21 marzo 2024
Un abbraccio al sindaco di Bari Antonio Decaro, “è la tua vita che parla”, anticipato da un’esortazione ai politici accorsi al Circo Massimo “non nascondetevi, venite in mezzo alla gente”, ma anche l’omaggio “alle donne coraggiose che si ribellano alle mafie” e a don Bosco “convinto che il sistema repressivo forse avrebbe potuto impedire il disordine ma difficilmente avrebbe reso migliori i giovani”.
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Sono numerosi i temi affrontati a Roma da Luigi Ciotti, che come da tradizione ha chiuso con un lungo discorso la ventinovesima Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Una giornata soleggiata – d’altronde il 21 marzo segna l’inizio della primavera – che ha visto la partecipazione di almeno 100mila persone. Tanti studenti, centinaia di bandiere colorate strette da persone giunte nella Capitale da tutta Italia per non dimenticare.
Sul palco sono stati letti i nomi delle vittime della criminalità organizzata: 1081, 12 quelli inseriti quest’anno. Per ricordarli Ciotti ha chiesto un minuto di silenzio, quindi l’inizio del discorso. “È nostro compito trasformare la memoria del passato in etica del presente, della condivisione e della corresponsabilità. Due parole ci hanno accompagnato in questi 29 anni: memoria e impegno. E non c’è memoria vera senza impegno”.
“Il male bisogna chiamarlo per nome, mafia, camorra, ’ndrangheta, sacra corono unita, stidda ed è nostro compito sporcarci le mani per ottenere diritti, pace e giustizia per tutti. Altrimenti restano soltanto parole”. Il primo, grande tema riguarda l’informazione. Il presidente di Libera ricorda Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e parte un lungo applauso. “Due esempi di coerenza e di coraggio, oggi rendiamo viva la memoria anche di quei cronisti che sono stati uccisi perché cercavano la verità”.
“Il male bisogna chiamarlo per nome, mafia, camorra, ’ndrangheta, sacra corono unita, stidda ed è nostro compito sporcarci le mani per ottenere diritti, pace e giustizia per tutti. Altrimenti restano soltanto parole”
Sugli armamenti e sulla modifica della legge 185/1990, che rischia di favorire i mercanti di armi, il fondatore di Libera dice: “Vuole la politica ascoltare la base oppure no? Ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa. E allora parlate, fate sentire la vostra voce perché in gioco c’è la pace”. I ragazzi che affollano il prato ai lati del Circo ascoltano con attenzione.
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È soprattuto a loro che Ciotti si rivolge quando parla di droghe. “C’è questa pericolosa tendenza secondo cui con le droghe si possa convivere. L’anno prossimo compirò 80 anni e ho un sogno: una società indipendente dalla droghe e da tutto ciò che crea assuefazione, a cominciare dal gioco d’azzardo, un business per lo Stato, con un giro d’affari di 136 miliardi di euro, ma anche per le mafie”.
Ad ascoltare tra il pubblico ci sono anche i referenti di Amunì, il progetto di Libera rivolto ai giovani sottoposi a procedimento penale da parte dell’autorità giudiziaria minorile e impegnati in un percorso di riparazione. Ciotti li saluta e cita don Bosco. “Era convinto che il sistema repressivo forse avrebbe potuto impedire il disordine ma difficilmente avrebbe reso migliori i giovani. La politica ha abbassato l’età per punire i minorenni ma non è questa la soluzione”. “A Partinico – insiste Ciotti – un gruppo di studenti ha scelto di non intitolare la scuola a Peppino Impastato perché lo ritengomo un personaggio divisivo. E allora il mio augurio è che tutti diventiamo divisivi e impariamo a distinguere il bene dal male. Non voglio prendermela con questi ragazzi, a loro dico di parlare con Giovanni, il fratello di Peppino, e forse capiranno”.
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Un ricordo di Sandro Pertini diventa l’occasione per citare la Costituzione “da rispettare fino in fondo, solo così combattiamo le mafie”, quindi Ciotti torna sul “lato oscuro” dell’antimafia: “Sono nate tante realtà che di si dichiarano tali, l’antimafia è un marchio sfruttato dagli stessi mafiosi. Dico allora che non dobbiamo farci abbindolare, serve scendere più in profondità ed estirpare le radici criminali”. In prima fila, accanto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri, è seduto il primo cittadino di Bari Antonio Decaro, che non trattiene le lacrime quando Ciotti, dice: “È la tua vita che parla. Decaro ha lottato sempre contro le mafie, che non ha mai mandato a dire. Occhio alle speculazioni perché c'è sempre chi deve speculare, c'è sempre chi deve approfittare e cavalcare. Tocca a noi difendere gli onesti”.
L'appoggio al sindaco di Bari Antonio Decaro: “È la tua vita che parla. Decaro ha lottato sempre contro le mafie"
Poco prima della fine, Ciotti racconta “delle donne che si stanno ribellando alle mafie e che siamo costretti a nascondere”. Cita Anna Magnani e il film Roma città aperta di Roberto Rossellini. “Il personaggio di Pina, interpretato da Magnani, è ispirato alla figura di Teresa Gullace, uccisa dai soldati nazisti. Una donna coraggiosa di Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, che a Roma diventa il simbolo della lotta al nazifascismo”.
Intorno all’una, il cerchio si chiude. “Vogliamo un’Italia libera dalle mafie, dalla corruzione e dalle ingiustizie, ma soprattutto che accolga chi arriva da lontano. Un’Italia capace di educare chi rischia di sbagliare, di curare chi sta male, di parlare di pace, di coltivare speranza. Sogniamo tutte le nostre città libere, un paese libero con cittadini liberi. Liberi perché responsabili, liberi perché fanno un uso coraggioso della propria libertà”.
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