11 aprile 2024
“Un enorme traguardo” per la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen. “La morte del diritto d’asilo” secondo gli attivisti che hanno protestato ponendo simbolicamente una lapide di fronte all’ingresso dell’edificio Altiero Spinelli di Bruxelles. Ieri, il Parlamento europeo ha approvato il nuovo “Patto asilo e migrazione”, al termine di un percorso iniziato quasi dieci anni fa, tra tentativi di riforma, veti e resistenze. Il pacchetto di dieci provvedimenti, frutto del compromesso raggiunto tra Consiglio e Parlamento lo scorso dicembre su una proposta della Commissione formulata ben tre anni prima, introduce cambiamenti significativi nella gestione interna delle migrazioni. Ora manca il via libera ufficiale del Consiglio, ma ci vorranno ancora due anni prima che le nuove norme entrino in vigore.
Il nuovo patto introduce un meccanismo di solidarietà obbligatoria tra gli Stati membri per alleggerire la pressione sui paesi di primo approdo. Ogni Stato membro potrà scegliere se accogliere sul proprio territorio una quota di richiedenti asilo tramite il ricollocamento oppure garantire un supporto finanziario (20mila euro per ogni richiedente), operativo e tecnico al Paese che se ne farà carico.
Non cambia il principio cardine del regolamento di Dublino III: l’onere di processare le richieste d’asilo resta in capo ai Paesi di primo ingresso, tra cui l’Italia.
L’obiettivo del Consiglio è quello di effettuare 30mila ricollocamenti all’anno, una quota irrisoria rispetto al milione e rotti di richieste d’asilo ricevute su tutto il territorio dell’Unione nel 2023. In ogni caso, non cambia il principio cardine del regolamento di Dublino III: l’onere di processare le richieste d’asilo resta in capo ai Paesi di primo ingresso, tra cui l’Italia.
Chi arriva sul territorio europeo in maniera irregolare, cioè senza i visti necessari a seguito di uno sbarco o di un attraversamento delle frontiere via terra, verrà sottoposto a una nuova procedura di screening, che comprende l’identificazione, la raccolta di dati biometrici come l’impronta digitale e la scansione del viso, un check-up sanitario e controlli di sicurezza. I dati biometrici saranno condivisi tra tutti gli Stati membri tramite il database Eurodac. La procedura, che si applica anche ai minori non accompagnati, potrà durare al massimo sette giorni, durante i quali i richiedenti asilo potranno essere sottoposti a detenzione.
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Dopo lo screening, i richiedenti asilo potranno essere sottoposti a una procedura di frontiera accelerata, di una durata massima di 12 settimane. Questa verrà applicata d’ufficio per chi proviene da paesi che hanno un tasso di ammissione delle domande d’asilo inferiore al 20 per cento, oltre che per chi è considerato una “minaccia per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico” (inclusi i minori non accompagnati) e chi fornisce informazioni false alle autorità. Gli Stati membri dovranno dotarsi di strutture adeguate per ospitare i richiedenti asilo durante l’esame della richiesta: l’obiettivo è di rendere disponibili 30mila posti complessivi. In caso di esito negativo dell’esame si prevede il rimpatrio entro 12 settimane. Il regolamento interviene anche sulle procedure ordinarie, imponendo alle autorità nazionali un tempo massimo di 6 mesi per decidere in prima istanza sulle richieste di protezione.
In caso di esito negativo della procedura accelerata, la persona migrante potrà essere respinta immediatamente verso il paese d’origine o di transito se facente parte della lista dei “paesi terzi sicuri” e se il migrante vi conserva “legami ragionevoli”. È considerata sicura, per esempio, la Tunisia, dove da mesi è in corso un grave deterioramento dei diritti dei migranti, con diversi episodi di violenza da parte della polizia e respingimenti illegali verso Algeria e Libia. Il respingimento accelerato è possibile grazie alla cosiddetta “finzione del non ingresso” che il nuovo patto avalla: nonostante il migrante si trovi fisicamente sul territorio dell’Unione, si considera che non lo sia dal punto di vista legale finché le autorità non ne ammettono la domanda. Fino ad allora potrà essere respinto senza possibilità di appello.
