Il villaggio Telly, in Mali, nella fascia del Sahel (Wikipedia)
Il villaggio Telly, in Mali, nella fascia del Sahel (Wikipedia)

La crisi climatica modifica i flussi migratori

Fra le persone che lasciano la loro terra molte provengono dalla fascia del Sahel, una regione povera a vocazione agricola messa in ginocchio dalla scarsità di risorse idriche

Antonello Pasini

Antonello PasiniFisico climatologo del Cnr

1 luglio 2024

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Con l’arrivo dell’estate nel Mediterraneo aumenta l’influenza degli anticicloni africani e diminuisce notevolmente il moto ondoso, creando le condizioni ideali per chi deve navigare. È normale pensare, quindi, che tutto ciò favorisca i viaggi della speranza che portano tanti migranti a cercare uno sbarco in Italia. Ma questo influsso della stagionalità non è l’unico modo in cui il clima climatica influenza le nostre migrazioni. I suoi cambiamenti a livello globale e regionale, infatti, condizionano fortemente la disponibilità delle risorse, le attività agricole, l’economia, fino a intaccare le condizioni stesse di sopravvivenza in un determinato territorio, costringendo ampi strati della popolazione a migrare.

Effetto serra, effetto fuga

Partenze dei migranti indotte dal clima

In Italia siamo abituati a considerare solo gli impatti diretti della crisi climatica, ad esempio le ondate di calore, la siccità e le precipitazioni violente, che si abbattono su territori e attività. Spesso omettiamo di guardare oltre, dimenticando che il "sistema clima" è globalizzato e ciò che accade altrove nel mondo può finire per influenzare la nostra vita e la nostra società. È proprio quello che succede per le migrazioni mediterranee.

La maggior parte dei migranti si imbarca in Libia o in Tunisia, ma proviene dalla fascia del Sahel, una regione incastonata tra il deserto del Sahara a nord e la foresta tropicale a sud, che comprende dieci Stati fragili e dalle economie poverissime, costituite quasi esclusivamente da attività agricole di pura sussistenza. Qui i cambiamenti climatici agiscono come amplificatore e acceleratore di crisi, favorendo, ad esempio, il fenomeno della desertificazione o riducendo drasticamente le risorse idriche. Nelle nuove condizioni, i rapporti tribali si complicano e nascono nuovi conflitti per le risorse, la produzione agricola diminuisce e si hanno frequenti carestie. Talvolta, addirittura, durante le ondate di calore, si raggiunge la soglia di tolleranza fisiologica al caldo eccessivo per i più fragili tra uomini e animali.

Insieme a Grammenos Mastrojeni ho scritto un libro sui conflitti e le migrazioni indotte dai cambiamenti climatici dove spiego, concentrandomi sulle migrazioni mediterranee, come la crisi climatica rappresenti una concausa importante, forse oscurata da conflitti di altro tipo, a cominciare dalle primavere arabe . Concausa che continua a essere presente in maniera sostanziale e ben quantificabile, come risulta da alcuni miei articoli scientifici recenti in cui, ad esempio, gli influssi meteo-climatici spiegano fino all’80 per cento della variabilità dei flussi migratori da un anno all’altro. Ecco che allora fermare la deriva climatica osservata significa anche condurre una grande operazione di pace ed equità internazionale. Per andare verso un mondo più prospero e giusto. Pensiamoci! 

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