Un intervento di soccorso della Fundacja Ocalenie. (Foto di Fundacja Ocalenie)
Un intervento di soccorso della Fundacja Ocalenie. (Foto di Fundacja Ocalenie)

Controlli e intimidazioni. Così la Polonia ostacola gli aiuti alla frontiera

Il governo di Varsavia perseguita e intimidisce le organizzazioni umanitarie che lavorano al confine tra Bielorussia e Polonia. Mentre i migranti vengono respinti. Kalina Czwarnóg (Fundacja Ocalenie) denuncia uno "stato di guerra": "La Polonia sta facendo il gioco di Lukashenko: respingimenti inumani"

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoRedattrice lavialibera

Fabio Turco

Fabio TurcoGiornalista

16 novembre 2021

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VARSAVIA - Continui controlli, intimidazioni, divieti. Così il governo di Varsavia ostacola le organizzazioni umanitarie impegnate nel soccorso dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia. Kalina Czwarnóg, 33enne al lavoro per l’associazione Fundacja Ocalenie, denuncia a lavialibera uno "stato di guerra" e una crescente pressione psicologica su chi cerca di aiutare. “Nei giorni scorsi le autorità hanno visitato i nostri uffici e chiesto informazioni su di me, anche se formalmente non mi hanno mai contestato nulla", racconta, aggiungendo che "la Polonia sta facendo il gioco di Lukashenko. I respingimenti effettuati dalla guardia di frontiera polacca violano le leggi internazionali e sono inumani”.

Viaggio nell'Europa dei muri che teme le migrazioni

La situazione è persino peggiorata la scorsa settimana dopo l’arrivo di migliaia di persone alle porte di Kuznica, un piccolo villaggio che si trova nella Polonia nord-orientale. L’ultimo tentativo di forzare il filo spinato che li separa dall’Unione europea, messo in piedi quest’estate, l’hanno fatto qualche ora fa. Le autorità polacche, ancora una volta, hanno risposto con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. “La zona – prosegue Czwarnóg – è stata del tutto militarizzata. Ormai quasi nessuno riesce più ad attraversare la frontiera ed è sempre più difficile aiutare i pochi che ce la fanno o chi ancora si nasconde nei boschi”.

Qual è la situazione al momento?
Il numero dei nostri interventi è drasticamente diminuito. La scorsa settimana ne abbiamo fatti due: abbiamo soccorso due siriani, che erano al secondo stato di ipotermia e sono stati portati in ospedale, più nove iracheni, tra cui diversi bambini e una donna. Prima la media era di otto. 

Migranti? Portatori di speranza, non disperati

I migranti sono sempre più stremati, spesso non mangiano né bevono da giorni

In che condizioni si trovano?
Sono sempre più stremati, spesso non mangiano né bevono da giorni e ormai devono far fronte a temperature che durante la notte scendono sotto lo zero. 

Quanti ancora potrebbero essere nascosti nella foresta?
Impossibile saperlo. Credo che solo le autorità bielorusse abbiano un quadro chiaro della situazione.

Cosa succede ai migranti intercettati dalle autorità polacche? 
Vengono respinti. Anche se manifestano la volontà di richiedere asilo politico. È accaduto pure davanti ai media: alcuni migranti hanno detto di voler domandare protezione internazionale. Hanno fatto finta di non sentirli, li hanno caricati sul furgone e riportati alla frontiera. 

Alcuni migranti hanno detto di voler domandare protezione internazionale. Hanno fatto finta di non sentirli

Qualcuno è riuscito a chiedere protezione internazionale?
Pochi. La maggior parte ora si trova all’interno di centri di detenzione allestiti dal governo in questi ultimi mesi. Entrare in questi centri è quasi impossibile, ma ci arrivano testimonianze preoccupanti sulle condizioni al loro interno: tantissime persone e poco spazio, cibo non a sufficienza, e condizioni igieniche pessime.

