Don Cesare Boschin (Dal sito vivi.libera.it)
Don Cesare Boschin (Dal sito vivi.libera.it)

Don Boschin, una verità sotterrata

Rifiuti tossici sepolti nelle campagne e un parroco, don Cesare Boschin, che vedeva e parlava troppo. Storia di un omicidio che chiede ancora giustizia

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

Aggiornato il giorno 12 maggio 2023

L’hanno trovato legato, con la bocca sigillata dal nastro adesivo, soffocato dalla dentiera. È morto così don Cesare Boschin, prete di Borgo Montello, alle porte di Latina, la notte tra il 29 e il 30 marzo 1995. Un omicidio archiviato in soli quattro mesi, senza mai approfondire la pista mafiosa.

Secondo Claudio Gatto, amico di Boschin e come lui nel comitato cittadino istituito per monitorare il territorio, "non c’era vittima migliore: era vecchio, malato, non era sostenuto dalla gerarchia ecclesiastica. Un parroco di rottura, indipendente. Ammazzandolo non ci sarebbero stati eredi che avrebbero continuato la lotta per ottenere la verità. E così è stato". Don Cesare aveva parlato troppo. Trasferito dal Veneto a Borgo Montello nel febbraio del 1956, aveva visto quella zona trasformarsi da terra agricola in una delle discariche più grandi d’Italia. Ai bordi dell’area deputata allo smaltimento dei rifiuti, sorgevano i terreni della famiglia Schiavone, fondatrice del clan camorristico dei Casalesi.

Ecomafie, storia di una parola e una lotta

Il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone, riferendosi in una delle sue confessioni al boss Antonio Sanzillo, ha raccontato: "Mi disse che nella discarica occultava bidoni di rifiuti nocivi per ognuno dei quali prendeva 500mila lire". Mentre il percolato inquinava il terreno, la gente cominciava ad ammalarsi. Il via vai continuo di camion, soprattutto di notte, e le mamme del paese preoccupate per i figli che trasportavano immondizia proveniente da tutta Italia, avevano insospettito il sacerdote, che annotava tutto nelle sue agende.

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