Aggiornato il giorno 9 novembre 2020
C'è la costruzione di una barriera galleggiante nel mar Egeo per bloccare lo sbarco dei migranti dalla Turchia sull'isola di Lesbo e l'adozione di fototrappole lungo il confine tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia per individuare in tempo reale i disperati che tentano di raggiungere il cuore dell'Europa tramite la rotta balcanica. Sono solo alcune delle ultime proposte della politica di difesa dei confini europei.
Asilo e migrazioni, cosa prevede il nuovo patto Ue
Il muro di Berlino sembrava un lontano ricordo. Quando quel 9 novembre 1989 una breccia si aprì nel muro all’epoca più famoso del mondo, l’Unione europea ancora non esisteva. Una nuova epoca stava nascendo. Eppure, a distanza di 30 anni, l’Europa è più fortificata di allora. Prima di quello straordinario evento in tutto il mondo si contavano 16 recinzioni. Oggi, solo nel Vecchio continente, si contano 16 muri. La metà degli Stati membri ne ha costruito uno lungo i propri confini. E se ai muri fisici, da quelli in cemento armato alle cortine di ferro, si aggiungono le barriere tecnologiche il numero sale ancora.
Da sempre gli uomini costruiscono muri e barriere per difendersi. In Europa, prima ancora del muro di Berlino eretto nel 1961, erano stati costruiti il muro di Gorizia del 1947 e abbattuto nel 2004, quello di Cipro tutt’ora in piedi per dividere la zona turca da quella greca, così come le cosiddette peace lines, le barriere costruite nel 1969 a Belfast allo scopo di garantire la “pace” tra cattolici e protestanti. Nel 2013 il governo dell’Irlanda del Nord promise di rimuoverle, ma ad oggi il loro abbattimento non è ancora completo.
Ciò che sorprende è tuttavia l’aumento esponenziale delle barriere costruite in Europa a partire dal 2012 con l’aumento dei flussi migratori. Nel solo 2015, anno della crisi migratoria, nel Vecchio continente sono state erette sette barriere. Tutte con un’unica motivazione: il contrasto all’immigrazione.
Negli ultimi anni la retorica securitaria ha avanzato proposte preoccupanti. Nel giugno 2019 il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga (Lega) aveva annunciato l'intenzione di costruire “un muro di 243 chilometri al confine Est” per bloccare l’arrivo dei migranti lungo la rotta balcanica. Il 14 gennaio è stata la volta del suo assessore (anche lui leghista) a Sicurezza e Politiche dell’immigrazione, Pierpaolo Roberti: “Siamo pronti ad acquistare fototrappole da posizionare sui sentieri in prossimità dei confini per individuare in tempo reale i transiti di immigrati irregolari”.
L’ultima frontiera nell'ingegneria delle barriere arriva dalla Grecia che a fine gennaio ha annunciato la costruzione di un muro galleggiante del mar Egeo per bloccare l’arrivo dei migranti. Il progetto prevede una barriera tra la Turchia e l’isola di Lesbo lunga 2,7 chilometri e alta 110 centimetri, di cui 50 sopra il livello delle acque. L’importo del progetto messo a gara si aggira sui 500 mila euro. Una politica in linea con le posizioni del premier conservatore Kyriakos Mitsotakis, eletto a luglio contro il suo predecessore Alexis Tsipras, in parte proprio sulla promessa di rafforzare i confini della Grecia: “La salvaguardia dei nostri confini è la nostra più grande priorità”, ha affermato. Tra le altre misure, non appena eletto Mitsotakis ha provveduto a revocare l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica ai richiedenti asilo e ai migranti senza documenti.
Secondo l’Unhcr nel 2019 in Grecia sono arrivate 74.613 migranti, a fronte dei 11.471 arrivati in Italia e dei 50.508 dell’anno precedente. La situazione a Lesbo, paradiso terrestre divenuto inferno per i migranti che vi approdano, è sempre più insostenibile. La denuncia di Medici senza frontiere sul campo profughi di Moria è impietosa: “Oltre 15 mila persone intrappolate in un campo fatto per 3 mila”. E ancora: “Il governo greco sta deliberatamente negando ad almeno 140 bambini con malattie croniche, complesse e potenzialmente mortali la possibilità di ricevere cure mediche adeguate”.
