5 agosto 2024
Alcuni anni fa ero a un festival con degli amici e loro si sono avvicinati a un banchetto per chiedere a chi lo gestiva di analizzare delle pasticche che avevano con sé per sapere cosa ci fosse dentro. Al di là del risultato dell’analisi, ricordo di essere rimasta stupita dalla rivelazione. Non avevo idea di cosa fosse il drug checking e scoprire che concerti, festival e rave possono avere una riserva, un’area dedicata alla riduzione del danno, mi ha scossa in positivo.
Mi chiamo Laura Jung e sono un’educatrice. Ho 25 anni e sono romana. Sto finendo la magistrale del corso specialistico in politica e servizi sociali a Torino, per diventare assistente sociale. Da circa sei mesi, dopo un corso di formazione, presto servizio con un’equipe del Progetto Neutravel che si occupa di riduzione del danno e limitazione dei rischi nei contesti del divertimento notturno giovanile. Tradotto: facciamo informazione, sensibilizzazione e analisi delle sostanze che ragazze e ragazzi consumano alle feste, ai concerti, ai festival e ai rave.
"Al Kappa Futur Festival di Torino abbiamo incontrato tantissimi giovani. E mentre mi preparavo, pensavo che stavo andando a divertirmi. Alla fine ero stremata, proprio come dopo aver sudato in pista"
Ho sempre pensato che sapersi prendere cura di qualcun’altro o qualcos'altro, qualsiasi forma abbia in natura, insegni a prendersi cura di se stessi. Faccio anche parte di una generazione per cui l’uso di droghe non è un tabù, anzi è connaturato allo svago, ma a turbarmi a quel festival è stata l’apparente contraddizione tra il consumo illegale e l’accompagnamento consapevole a quel consumo. Qualcosa dentro di me scricchiolava. Dovevo riconoscere che altre persone si prendevano cura di noi anche in quei territori proibiti.
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Le generazioni più adulte, quelle che hanno prodotto le leggi che definiscono criminale chi usa droghe, contano nelle proprie fila anche persone capaci di non esercitare soltanto la proibizione. Sono persone capaci di lasciare la scoperta dei propri limiti all’iniziativa dei più giovani, guidandoli nel farsi meno male possibile. Volevo assolutamente fare parte di quel gruppo per i miei coetanei, per regalare loro un piacere più cosciente. Volevo anche farlo per me stessa, per esplorare le contraddizioni del divertimento.
Scoprire e condividere la riduzione del danno con ragazze e ragazzi che non sanno come affrontare il rischio è quello che vorrei fare come lavoro. Nel frattempo, lo faccio da volontaria
Capita spesso che ai festival i partecipanti vedano il nostro banchetto e rimangano sorpresi. In effetti, se in ingresso le forze dell'ordine controllano che non entrino droghe e ogni tanto beccano le persone ancor prima di entrare, che senso ha allestire un banchetto con medici, chimici e operatori che ti dicono come farti meno male assumendo delle sostanze o cosa c’è nelle pastiglie che vuoi prendere? Non solo, come mai l’organizzazione di un concerto, coerente con la legge, prevede senza ipocrisia un servizio di assistenza per una pratica illegale come il consumo di droghe? Domande cui è difficile rispondere e forse non sono io a doverlo fare.
Non sono così ingenua da pensare che esistano eventi "buoni" in cui ci si diverte in maniera sana e altri "cattivi" dove i partecipanti e gli organizzatori appartengano alle forze del male e puntino all’autodistruzione. Tuttavia, scoprire e condividere la riduzione del danno con ragazze e ragazzi che non sanno come affrontare il rischio, perché nello svago c’è bisogno di leggerezza più che di riflessione, è quello che vorrei fare come lavoro. In attesa che diventi una professione, lo faccio da volontaria.
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È quasi inevitabile che i giovani entrino in contatto con le droghe. Quindi, perché non limitare i danni fornendo loro una guida con un approccio umano? Ho partecipato e partecipo ancora a concerti e feste, ma oggi mi rendo conto che, nonostante una maggiore informazione generale e l’accesso veloce a internet, i miei coetanei sanno poco di quello che assumono.
Integrare al divertimento consigli per non farsi troppo male è quello che si fa per educare i bambini. Imparare ad andare in biciletta è pericoloso: si può cadere. Ma nessun genitore lo vieterà mai, piuttosto spiegherà ai suoi figli come limitare i lividi in caso di caduta. È un metodo valido, da declinare in ogni contesto.
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Quando affronto questi temi con i miei coetanei non sempre mi sento capita, lo ammetto. A stare dall’altra parte si rischia di apparire contrari al consumo, anche perché solitamente o si è favorevoli oppure no. La mia è la terza posizione ed è stimolante per le difficoltà ma anche per la singolarità. Prepararsi per andare a un festival internazionale di musica techno, entrare e non ballare, non sudare, non consumare sostanze ma aiutare gli altri a capire cosa stanno assumendo e come non farsi male lo trovo entusiasmante.
"Quando affronto questi temi con i miei coetanei non sempre mi sento capita, lo ammetto. A stare dall’altra parte si rischia di apparire contrari al consumo"
Siamo stati al Kappa Futur Festival diTorino, dove per tre giorni, dodici ore al giorno, l'equipe ha incontrato tantissime ragazze e ragazzi. È stato impegnativo, ma anche coinvolgente. Come se avessi ballato. Mentre mi preparavo, ho pensato che stavo andando a divertirmi, anche se a fine giornata ero stremata, esattamente come dopo un festival trascorso in pista.
Occuparsi da volontaria di riduzione del danno può dare l’idea di vivere la vita degli altri, fare da cornice. Grazie a questa esperienza ho imparato che empatizzare fa parte dell’istinto umano. Saper vivere la vita degli altri, sapere tornare alla propria, non è per niente un male.
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