8 maggio 2024
Nel 2016, la casa editrice Nutrimenti pubblica un romanzo dello scrittore milanese Ezio Sinigaglia, classe 1948. Si tratta di Eclissi, una delicata storia di complicità, se non d’amore, vissuta inaspettatamente, in terza età, da un triestino e da una statunitense rimasti entrambi soli su un’isola remota al largo del mare di Norvegia, in attesa di un’eclissi totale di sole.
Il romanzo, pur pubblicato da una casa editrice che non possiamo considerare una major, riscuote un ottimo successo. Ma non sono tanto la trama e l’intreccio ad attirare le attenzioni del pubblico entusiasta dei lettori, che riuscirà a portare il romanzo ai primi posti delle classifiche di vendita nazionali grazie a Modus Legendi, un’iniziativa collettiva di acquisto coordinato in libreria.
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Piuttosto, a fare la differenza è la lingua usata da Sinigaglia, o meglio la sua capacità di spaziare tra le lingue e di padroneggiare le sfumature. In Eclissi, infatti, dalla precisione stilistica riccamente novecentesca del narratore si passa con scioltezza ai pensieri in triestino del protagonista e a dialoghi ludici in cui questi e la donna statunitense parlano a lingue invertite (lui in inglese, lei in italiano), storpiandole quanto basta e dando così vita a una piccola e garbata Babele che alla lettura non lascia emergere asperità, tutt’altro.
Benché fossero in pochi, prima del 2016, a conoscere il nome di Sinigaglia autore, da parte sua presente nel mondo editoriale e pubblicitario italiano con molti altri ruoli (ghostwriter, traduttore, editor, redattore, fotocompositore, copywriter, compilatore di guide turistiche, docente di scrittura etc.), Eclissi non è stato un esordio: un altro suo romanzo, Il Pantarèi, era stato infatti pubblicato un trentennio prima, nel 1985, da SPS, ma le sorti sfortunate di cui era stato oggetto avevano spinto l’autore a non profondere molto impegno per la pubblicazione delle sue opere successive, pur continuando ferventemente a scrivere in privato.
Le sorti sfortunate di cui era stato oggetto Sinigaglia, avevano spinto l’autore a non profondere molto impegno per la pubblicazione delle sue opere successive, pur continuando a scrivere in privato
Questo fino alla riscoperta avvenuta grazie alla pubblicazione di Eclissi, che prelude al passaggio in pianta stabile di Sinigaglia alla scuderia di un’altra casa editrice indipendente, la pugliese TerraRossa: è proprio questa a mettere in programma, anno dopo anno, la pubblicazione di tutti i suoi romanzi inediti, scritti tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del secolo scorso con stili ogni volta diversi, eppure sempre riconoscibili come squisitamente sinigaglieschi.
Sicché, dopo la ripubblicazione nel 2019 de Il Pantarèi, romanzone metaletterario che segue le vicende private di un redattore editoriale chiamato a compilare una storia del romanzo del Novecento, grazie a TerraRossa abbiamo potuto leggere: L’imitazione del vero (2020), una breve novella ambientata nella Toscana pre-rinascimentale che in una spassosissima lingua antica finto-boccaccesca ci racconta l’amore di un mastro d’ascia per il suo garzone.
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Fifty-fifty (2021 e 2022), forse il capolavoro di Sinigaglia, uno straordinario romanzo in due volumi ambientato tra luoghi di vacanza e caserme militari in cui seguiamo le avventure sentimentali di un protagonista irresoluto e della sua multiforme società privata di congiunti e affini. Sillabario all’incontrario (2023), godibilissimo esercizio di stile in cui, lungo 21 capitoli alfabetico-biografici che servono da espediente narrativo (dalla Z di Zoo alla A di Aldilà), l’autore cerca di ricostruire le cause “di uno stato di malessere del quale, al momento in cui lo scrivere ha inizio, i moventi non sono affatto chiari”.
Sempre nel 2023, stavolta per la casa editrice di Pomigliano d’Arco (Na) Wojtek, esce un altro libro di Sinigaglia. È L’amore al fiume (e altri amori corti), una raccolta di racconti che, ironizzando dolcemente sull’erotismo e la licenziosità tra giovani bersaglieri commilitoni, ha fatto guadagnare a Sinigaglia il primo posto nella prestigiosa classifica di qualità dell’ottobre 2023 promossa dalla rivista L’indiscreto, in cui a votare sono gli “addetti ai lavori” del mondo editoriale.
Un anno dopo, ed eccoci all’oggi, la solita TerraRossa ha dato alle stampe un “nuovo” romanzo di Sinigaglia, proposto nella prima rosa dei libri selezionati per concorrere al Premio Strega 2024 (ma purtroppo fuori dalla dozzina dei finalisti), sorte che era già toccata, nel 2020 e nel 2023, a L’imitazion del vero e Sillabario all’incontrario, a testimonianza della presa ormai costante di Sinigaglia sul pubblico dei lettori e della critica.
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Stiamo parlando di Grave disordine con delitto e fuga, breve romanzo di un centinaio di pagine in cui l’autore dà nuovamente sfoggio delle sue capacità di gestione narrativa della lingua italiana, regalandoci un libro ancora una volta diverso dagli altri per stile, genere e composizione. La trama, anche in questo caso, non è il fulcro del romanzo. L’intreccio narrativo è infatti piuttosto semplice e lineare, benché nel finale giochi con un inaspettato rovesciamento quasi “giallesco”, in ragione del delitto cui si allude già il titolo.
