
Minacce a magistrate di Lecce: "La mafia pensa che noi donne siamo più fragili"

6 novembre 2023
Come parlare di felicità se intorno a noi si moltiplicano le tragedie? Chi può sentirsi felice se davanti agli occhi si affollano immagini di distruzioni, sofferenze, atrocità? Questo numero de lavialibera è una provocazione e una sfida, ci invita a restare umani anche mentre si fatica a guardare con fiducia i giorni a venire e prevalgono sentimenti di impotenza e sconfitta. Torna alla mente quanto si legge nel Siracide: "Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene… Non privarti di un giorno felice", a ricordarci che siamo fatti per esser felici, ma anche che questo sentimento non coincide con il benessere personale, poiché esiste una dimensione comunitaria e sociale della felicità.
Gli antichi avevano ben chiaro che la felicità è qualcosa di più di un’emozione intima e personale, un sentimento con una forte dimensione etica e pubblica, la cui essenza si manifesta nella relazione e nella scoperta degli altri: non si è mai felici da soli. È cura di sé e del mondo, impegno per la giustizia, promozione del bene comune: non può darsi senza rispetto della dignità della persona e senza solidarietà. È gratuità del dono, condivisione, spezzare il pane. È fare la pace. Se provo a ricordare un momento di felicità collettiva per il nostro Paese penso al 25 aprile, il giorno della Liberazione. La fine della seconda guerra mondiale è stato un momento di gioia nazionale, europea e forse mondiale. Non solo perché la guerra era finita, forse anche perché si avvertiva che la speranza di futuro imprigionata per tanti anni si stava liberando e si poteva iniziare a ricostruire le case, le strade, e soprattutto le persone, le famiglie, il lavoro, la scuola, la politica. La felicità di quel momento non ha funzionato come una bacchetta magica, cancellando la durezza delle fatiche e riscattando un paese distrutto e umiliato e diviso.
Tuttavia per molti anni il ricordo di quel sentimento condiviso ha rappresentato, e forse potrebbe ancora rappresentare, il fondamento di una felicità comunitaria. Un bene della polis, di cui la politica potrebbe farsi carico al pari della promozione di altri diritti inalienabili e beni comuni. Del resto, anche se nella nostra Costituzione non si parla di diritto alla felicità, come in quella degli Stati Uniti, se ne elencano comunque tutti i presupposti. Lo ha ricordato il presidente Sergio Mattarella, in un suo recente intervento: "Vi sono pochi dubbi circa il fatto che gli articoli della Costituzione delineino una serie di diritti, e chiedano, alla Repubblica, una serie di azioni positive per conseguire condizioni che rendano gratificante l’esistenza; sia pure senza la pretesa che la felicità sia una condizione permanente; quasi che la vita, con le sue traversie, non introduca momenti di segno diverso [...]; sono le relazioni sociali a determinare la concretezza di esercizio dei diritti. Ecco allora: le nostre istituzioni sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento – attraverso la coesione, dunque la solidarietà – di sentimenti di rispetto e di collaborazione: l’amicizia riempie questi rapporti, rendendoli condizione per la felicità".
Crediamo in un giornalismo di servizio ai cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Ma per continuare a offrire un'informazione di qualità abbiamo bisogno di te. Sostienici!
Quanto costa abbonarsi?Se sei già abbonato clicca qui per accedere e leggere l'articolo
"Cos'è la felicità?" Difficile rispondere a questa domanda mentre intorno a noi aumentano guerre e tragedie. Eppure chiedersi cos'è, imparare a riconoscerla e a non smettere di cercarla può essere un atto rivoluzionario.