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In situazioni di eccezionale pressione per il sistema d’accoglienza, lo Stato in questione può richiedere alla Commissione di dichiarare lo stato di crisi. In quel caso vengono attivati meccanismi di solidarietà speciali, come il ricollocamento di alcuni dei migranti in altri Stati membri o un supporto finanziario. Vengono applicate poi deroghe alle procedure di frontiera, la cui durata può essere estesa di sei settimane. Le misure d’emergenza si applicano anche nei casi di “strumentalizzazione dei migranti”, dove cioè altri Stati o “attori non-statali ostili” (riferimento non esplicito alle ong attive nel salvataggio in mare voluto dalla premier Meloni) incoraggiano i flussi per “destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”.
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Il voto all’europarlamento ha visto rompersi le fila della maggioranza che sostiene la Commissione Von der Leyen, formata dal Partito popolare europeo (Ppe, centrodestra), i Socialisti e democratici (S&d, centrosinistra) e Renew Europe (Re, centro). Tra gli eurodeputati italiani, Forza Italia ha votato a favore di tutti i provvedimenti, fedele alla linea del Ppe. Il Partito democratico si è invece dissociato dal resto di S&d bocciando la quasi totalità del pacchetto: “Il compromesso raggiunto è caratterizzato non soltanto da gravi e inaccettabili manchevolezze sul versante dei diritti umani ma anche dal punto di vista degli interessi specifici dell’Italia”, si legge nel comunicato della delegazione a Bruxelles. Contrario anche il Movimento 5 stelle, il cui leader Giuseppe Conte ha dichiarato su X: “Il Patto europeo su immigrazione e asilo approvato dal Parlamento europeo lascia sola l'Italia nell'accoglienza dei migranti e addirittura finisce per peggiorare gli oneri a carico dei Paesi di primo approdo dei migranti come il nostro”. Fratelli d’Italia ha votato a favore della maggioranza dei provvedimenti, contrariamente al resto della famiglia dei Conservatori e riformisti di cui la premier italiana è presidente. Voto contrario su quasi tutto il pacchetto dalla Lega, in linea con il gruppo Identità e democrazia di cui fa parte.
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"È ora di riconoscere il contributo positivo e indispensabile dei migranti per le società europee invece che inseguire l’illusione di bloccare la mobilità umana"Caritas Europa
Già prima dell’approvazione da parte dell’europarlamento, oltre 50 organizzazioni non governative avevano inviato una lettera alle istituzioni comunitarie denunciando “il rischio che il Patto si traduca in un sistema malfunzionante, costoso e crudele, che crollerà al momento dell’implementazione e lascia irrisolte alcune questioni critiche”. Dopo il voto di ieri, la responsabile dell’ufficio europeo di Amnesty International Eve Geddie ha dichiarato: “Le istituzioni europee stanno vergognosamente co-firmando un accordo che, come sanno, porterà a maggiori sofferenze umane. Per le persone che fuggono da conflitti, persecuzioni o insicurezza economica, queste riforme significheranno meno protezione e un maggior rischio di subire violazioni dei diritti umani in tutta Europa, tra cui respingimenti illegali e violenti, detenzioni arbitrarie e pratiche di polizia discriminatorie”. Concorda Caritas Europa, che si è espressa dopo l’approvazione del patto “preoccupata per il suo impatto potenzialmente negativo sulla vita di migliaia di persone, dato che le nuove norme limitano chiaramente l’accesso alla protezione per chi ne ha bisogno. È ora di riconoscere il contributo positivo e indispensabile dei migranti per le società europee – continua il comunicato – invece che inseguire l’illusione di bloccare la mobilità umana”.
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