30 giugno 2023
Giugno, ultimi giorni di scuola. Studenti e studentesse sono alle prese con le ultime verifiche e interrogazioni, gli insegnanti cercano di chiudere le valutazioni prima di scrutini e pagelle. In un momento di pausa, poco prima di una lezione, incontriamo Matteo Saudino, professore di storia e filosofia al liceo classico Vincenzo Gioberti di Torino, noto ai più come Barbasophia, nome del canale Youtube dove pubblica le sue video-lezioni (272mila iscritti e più di 93mila followers su Instagram), autore di libri divulgativi e di un pamphlet, insieme a Chiara Foà, intitolato Cambiamo la scuola (edito da Eris, qui la recensione). Mentre prendiamo un caffè in un bar di fronte al liceo e a due passi da Palazzo nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’ateneo torinese, una studentessa si avvicina. "Professore, posso ringraziarla? Grazie ai suoi video ho passato la maturità".
Matteo Saudino, cominciamo da qui. Come è diventato uno youtuber?
È nato tutto per caso. Un giorno, nel 2015, cinque anni prima del covid e della didattica a distanza, in classe c’erano tanti assenti. Avevo fatto un video della lezione da inviare loro e un allievo mi ha suggerito di caricarlo su Youtube. Da lì è nato tutto. Quando è scoppiata la pandemia, avevo già tutti i materiali caricati.
Da quanti anni insegna?
Insegno storia e filosofia da 23 anni nei licei, sempre in maniera ruggente.
In che senso ruggente?
Perché amo il mio mestiere, lo faccio con passione, vivo in maniera intensa la scuola, l’insegnamento e il rapporto con gli studenti. Sono fortunato, sono stato ricambiato e ben voluto, anche perché i ragazzi apprezzano la passione e non sopportano l’apatia.
Di cosa è fatto l’insegnamento?
Non è soltanto la trasmissione della materia. Conoscerla è una condizione necessaria ma non sufficiente. L’insegnamento è fatto anche di relazione e questa passa per l’empatia e la passione. “Tutto il resto è noia”, direbbe il poeta (ride).
Maestro/maestra. Dalla rubrica di Carlo Lucarelli
“Senza empatia alcuni insegnanti non dovrebbero fare questo lavoro: possono trasmettere conoscenze, ma l’apprendimento riguarda la crescita umana”Matteo Saudino - Insegnante di filosofia e divulgatore
È difficile pensare che tutti i docenti possano essere appassionati e appassionanti se i loro stipendi sono bassi, se sono costretti ad anni di precariato dopo corsi e concorsi.
Per questo ritengo altrettanto importante che i docenti non vengano reclutati soltanto con dei concorsi che misurano le conoscenze: l’aspetto didattico, relazionale, emozionale e psicologico dovrebbero rientrare all’interno di una selezione. Certo, è difficile valutare, valorizzare e comprendere questi aspetti, ma non possiamo sottovalutarli. Ci sono persone che non dovrebbero fare questo mestiere perché non hanno capacità di relazione. L’apprendimento riguarda la formazione della persona e questo vale soprattutto per la scuola dell’obbligo e le superiori.
La scuola, invece, sembra diventata un erogatore di servizi che deve preparare al mondo del lavoro.
In una società in cui tutto è mercificato – l’arte, lo sport e la religione – anche la scuola lo è. È molto difficile sottrarre l’istruzione dalla mercificazione, ma bisogna provarci.
Ogni tanto spunta qualche proposta per eliminare l’insegnamento di materie ritenute inutili. Che ne pensa?
Tutto può apparire inutile, anche la matematica pura, se non è applicata. Ma nelle cose inutili si ritrova il senso più profondo delle cose. Nella scuola l’inutile deve trovare spazio: è importante leggere, discutere, guardare i film, studiare arte, storia e filosofia. Anche l’educazione fisica e lo sport sono fondamentali.
“In Italia il classismo c’è. Un’istruzione democratica si misura dalla qualità della scuola dell’obbligo e degli istituti tecniciprofessionali”Matteo Saudino
Gli argomenti che stiamo trattando sembrano tagliati per i licei, ma ci sono scuole il cui obiettivo è formare lavoratori, gli istituti professionali. Questo ragionamento vale anche per loro?
Apriamo un altro grande problema. In Italia il classismo e l’élitarismo esistono e al centro del villaggio viene messo il liceo. In realtà, una scuola democratica si misura dalla scuola dell’obbligo e dalla qualità degli istituti tecnici-professionali, dai loro laboratori ma anche dalle materie giudicate inutili: se si riduce o si taglia italiano, storia dell’arte, storia etc, allora si privano gli studenti di una parte di crescita umana.
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Cos’è per lei una scuola democratica?
Considero la democrazia un obiettivo: è emancipazione, libertà, responsabilità, diritti, superamento della povertà. Siamo in un mondo basato su ingiustizie e disuguaglianze e la scuola rispecchia questo sistema. Da almeno trent’anni la scuola non è un ascensore sociale e l’Italia è un paese bloccato. Io insegno ai figli della borghesia e ogni tanto su 25 allievi ce ne sono uno o due che arrivano da classi meno abbienti. La meritocrazia è un grande inganno. Può valere se partissimo tutti dalle stesse condizioni. Ma poi, è un punto di arrivo o una crescita? Merita di più chi partendo dall’8 arriva al 9 o chi dal 4 arriva al 7? Oggi la meritocrazia è l’ideologia di una classe dirigente che vuole dirci: se non ce l’hai fatta, è colpa tua. Ma siamo in un mondo in cui alcuni giocano a calcio con la porta in discesa e altri con la porta in salita.
“Da anni la scuola non è un ascensore sociale. La meritocrazia è un grande inganno. Merita di più chi partendo dall’8 arriva al 9 o chi dal 4 arriva al 7?”
Come cambierebbe la scuola italiana?
Partirei da tre aspetti. Per prima cosa, bisogna rivitalizzare il ruolo degli insegnanti snellendo la burocrazia che li schiaccia e dentro la quale alcuni si nascondono. Certi docenti concludono le pratiche, tornano a casa e pensano di aver portato a termine la loro missione.
Il secondo aspetto?
La scuola deve essere politica e si deve discutere di tutto: cibo, guerra e pace, sesso. L’apatia politica è funzionale allo status quo, così che chi governa può dormire sonni tranquilli perché manca una coscienza politica.
L’ultimo punto?
Non bisogna fare della scuola un votificio, bisogna semmai valutare la crescita della persona in senso ampio. L’apprendimento, inoltre, non deve mirare soltanto alla verifica, punto di arrivo con quel numero maledetto.
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