21 novembre 2021
SOKOLKA - Qualche parola in inglese basta a spaventarli. Le voci si alzano, le mani tremano, i cellulari chiamano la polizia. A Kuznica, piccola cittadina polacca al confine con la Bielorussia, gli abitanti sono ancora terrorizzati. Non li rassicura lo smantellamento del campo in cui la scorsa settimana sono arrivati migliaia di migranti perché non è dei migranti che hanno paura, ma del presidente bielorusso Alexander Lukashenko. “È imprevedibile, dobbiamo essere pronti a difendere i nostri confini”, dice un abitante del paese.
Polonia, migliaia di migranti accampati al confine bielorusso. I militari sparano lacrimogeni
È da poco passata l’alba elavialibera è riuscita a entrare nell’epicentro della zona d’emergenza voluta dal governo di Varsavia per far fronte a una crisi migratoria che ha numeri irrisori se comparati agli annuali arrivi nel Mediterraneo, ma che qui non si erano mai visti. Da oltre due mesi l’area è militarizzata: già a oltre trenta chilometri di distanza dal confine i numeri stranieri ricevono un messaggio indirizzato ai migranti, che porta la firma del ministero dell’Interno polacco. “La frontiera è sigillata – si legge –. Le autorità bielorusse vi hanno mentito. Tornate a Minsk!”. È il primo “benvenuto in Europa”. Più vicino ai valichi si incontrano posti di blocco della polizia all’entrata e all’uscita delle strade principali e soldati assiepati in buche di terra a margine dei sentieri sterrati. Altri girano a bordo di auto senza alcun segno distintivo che d’improvviso bloccano il passaggio per controllare documenti e portabagagli. Qui nessuno, tranne i residenti, può entrare e uno straniero fa paura: “Lei non dovrebbe essere qui, come è riuscita a passare?”, ripetono le poche persone incontrate a cui riusciamo a fare qualche domanda. I più si trincerano dietro un “non parlo inglese”, abbassano la testa e filano via.
"Vediamo i soldati di Lukashenko dotare i migranti di laser e cesoie, incitando alla violenza" Katarzyna Zdanowicz - portavoce della Guardia di frontiera del Podlaskie
L’attenzione dei media cala, ma la tensione rimane alta. “Non è finita”, dice a lavialibera Katarzyna Zdanowicz, portavoce della Guardia di frontiera del Podlaskie, regione della Polonia nord-orientale con capoluogo Bialystok, che conta chilometri di bosco e 14 distretti. I tentativi di forzare la rete di filo spinato che a settembre è stata alzata alla frontiera proseguono: sabato ci ha provato un gruppo di cento persone a Czeremsza, un’ora e mezza di macchina da Kuznica. Hanno lanciato pietre e lacrimogeni.
Una guerriglia che, raccontano Zdanowicz e la sua vice, Krystyna Jakimik-Jarosz, va avanti da mesi e sta mettendo le forze dell'ordine psicologicamente a dura prova perché “non sappiamo mai cosa aspettarci”. “Ora i migranti sono stati divisi in gruppi più piccoli, dato che la strategia di concentrarli in un unico posto non ha funzionato – spiegano –. L’obiettivo è creare il caos. Il regime bielorusso sta usando queste persone per i propri interessi. Vediamo i soldati di Lukashenko fornirgli laser e cesoie, incitando alla violenza”.
Ricordano di aver incontrato una donna afghana che è finita in lacrime quando ha scoperto di trovarsi in Polonia e non in Germania, dove credeva di essere arrivata. Un’altra, irachena, sconvolta dalla foresta “che non aveva mai visto prima”. “Sono vittime di una truffa – proseguono Zdanowicz e Jakimik-Jarosz –. Vogliamo aiutarle, ma d’altra parte dobbiamo proteggere i confini. Non possiamo permettere che attraversino illegalmente la frontiera”. Respingono le accuse di violare il diritto internazionale spedendo indietro chi vuole fare domanda d’asilo.
“Diamo l’opportunità di fare richiesta, ma i più vogliono andare in Germania e non possiamo fare altro che riportarli in Bielorussia”, sostengono, aggiungendo di cooperare con le autorità di Berlino e di aver ricevuto la visita di Dieter Romann, capo della polizia federale tedesca che “si è complimentato per il nostro lavoro”. Le testimonianze di chi è riuscito a superare il varco, dopo diversi tentativi falliti, descrivono una realtà diversa: le forze dell'ordine polacche caricano i migranti sui furgoncini, prelevandoli anche dagli ospedali, dove in tanti vengono ricoverati per ipotermia, e li scaricano dall’altra parte senza dargli alcuna chance.
"La Polonia fa il gioco di Lukashenko: respingimenti inumani"
Una coppia siriana ha raccontato di essere rimasta nel bosco per quasi un mese. Il loro bimbo di un anno ha perso la vita
Una situazione che non si risolverà in poche settimane. Fa troppo comodo a entrambi i versanti del confine. Lukashenko, desideroso di rendersi insostituibile agli occhi di Putin e di riconoscimento internazionale, non ha perso l’occasione di presentare le due telefonate ricevute dalla cancelliera tedesca Angela Merkel come una vittoria. Mentre il governo polacco di destra di Mateusz Morawiecki, in calo nei sondaggi e sempre meno credibile in Europa, punta a guadagnare terreno tanto in casa, giocando la carta dell’invasione, quanto agli occhi degli altri leader europei, auto-promuovendosi difensore delle porte dell’Unione. Nelle maglie di questo cinico gioco politico, migliaia di uomini, donne e bambini ancora intrappolati nella foresta Bielorussa che sperano di raggiungere l’Europa. I pochi che riescono a entrare in Polonia si nascondono per settimane, rischiando di morire di freddo e di fame. Le associazioni umanitarie li intercettano in condizioni sempre peggiori. Una coppia siriana ha raccontato ai medici dell’organizzazione Poland emergency medical team di essere rimasta nel bosco per quasi un mese. Il loro bimbo di un anno ha perso la vita.
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