Una scena tratta dal film "Green border". Foto: wikipedia
Una scena tratta dal film "Green border". Foto: wikipedia

'Green border' di Agnieszka Holland mostra la disumanità ai confini d'Europa

È arrivato nelle sale italiane il film della regista e sceneggiatrice polacca Agnieszka Holland che racconta la storia di una famiglia mentre prova a entrare in Unione europea. Una denuncia cinematografica che ha scatenato l'indignazione dell'ex ministro della giustizia Zbigniew Ziobro, che l'ha accusata di fornire un'immagine falsa della Polonia, "come i tedeschi durante il nazismo"

Andrea Zummo

Andrea ZummoGiornalista, cinefilo e attivista di Libera

13 febbraio 2024

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Est Europa, 2021. C’è una crisi migratoria in atto e tra Polonia e Bielorussia si consuma uno scontro che gioca sulla pelle delle persone. Il governo del dittatore Alexander Lukashenko illude molti in difficoltà ad arrivare in Bielorussia, facendo intendere loro che sarà facile entrare in Polonia, quindi a tutti gli effetti dentro l’Unione Europea. In realtà è solo un modo per sovraccaricare il confine, creare una tensione permanente con l’Ue e alzare il prezzo della trattativa con Bruxelles.

Lukashenko li manda. La Polonia li respinge

Il film “Green border” della regista e sceneggiatrice Agnieszka Holland prova a raccontare questa storia attraverso le vicende di una famiglia proveniente dalla Siria, composta da mamma Amina (Dalia Naous), papà Bashir (Jalal Altawil), tre figli di cui uno ancora bebè e il nonno: il loro obiettivo è arrivare in Svezia e raggiungere il fratello del capofamiglia. A loro si aggrega Leila (Behi Djanati Atai) che proviene dall’Afghanistan. 

Migranti dalla Bielorussia, le responsabilità di Lukashenko

Credono tutti che l’operazione sia facile, mettendo in conto di offrire del denaro per corrompoere le guardie di frontiera. Ben presto si accorgono di non essere voluti: gli agenti al confine, sia bielorussi che polacchi, li rimbalzano da uno Stato all’altro, come fossero pacchi o palloni. A questo si aggiunge l’uso della violenza, manganellate in primis. E non importa quanti anni ha chi prende una bastonata, se è una persona anziana, un bambino o una donna (magari anche col pancione della gravidanza).

Scandita in quattro capitoli e un rapido epilogo, la pellicola “Green border” è di una potenza rara e una forza visiva notevole, grazie a uno splendido bianco e nero

Alla prospettiva della famiglia siriana, si aggiungono quelle di Jan, giovane guardia di confine (Tomas Wlosok) con la moglie incinta e di un gruppo di attivisti che cercano di aiutare i migranti. Il primo forse nutre dei dubbi sui metodi che vengono imposti agli agenti in divisa, ma non può rifiutare gli ordini, visto che non ha alternative e la compagnia sta per partorire. Il gruppo di attivisti, cui si aggiunge la psicologa Julia (Maja Ostaszewska), si spacca al suo interno, indeciso se violare apertamente la legge e rischiare magari il carcere o cercare di fare il massimo possibile, ma senza infrangere le regole, consegnando cibo e vestiti, accudendo chi è ferito o malconcio.

Scandita in quattro capitoli e un rapido epilogo, la pellicola “Green border” è di una potenza rara e una forza visiva notevole, grazie a uno splendido bianco e nero.

Un film necessario, per non distogliere lo sguardo

Non ci giriamo attorno: è un film pesante, che fa ribollire il sangue, disturba, mette a disagio, lascia la tentazione di guardare altrove in molte scene. Però è anche un film necessario, importante, che andrebbe proiettato a scuola.

È un film pesante, che fa ribollire il sangue, disturba, mette a disagio, lascia la tentazione di guardare altrove in molte scene. Anche per questo è un film necessario

Il finale lascia intravedere stralci di speranza, anche se le didascalie conclusive raccontano delle contraddizioni ancora oggi in atto: la Polonia ha accolto migliaia di profughi ucraini dopo lo scoppio della guerra con la Russia, ma continua a ricacciare in Bielorussia quelli che arrivano da quel confine.

Tra premi e polemiche

Il film è stato proiettato alla Mostra del cinema di Venezia, vincendo il premio speciale della giuria. “Con un approccio duro e sconvolgente – si legge nelle motivazioni – in un bianco e nero che rende ancora più drammatica la situazione, la regista polacca descrive il trattamento violento e crudele subito dai migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, mettendo in luce, oltre all’ovvio aspetto disumano, la volontà di ogni Stato di usare a scopo politico il flusso di gente disperata che ha perso tutto”.

La ferrovia sotteranea polacca che aiuta i migranti a scappare

La denuncia contenuta in “Green border” ha scatenato la reazione dell'ex ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro, che su X (twitter) ha scritto: “Nel Terzo Reich, i tedeschi producevano film di propaganda  che mostravano i polacchi come banditi e assassini. Oggi per questo c’è Agnieszka Holland”. La risposta della regista non si è fatta attendere, con la richiesta di scuse pubbliche e una donazione all’Associazione dei bambini vittime dell’Olocausto. Al giornale Variety ha poi affermato: “Accusarmi di essere nazista è un po' indecente. Soprattutto con la mia storia personale, essendo nipote di vittime nazismo e figlia di una donna che era una combattente della rivolta di Varsavia. È un po’ troppo.”

Uscito nelle sale italiane l’8 febbraio, vi farà male, ma non potete perderlo. 

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