Nonostante il recente aumento degli sbarchi in Grecia, il numero di migranti continua a rimanere ben al di sotto del picco registrato nel 2015 quando lungo l’intera rotta Mediterranea (Grecia, Spagna, Italia, Malta e Cipro) giunsero in Europa via terra e mare oltre un milione di migranti (1.032.408 secondo l’Unhcr), di cui 861.630 solo in Grecia e 153.842 in Italia. In soccorso della Grecia scese in campo l’Unione europea che nel 2016 firmò con la Turchia un accordo per bloccare le partenze. Una scelta fortemente contestata dalle organizzazioni umanitarie, ma che l’Ue non ha mai messo in discussione. Anzi: con le ultime decisioni politiche non ha fatto che rafforzare la propria posizione contro l’immigrazione cosiddetta irregolare.
L'ultima notizia arriva dalla Commissione europea dove in questi giorni si discute il piano finanziario pluriennale dell'Unione per il 2021-2027: un aumento da 13 a 35 miliardi del Fondo per migrazioni, asilo e frontiere assieme a un fondo per lo sviluppo di 90 miliardi il cui 10% dedicato al controllo dei flussi. Giovedì toccherà al Consiglio europeo riunirsi e discuterne.
C'è poi Horizon 2020, il programma di finanziamento della Commissione europea per sostenere e promuovere la ricerca, l’Ue ha deciso di investire i fondi destinati allo sviluppo tecnologico in un progetto dal nome emblematico. Si chiama Roborder da “robot” e “border” (letteralmente confine) ed è un programma di controllo delle frontiere realizzato mettendo in campo una flotta di droni. Sul sito si legge: “Roborder mira a sviluppare un sistema di sorveglianza autonoma di frontiera con robot mobili senza equipaggio che includano veicoli aerei, d’acqua, sottomarini e terrestri”. Ufficialmente il progetto è inserito in un quadro più ampio che include anche il rilevamento dell’inquinamento marino. Tuttavia “l’obiettivo principale è individuare e riconoscere le attività di frontiera illegali”.
Infine il capitolo Frontex, l’agenzia fondata nel 2004 per assistere gli Stati membri e i Paesi dell’area Schengen nella protezione dei propri confini esterni. L’ossessione per il controllo delle frontiere e delle migrazioni ha portato l’Ue a rafforzarne i poteri e ampliarne il mandato. Anche in questo caso, un primo passo è stato fatto come risposta alla crisi migratoria del 2015 quando la Commissione propose di trasformare Frontex in una guardia europea, composta dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e dalle autorità nazionali degli Stati membri. Non contenta, a settembre 2018 la Commissione ha proposto di rafforzare anche la nuova Agenzia. Il nuovo regolamento, concordato da Parlamento europeo e Consiglio, è entrato in vigore a dicembre.
Tra le principali novità vi sono l’istituzione di un corpo permanente di 10 mila guardie di frontiera entro il 2027 e un budget complessivo di 10 miliardi di euro in sette anni. D’altronde l’Europa conta più di 13 mila chilometri di frontiere terrestri e quasi 66 mila chilometri di costa. Oltre a limitare in questo modo la dipendenza dalle risorse degli Stati membri, l’Agenzia così rafforzata potrà “sostenere le procedure di rimpatrio negli Stati membri, individuando i cittadini di Paesi terzi che soggiornano irregolarmente nell’Ue e aiutando le autorità nazionali a ottenerne i documenti di viaggio”. Non solo blocco degli ingressi irregolari, quindi.
Il nuovo corpo sarà schierato a partire dal 2021. Gli agenti si occuperanno della sorveglianza delle frontiere, della lotta alla criminalità organizzata e della gestione delle migrazioni. È previsto anche un pool di intervento rapido in caso di emergenze come quella del 2015. La relatrice, l'eurodeputata maltese Roberta Metsola (Ppe), ha dichiarato: “Il nostro principio guida è stato quello di essere giusti con coloro che hanno bisogno di protezione, fermi con coloro che non sono ammissibili e duri con coloro che cercano di sfruttare le persone più vulnerabili del pianeta”.
Da lavialibera n°1 gennaio/febbraio 2020
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