Aggiornato il giorno 9 dicembre 2024
Viviamo in un’epoca di asimmetrie crescenti, nella quale la retorica universale dell’uguaglianza – di diritti, responsabilità, opportunità, etc. – si accompagna a un’accelerazione spietata delle sperequazioni di reddito, potere, ricchezza, conoscenza, condizioni di vita. Un’analoga voragine tra rappresentazione simbolica e realtà si va aprendo sottotraccia nel microcosmo della lotta alla corruzione. Sono trascorsi 31 anni dall’approvazione a Merida, in Messico, della Convenzione internazionale anticorruzione delle Nazioni unite, che da allora rappresenta la stella polare per tutte le politiche volte ad accrescere trasparenza e integrità nella gestione della cosa pubblica. Per celebrarla, da molti anni il 9 dicembre è stato dichiarato Giornata mondiale anticorruzione: il modo migliore per sancire pubblicamente la volontà unanime di tutti i governi del pianeta, senza eccezione, di impegnarsi per debellare, o almeno contenere le ricadute devastanti di una pratica che, nelle parole del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, rappresenta un "tradimento di fiducia criminale e immorale", nonché "una minaccia al benessere delle nostre società, al futuro dei nostri figli e alla salute del nostro pianeta".
In Italia, sovranisti e post-fascisti puniscono senza remore certi comportamenti delle fasce socio-economiche più marginali, per poi mostrarsi indulgenti coi colletti bianchi una repressione differenziata
Difficile trovare un esempio migliore di ciò che potremmo descrivere come anticorruzione cerimoniale. Quest’ultima è di norma praticata in sontuose sale convegni dove la prelibatezza dei buffet è proporzionale allo sdegno con il quale, tra gli altri, gli stessi rappresentanti delle élite artefici o partecipi del saccheggio di risorse pubbliche denunciano le devastanti ricadute della corruzione sulle fasce più povere della popolazione. Nei medesimi consessi si è soliti commentare preoccupanti classifiche internazionali in cui la corruzione – misurata dalle percezioni di “esperti” e uomini d’affari occidentali – sembra affliggere soltanto gli Stati più arretrati dal punto di vista economico e politico. Ne risulterebbero pressoché immuni realtà come Stati Uniti o Gran Bretagna, ossia i paesi nei quali il potere persuasivo delle più potenti lobby economico-finanziarie determina l’agenda governativa, tenendo l’intera classe politica al guinzaglio dei finanziamenti elettorali.
I cittadini rischiano di trascurare le forme più insidiose di corruzione "legalizzata", in cui la stessa definizione degli sfuggenti "interessi collettivi" risulta piegata alla logica del profitto per pochi
Certo, una distorsione talmente addentellata negli ingranaggi del potere pubblico da risultare inavvertita, tanto che i governanti riescono spesso a emendarsi la coscienza e rassicurare i loro elettori, battendo la grancassa dell’anticorruzione rituale. I cittadini rischiano così di trascurare, non riconoscendole, proprio quelle forme più insidiose di corruzione “legalizzata”, in cui la stessa definizione degli sfuggenti "interessi collettivi" risulta piegata alla logica del profitto di pochi. Per citare Manuel Pirsig, autore di Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, oggi in molte democrazie le più pericolose forme di corruzione sono ignorate per due ordini di motivi: "Alcune cose le trascuriamo perché sono minuscole. Altre non le vediamo proprio perché sono enormi".
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