In Grave disordine con delitto e fuga, l’autore dà sfoggio delle sue capacità di gestione narrativa della lingua italiana, regalandoci un libro diverso dagli altri per stile, genere e composizione
Siamo a Milano, negli anni Novanta, quando alle dipendenze dell’impresa produttrice di caldaie Termolux viene assunto un giovanissimo fattorino di nome Michelangelo, da tutti conosciuto come Jimmy, un ragazzo di umile estrazione eppure con velleità bocconiane, che con la sua sola presenza perturba l’intero organigramma aziendale, grazie a “una carica di attrazione animale che generava intorno al suo corpo un turbine di perpetua inquietudine”.
In azienda tutte e tutti, inquiete e inquieti, se ne innamorano; tutte e tutti lo trovano sublime e al contempo capacissimo nell’esercizio delle sue mansioni, logistiche e non. Se ne innamora, nonostante abbia una moglie, un figlio, un cagnolino, un gatto, una governante e un autista, anche l’ingegner De Rossi, il proprietario dell’azienda (e di 13 altre), un rampollo nemmeno 40enne di una Milano operosa e produttiva perché già ricchissima da generazioni.
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Complice un viaggio improvviso del resto della famiglia (con “servitù” al seguito), e complice un’urgenza aziendale da sbrigare, il manager e il fattorino si incontrano faccia a faccia in situazione di intimità, in un climax passionale che procede in crescendo salvo cambiare improvvisamente e drasticamente rotta, nel finale, grazie al delitto già annunciato nel titolo, di cui però qui non anticipiamo nulla.
Tuttavia, come si diceva, anche in questo caso non è la trama a fare la differenza. Quanto le due principali capacità letterarie di Sinigaglia, ovvero scandagliare con misurato umorismo l’animo umano e le sue contraddittorie reazioni quando si trova costretto nelle spire del desiderio, e l’invenzione linguistica, o meglio la dimestichezza con la lingua e la creazione di codici da inserire nella narrazione per renderla viva e pulsante in gustosi giochi di forma (come in Eclissi era il descritto gioco dialogico tra i protagonisti).
Codici che, talvolta, hanno nell’economia narrativa un ruolo anche secondario, ma non per questo trascurabile. In Grave disordine con delitto e fuga il gioco linguistico, brevemente evocato nelle pagine centrali del libro, sembra affidato in particolare all’iperburocratico ed efficientista ragioniere Beltrami, un ermetico redattore di schede valutative del personale in organico alla Termolux, generalmente capace di sintetizzare con esaustività un intero profilo professionale in due sole righe di abbreviazioni e di fertili simboli matematici, le “più geniali invenzioni del genere umano”, capaci “di esprimere i concetti fondamentali di bene e di male con infinitesimale dispendio di inchiostro e con tendenzialmente infinite varietà di sfumature”.
Le due principali capacità letterarie di Sinigaglia sono scandagliare con misurato umorismo l’animo umano e la dimestichezza con la lingua e la creazione di codici da inserire nella narrazione per renderla viva e pulsante
Ma non è tutto, perché nel centinaio di pagine su cui si sviluppa il libro si trova anche dell’altro, e in questo caso non siamo né sul piano dell’invenzione linguistica o di stile né su quello delle difficoltà umane nel dar concretezza al desiderio. In sottotraccia, infatti, il romanzo mette in questione, con l’ironia a cui Sinigaglia ha abituato i suoi lettori, le modalità di strutturazione e mantenimento di un classico organigramma aziendale, con i suoi ruoli e le sue rigide gerarchie, tanto solide nella loro caparbia stolidezza procedurale quanto modificabili, al bisogno, se a mettersi in mezzo è un forte elemento perturbatore.
Come alla Termolux accade con Jimmy, un addetto alla logistica capace con la sua sola presenza di generare crepe nelle più stabili usanze di riproduzione pratica e simbolica dell’impresa: “Jimmy era un disordine vivente, in quanto tutto ciò che aveva un suo ordine lo scompigliava per riordinarsi verso di lui. Ciò però non creava alla Termolux nessun problema di efficienza, produttività, sviluppo, organizzazione, rapporti di lavoro: nessuno, assolutamente nessuno. Tutt’altro.
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A volte l’ingegnere De Rossi si sorprendeva a pensare, con un sottile sorriso di gioconda ironia, che, se fossero esistiti al mondo quattordici Jimmy, sarebbe stato suo preciso dovere di avveduto e lungimirante manager di caldeggiare l’assunzione degli altri tredici, uno per ciascuna di quelle quattordici aziende non tutte sanissime, senza nessuna particolare mansione”.
Un disordine, Jimmy, capace addirittura di far presa sul succitato iperburocratico ragioniere Beltrami, che solo nella scheda valutativa del giovane protagonista abbandona il suo codice usuale fatto di simboli e di abbreviazioni, per inventarsi una lingua per lui del tutto diversa, articolata ed elegiaca: ecco che la lingua del desiderio, seppure per poco, annulla quella dell’ufficio. Ed ecco che il perturbamento e il disordine, seppure per poco, aprono la strada alla passione.
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