Pnrr. L’emendamento, approvato il 6 giugno, sembra essere la risposta del governo alla denuncia – da parte della corte stessa – dei ritardi nella spesa e nell’attuazione del Pnrr.
Anche il ministro Raffaele Fitto sostiene di essere assolutamente ottimista sull’avanzamento del piano, nonostante i dati parlino chiaro: solo 10 delle 27 scadenze previste entro fine giugno sono state rispettate e anche la domanda di erogazione della quarta rata da 16 miliardi di euro è slittata. Le soluzioni del governo rimangono vaghe, come rimangono vaghe e incongruenti le pubblicazioni dei dati sul piano da parte dei siti istituzionali.
Lo scorso 25 maggio la Corte dei conti ha presentato il rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica. Tema centrale i ritardi nella spesa e di conseguenza nell’attuazione dei progetti del Pnrr, in particolare nell’ambito dell’istruzione – 1,4 miliardi di euro su 30,8 – e della salute, dove meno dell’1 per cento previsto è stato speso. L’avanzamento lento della spesa è confermato anche nella prima relazione redatta dal governo Meloni sullo stato di attuazione del piano di ripresa e resilienza: 25,7 sono i miliardi spesi finora, il 13,4 per cento delle risorse totali. Entro la fine dell’anno, l’Italia dovrebbe spendere 58,3 miliardi, ma è altamente improbabile che ciò possa avvenire, calcolando che negli ultimi due mesi solo un miliardo è stato speso. Ai ritardi nella spesa si aggiungono di conseguenza i rallentamenti nell’attuazione dei progetti.
Entro la fine dell’anno, l’Italia dovrebbe spendere 58,3 miliardi, ma è altamente improbabile che ciò avvenga
Il 27 marzo con una nota di Palazzo Chigi, il governo ha informato del ritardo nell’erogazione della terza rata (19 miliardi di euro) causa alcune criticità riscontrate dalla Commissione europea su alcune scadenze. La prima riguarda la revisione del regolamento per le concessioni portuali, la seconda l’aggiudicazione degli appalti pubblici per l’installazione di impianti di teleriscaldamento e infine i progetti di rigenerazione urbana delle città metropolitane. Le ragioni individuate per i ritardi riguardano l’incapacità di rispettare le norme ambientali prestabilite, l’aumento del costo delle materie prime che ha reso irrealizzabile alcuni interventi e infine la difficoltà di alcune amministrazioni comunali di attuare i progetti. Sono soprattutto i comuni del Sud, che hanno giudicato particolarmente complessa la partecipazione ai bandi Pnrr. Anche la carenza di tecnici specializzati e autorizzazioni ha pesato sui comuni del meridione.
Pnrr: i comuni del Sud sono più in difficoltà a fornire i dati
La risposta del governo a questi ritardi sembra andare in due direzioni: da una parte assicurare il supporto dello Stato aiprogetti considerati strategici (quale sia questo supporto non è chiaro), dall’altra ricollocare le risorse dei progetti ritenuti non realizzabili. In particolare, alcunifondi verrebbero dirottati sul RepowerEU, il piano europeo per affrontare la crisi energetica e porre fine alla dipendenza dell’Unione dai combustibili fossili russi.
Verso il nuovo governo Meloni: crisi climatica e questione energetica
Quindi l'idea sarebbe quella di spostare sul RepowerEu e di utilizzare negli anni successivi quei fondi che invece rischiano di andare perduti. Non è stato però chiarito quali e quanti fondi verranno usati. La revisione del Pnrr ha portato l’esecutivo a non richiedere la quarta rata entro fine giugno (come previsto). Le modifiche hanno interessato i ministeri di imprese e Made in Italy, infrastrutture e trasporti, ambiente,istruzione, cultura e politiche di coesione e sono state approvate. Il ministro Raffaele Fitto garantisce quindi che la scadenza del 31 agosto verrà rispettata, ma intanto siamo ancora in attesa della terza rata.
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