Rimini, 25 agosto 2023. Sergio Mattarella al Meeting di Rimini (Quirinale)
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Rosy Bindi: "La felicità è costruire la pace"

La politica ha perso la capacità di pensare il futuro, si è ritirata nella gestione del presente, con l'obiettivo di conservare il potere. Ma la resa è un cattivo servizio alla comunità

Rosy Bindi

Rosy BindiEx ministra della Salute, presidente Commissione antimafia nella XVII legislatura

6 novembre 2023

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Come parlare di felicità se intorno a noi si moltiplicano le tragedie? Chi può sentirsi felice se davanti agli occhi si affollano immagini di distruzioni, sofferenze, atrocità? Questo numero de lavialibera è una provocazione e una sfida, ci invita a restare umani anche mentre si fatica a guardare con fiducia i giorni a venire e prevalgono sentimenti di impotenza e sconfitta. Torna alla mente quanto si legge nel Siracide: "Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene… Non privarti di un giorno felice", a ricordarci che siamo fatti per esser felici, ma anche che questo sentimento non coincide con il benessere personale, poiché esiste una dimensione comunitaria e sociale della felicità.

Una forte dimensione etica e pubblica

Gli antichi avevano ben chiaro che la felicità è qualcosa di più di un’emozione intima e personale, un sentimento con una forte dimensione etica e pubblica, la cui essenza si manifesta nella relazione e nella scoperta degli altri: non si è mai felici da soli. È cura di sé e del mondo, impegno per la giustizia, promozione del bene comune: non può darsi senza rispetto della dignità della persona e senza solidarietà. È gratuità del dono, condivisione, spezzare il pane. È fare la pace.

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Se provo a ricordare un momento di felicità collettiva per il nostro Paese penso al 25 aprile, il giorno della Liberazione. La fine della seconda guerra mondiale è stato un momento di gioia nazionale, europea e forse mondiale. Non solo perché la guerra era finita, forse anche perché si avvertiva che la speranza di futuro imprigionata per tanti anni si stava liberando e si poteva iniziare a ricostruire le case, le strade, e soprattutto le persone, le famiglie, il lavoro, la scuola, la politica. La felicità di quel momento non ha funzionato come una bacchetta magica, cancellando la durezza delle fatiche e riscattando un paese distrutto e umiliato e diviso.

La felicità di quel momento non ha funzionato come una bacchetta magica, cancellando la durezza delle fatiche e riscattando un paese distrutto e umiliato e diviso

Tuttavia per molti anni il ricordo di quel sentimento condiviso ha rappresentato, e forse potrebbe ancora rappresentare, il fondamento di una felicità comunitaria. Un bene della polis, di cui la politica potrebbe farsi carico al pari della promozione di altri diritti inalienabili e beni comuni. Del resto, anche se nella nostra Costituzione non si parla di diritto alla felicità, come in quella degli Stati Uniti, se ne elencano comunque tutti i presupposti. Lo ha ricordato il presidente Sergio Mattarella, in un suo recente intervento: "Vi sono pochi dubbi circa il fatto che gli articoli della Costituzione delineino una serie di diritti, e chiedano, alla Repubblica, una serie di azioni positive per conseguire condizioni che rendano gratificante l’esistenza; sia pure senza la pretesa che la felicità sia una condizione permanente; quasi che la vita, con le sue traversie, non introduca momenti di segno diverso [...]; sono le relazioni sociali a determinare la concretezza di esercizio dei diritti. Ecco allora: le nostre istituzioni sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento – attraverso la coesione, dunque la solidarietà – di sentimenti di rispetto e di collaborazione: l’amicizia riempie questi rapporti, rendendoli condizione per la felicità".

È ancora possibile

L’orizzonte indicato dalla nostra Costituzione sembra essere offuscato. La politica ha perso la capacità di pensare il futuro, si è ritirata nella gestione del presente, con l’obiettivo di conservare il potere, e non riesce più a scaldare cuori e menti con la speranza del cambiamento, con la possibilità di un mondo migliore. La resa al presente delle passioni tristi è un cattivo servizio alle nostre comunità, una rinuncia alla felicità. Invece essere felici è ancora possibile.

La resa al presente delle passioni tristi è un cattivo servizio alle nostre comunità, una rinuncia alla felicità

Bisogna andare controcorrente, rifiutando di farsi omologare dai pensieri e dalle mode che spacciano per vita buona l’egoismo individualista e la frenesia dell’avere. Serve il coraggio di abbattere i muri che si moltiplicano per costruire comunità davvero accoglienti e dare voce a chi non ha voce. Ci vuole perseveranza e tenacia per non lasciarsi schiacciare da errori e fallimenti, sempre possibili, ma al contrario farne le leve per un’intelligenza più acuta della realtà e una elaborazione più efficace delle risposte.

Bisogna custodire e promuovere i beni comuni favorendo la formazione di reti e associazioni solidali, capaci di mettere in campo nuove forme di resilienza ai tentativi sempre più espliciti di demolire lo stato sociale con la privatizzazione del diritto alla salute, la precarizzazione del lavoro e della vita, lo sfruttamento selvaggio della natura. Istituendo nel 2012 la giornata mondiale della felicità, le Nazioni unite sottolineavano proprio questo aspetto, invitando governi e associazioni a mettere felicità e benessere al centro di politiche pubbliche orientate alla sostenibilità e rivolte a tre obiettivi: porre fine alla povertà, ridurre le diseguaglianze, proteggere il nostro pianeta. Tre aspetti chiave della felicità per tutti i viventi.

Da lavialibera n° 23, Cosa è la felicità?

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