I diritti calpestati dei migranti

Pensa che le vostre operazioni di soccorso siano state ostacolate?
Certo. L’obiettivo dello stato di emergenza (che ha introdotto alcune limitazioni nelle zone al valico di frontiera, ndr) era esattamente questo, così come di non far sapere cosa sta succedendo, impedendo l’accesso ai giornalisti. Ma le restrizioni vanno ben oltre le aree in cui vige lo stato di emergenza. Anche al di fuori, polizia, militari e guardia di frontiera sono ovunque. Bloccano le auto, aprono i portabagagli e controllano gli smartphone, di cui chiedono il numero di serie. Non facciamo niente di illegale, ma abbiamo lo stesso paura. A volte, durante gli interventi notturni non accendiamo nemmeno le torce. Camminiamo nella foresta illuminati solo dalla luce naturale per timore di essere visti. In pochi realizzano quanto sia difficile e pericolosa la situazione al momento.

Come giudica le decisioni prese dal governo polacco per far fronte alla crisi?
Non solo inumane, ma anche inutili, visto che già diecimila migranti hanno raggiunto la Germania. Nessuno mette in dubbio che a orchestrare la crisi sia stato Lukashenko. Ma se il regime bielorusso vuole portare avanti la propria agenda usando degli innocenti, la Polonia, a cui piace definirsi uno stato democratico ed europeo, non deve assecondarlo facendo il suo gioco. Le persone che attraversano la nostra frontiera hanno il diritto di chiedere protezione internazionale e di non essere respinte in Bielorussia, dove vengono torturate dalle guardie di frontiera: abbiamo visto più persone tagliate dal filo spinato verso cui sono spinte. Un uomo ci ha raccontato persino di essere stato colpito con una scarica elettrica.

Cosa avviene sul fronte polacco?
Sono a conoscenza di un solo caso in cui le autorità polacche hanno usato la violenza. Ma di solito non lo fanno. Utilizzano altri metodi: distruggono i telefoni, o minacciano di sguinzagliare i cani contro i migranti. 

Cosa dovrebbe fare l’Unione europea?
Rivedere del tutto le proprie politiche migratorie. In Polonia sta giocando un doppio gioco, senza prendere una posizione netta contro i respingimenti. Del resto, usa la stessa tattica in altre parti d’Europa per cui non sono sorpresa. Delusa sì. 

"L'Unione Europea dovrebbe rivedere le politiche migratorie, prendendo una posizione netta sui respingimenti"

Quando avete registrato i primi arrivi?
Le prime notizie risalgono alla scorsa primavera. Ma il flusso è diventato più consistente d'estate: è stato allora che il governo ha deciso di innalzare alla frontiera una rete di filo spinato. Prima non esisteva e il massimo che poteva succedere erano sconfinamenti di mucche. Le persone in arrivo sono per lo più curde, ma non mancano siriani, afghani, libanesi e turchi. Ho incontrato molte famiglie con bambini, anche se nella metà dei casi ci troviamo davanti a giovani uomini: contrariamente a ciò che si crede, sono loro che hanno meno chance di farcela, perché più facilmente respinti, e hanno più probabilità di morire.

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Qualche storia?
Ho seguito personalmente la vicenda dei 32 afghani che per oltre due mesi sono rimasti intrappolati nella foresta di Usnarz Górny. Li abbiamo aiutati per più di due settimane, portandogli cibo e acqua, poi abbiamo dovuto sospendere ogni contatto diretto per via dell’introduzione dello stato di emergenza. Abbiamo continuato a sentirli grazie a un telefono nascosto, fino a quando qualche settimana fa non hanno provato a superare le recinzioni, esasperati dal freddo e dalla fame. Sappiamo che la guardia di frontiera li ha picchiati, ammanettati e privati dello smartphone. Tuttora non sappiamo che fine abbiano fatto, ma solo che il gruppo è stato separato e non si trova in Bielorussia.

"Sappiamo che la guardia di frontiera li ha picchiati, ammanettati e privati dello smartphone"

Non si hanno notizie nemmeno di un ragazzo afghano con problemi cardiaci che si è sentito male davanti a noi. L’ambulanza che lo ha portato in ospedale ha chiamato la guardia di frontiera. Mentre stavo cercando di procurare la documentazione relativa al suo ricovero che avrebbe consentito di avviare le procedure per la richiesta di asilo, è stato riportato in Bielorussia. E poi mi viene in mente un gruppo di due famiglie. C’era un bambino di due anni con una paralisi cerebrale, e due bambini di quattro e sei anni, di cui una in stato di ipotermia. Anche in questo caso la guardia di frontiera li ha separati. Alcuni sono stati portati in ospedale, altri sono stati ricondotti alla frontiera.

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