Una cella di un carcere. Foto: Antigone.
Una cella di un carcere. Foto: Antigone.

L'estate torrida delle carceri italiane

Caldo, sovraffollamento, mancanza di acqua calda, suicidi: le condizioni degli istituti penitenziari in Italia sono disumane. A ribadirlo anche il Presidente Mattarella, per cui "il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza". Problemi che il decreto carceri del ministro Carlo Nordio non risolve

Andrea Oleandri

Andrea OleandriResponsabile comunicazione di Antigone

25 luglio 2024

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È una stagione torrida per le carceri italiane, per tanti motivi. Le temperature di questi giorni, associate all’assenza di condizionatori, sono uno dei fattori ma non l’unico. È una stagione torrida per il ritorno prepotente del sovraffollamento penitenziario, con oltre 61mila persone presenti negli istituti di pena italiani e nei circa 47mila posti a disposizione. Un problema che è diventato realtà anche negli Istituti penali per minorenni dove, finora, non si era mai registrato.

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È una stagione torrida per i suicidi. Sono già 58 quelli avvenuti nel 2024. Nel 2022, l’anno più tragico finora, quando alla fine furono 85, a questo punto dell’anno erano 39. È una stagione torrida per le proteste e le rivolte che stanno avvenendo in molti istituti di pena, sia per adulti che per minori, conseguenza in molti casi proprio delle condizioni di detenzione degradate, o “giustificate” da episodi estremi, come possono essere alcuni casi di suicidio o la morte di persone detenute. Erano anni che non si registravano così tanti episodi in così poco tempo. Erano avvenuti nel periodo del Covid-19, ma in quel caso eravamo davanti ad una pandemia che ha cambiato il volto della società. 

Sono già 58 i suicidi avvenuti nel 2024. Nel 2022, l’anno più tragico finora, quando alla fine furono 85, a questo punto dell’anno erano 39.

A raffreddare questo caldo, nonostante le promesse, non c’è la politica. A sottolinearlo anche il presidente Sergio Mattarella che il 24 luglio, dopo aver ricevuto una lettera dal carcere di Brescia, ha ammonito: “Sono condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è, e deve essere, l'Italia. Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato in palestra criminale".

Cosa prevede il decreto carceri Nordio 

Solo qualche giorno fa il governo ha approvato il decreto carceri. Annunciato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e atteso per settimane, questo provvedimento contiene interventi minimali che nella maggior parte dei casi non avranno effetti significativi e, comunque, impiegheranno mesi a vedere la luce. Uno degli interventi riguarda l’aumento delle telefonate. Nell’ultimo articolo di questa rubrica, avevamo anticipato la portata di questo intervento: un aumento, minimo, da quattro a sei telefonate al mese, confermato poi nel decreto.

Ora il decreto carceri è al vaglio del Parlamento: bisogna evitare che vengano aggiunti elementi peggiorativi

Ora il decreto carceri è al vaglio del Parlamento e bisognerà evitare che vengano introdotti al suo interno elementi peggiorativi. Un emendamento presentato dai relatori al Senato, ad esempio, proponeva di fatto un ritorno agli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e alla prassi manicomiale in Italia, chiusa definitivamente neanche dieci anni fa. L'emendamento è stato ritirato, ma il fatto di averlo presentato testimonia quale sia l’approccio al tema di gran parte della maggioranza di governo. Un modo di affrontare la questione che si rintraccia in alcuni fatti. Ripassiamoli brevemente.

Pene nuove, carceri vecchie

Da una parte, il Ministro Carlo Nordio ha annunciato la nomina di un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. In passato altre volte era accaduto e quelle stagioni commissariali si chiusero con pochissimi nuovi posti nel sistema penitenziario e molte inchieste della magistratura, legate in particolare al reato di corruzione. Il richiamo all’edilizia penitenziaria, negli anni, è sempre più stato un modo per far sembrare che si stesse facendo qualcosa, senza realmente fare nulla e, allo stato attuale, non rappresenta certamente una soluzione.

Il richiamo all’edilizia penitenziaria, negli anni, è sempre più stato un modo per far sembrare che si stesse facendo qualcosa, senza realmente fare nulla

Per almeno due motivi: i costi e il tempo. Il tempo, perché il sovraffollamento è qui, ora, mentre per costruire le ultime carceri edificate ci sono voluti circa dieci anni di tempo. I costi invece sono ingenti e non riguardano solo i milioni di euro necessari per la costruzione delle strutture, ma anche tutti quelli che ogni anno sarebbero necessari a stipendiare il personale a lavoro dentro il nuovo istituto di pena. Sembra difficile credere che ci siano le risorse necessarie quando, allo stato attuale, tutte le figure professionali che lavorano in carcere a vario titolo sono in drammatico sotto-organico.

Lavorare nelle carceri è un'impresa

Dall'altra parte, c'è la linea di condotta punitiva adottata dal governo di questi primi due anni. Mentre infatti con il decreto carceri si pongono interventi migliorativi minimali delle condizioni detentive, dall’altra con il disegno di legge Sicurezza si prevede un’infornata di nuove fattispecie criminose e di aumenti di pene, che, dal decreto Rave (il primo atto del governo al suo insediamento), fino al decreto Caivano, è stata la cifra dell’esecutivo. Norme che, ed è l’esempio del decreto Caivano specie in riferimento alle carceri minorili, hanno favorito la crescita incontrollata del sovraffollamento e della condizione critica di molte carceri, con veri e propri trattamenti contrari al senso di umanità certificati dai tribunali di sorveglianza italiani. Nel 2023, sono stati presentate circa 10mila richieste di riduzione pena (o di ristoro economico, a seconda che la persona fosse ancora o meno in esecuzione della pena) e tra le oltre 8mila su cui la magistratura di sorveglianza si è pronunciata più di 4mila (il 57 per cento) sono state accolte. Nella maggior parte dei casi queste richieste riguardavano l’assenza dello spazio minimo vitale, che la Corte europea dei diritti dell’uomo valuta in 3 metri quadri a persona. Ma c’erano anche cause diverse che riguardavano lo stato delle strutture, spesso fatiscenti.

Decreto Caivano, la punizione non può essere la cura

Acqua calda? Non è un diritto essenziale

"La fornitura di acqua calda all'interno della cella non sia un diritto essenziale garantito al detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo in strutture alberghiere" ha risposto a un ricorso un magistrato di sorveglianza di Firenze alla richiesta di un detenuto

Poi c’è stato il caso recente del magistrato di sorveglianza di Firenze che ha respinto il ricorso di una persona detenuta che denunciava trattamenti inumani e degradanti per l'assenza di acqua calda. "Con riferimento alla mancanza di acqua calda nel lavandino che si trova all'interno delle camere detentive, ritiene questo magistrato che la fornitura di acqua calda all'interno della cella non sia un diritto essenziale garantito al detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo in strutture alberghiere".

Questo è un passaggio del dispositivo con cui il ricorso è stato bocciato che sembra guardare a un’idea di pena che prevede un tasso di afflizione necessaria. Del resto parlare di diritto all’acqua calda a luglio, mentre le carceri bruciano, forse non è la cosa più importante.

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